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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Ettore Fobo, Mariagrazia Pirozzi e Gerardo Genovese

controVerso

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 11 dicembre 2025 sono:

  • Stile di Ettore Fobo da San Giuliano Milanese (MI);
  • Nostalgia di Mariagrazia Pirozzi da Torre del Greco;
  • Fuoriverso di Gerardo Genovese da Avellino.

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STILE

Bisogna trovare lo stile
per far germogliare un contro canto
ché l’era ha i suoi corifei
e il marketing l’incorona.
Disfare la ragnatela dei pensieri
per generare echi di perplessità,
dove la coerenza sintattica sfida
il mito della parola nuda.
Quando scrivere
è trattenere l’ombra dal precipitare,
sforzare il linguaggio per dire, con attrito,
qualche scintilla di verità segreta.
Osservo il cielo, medito il volo,
scavo nelle parole in cerca dell’essere,
mi duole il tempo e il tempo soltanto.

Dio è una parola così vuota
da riempire il mondo con il suo grido.

di ETTORE FOBO da San Giuliano Milanese (MI)

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Recensione



Trovare uno stile significa ascoltare le parole e modellarle con sincerità, liberandosi dei pensieri che confondono e cercando un’espressione autentica. Il testo segue questa ricerca interiore, mostrando quanto sia difficile trovare un modo di dire che sia davvero proprio. Nel lavoro di Ettore Fobo il verso “Quando scrivere è trattenere l’ombra dal precipitare” rivela la fatica di dare forma a ciò che sfugge. Le parole diventano uno strumento per contenere il disordine e trasformarlo in senso, con un linguaggio semplice ma intenso che accompagna il pensiero mentre cerca equilibrio. La poesia alterna sguardi verso il cielo e momenti di scavo dentro sé stessi, unendo il desiderio di elevarsi alla necessità di capire ciò che si prova. L’ombra, il volo e il tempo che “duole” creano un ritmo meditativo che invita a guardare la scrittura come una forma di verità personale. Il finale trova forza nel verso “Dio è una parola così vuota da riempire il mondo con il suo grido”, che apre a una riflessione ampia e profonda. Il messaggio che rimane è che lo stile nasce dal bisogno di dare voce all’invisibile, trasformando ciò che vive dentro di noi in qualcosa che può essere condiviso.


   

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NOSTALGIA

Avevamo messo la giovinezza
nelle mani dell’amore,
le caselle delle emozioni
disposte a scacchiera;

avevamo verdi, acerbe incoscienze
che consumavano il nostro giorno
e che si liquefacevano
nei dolci sapori della sera.

di MARIAGRAZIA PIROZZI da Torre del Greco (NA)

Recensione


Ci sono ricordi dell’amore giovane che tornano con una dolcezza capace di ferire e consolare insieme. In questa poesia si avverte il peso lieve di un tempo in cui ci si affidava alla vita con spontaneità, come se tutto fosse un gioco da imparare giorno dopo giorno. Le emozioni “disposte a scacchiera” suggeriscono un ordine istintivo, un equilibrio che si coglie solo guardando indietro. Nel testo di Mariagrazia Pirozzi spiccano i versi “avevamo verdi, acerbe incoscienze / che consumavano il nostro giorno”, che restituiscono la forza impulsiva della giovinezza. Il linguaggio è semplice e morbido, pensato per far sentire il calore di un passato che continua a vivere nella memoria. Il ritmo è lento e avvolgente, come un pensiero che ritorna senza fare rumore. La nostalgia non è vista come rimpianto, ma come presenza affettuosa: qualcosa che torna per ricordare la bellezza degli inizi, delle scoperte, delle emozioni che riempivano le giornate. Le immagini del giorno che si scioglie nei “dolci sapori della sera” creano una sensazione di pienezza più che di perdita, accompagnando il lettore in un ricordo che appartiene anche a lui. Il finale lascia un messaggio semplice e universale: ciò che abbiamo vissuto davvero non svanisce. La giovinezza continua a pulsare dentro di noi, nelle emozioni che ci hanno trasformati e che ancora oggi ci parlano, come un sapore che il tempo non riesce a cancellare.


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FUIRIVERSO

Sospesi sull’acqua
dell’esistenza
candidi fiocchi
di neve
si sciolgono
in lamine di vetro
e generano
il suono
del vuoto
in quel distillato
informe verso
fuochi concentrici
liberano l’incontaminato
barlume di voce
un tintinnio
immacolato
di siderale silenzio.

di GERARDO GENOVESE da Avellina

Recensione


In questo testo le immagini sembrano nascere da una materia sottile che si trasforma senza mai fermarsi, come se il pensiero viaggiasse tra fragilità e luce cercando un punto stabile da cui parlare. La poesia crea un’atmosfera sospesa, dove i fiocchi di neve diventano figure delicate che si sciolgono in qualcosa di più duro e tagliente, guidando il lettore in una dimensione quasi astratta. Il verso “generano / il suono / del vuoto” racchiude il cuore del testo di Gerardo Genovese, suggerendo che anche ciò che si dissolve lascia una traccia, una vibrazione che continua a muoversi sotto la superficie. Il linguaggio resta semplice ma ricco di suggestioni, accompagnando un movimento lento fatto di silenzi e piccoli bagliori interiori che sembrano nascere e scomparire nel giro di un respiro. Le immagini dei “fuochi concentrici” e del “barlume di voce” indicano un percorso che procede dall’interno verso l’esterno, trasformando il vuoto in un luogo dove qualcosa si accende e chiede di essere ascoltato. Il finale trova forza nel “tintinnio immacolato di siderale silenzio”, che apre una riflessione quieta: anche ciò che non ha forma può generare un suono, e nel silenzio profondo può nascere la presenza più vera, quella che illumina per un attimo ciò che sembrava perduto.

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