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CONTROVERSO
09 Dicembre 2025 - 06:01
"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.
Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:
Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica.
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La Poesia del Giorno, di martedì 9 dicembre 2025, è:
TRENODÌA POST-MODERNA
di CARLO CONTALDI da Sapri (SA)
Non odo più suoni di flauti ed arpe
sepolti da “byte” di tecnologici avelli;
nessun più conserva il ricordo
di melodiche metriche o venuste poesie.
Avverto sgomento l’ascolto di grida
dalla mia madre terra,
da bambini braccati
da donne ingabbiate…
noi…
cantiamo e danziamo invasati d’orgoglio
in un mondo che non conosce unità.
Spifferi di guerra non fan più paura,
l’altra guancia non è più di “moda”
non perdoniamo l’errore,
non camminiamo, né più parliamo e ancor
cantiamo e danziamo d’onnipotenza posseduti,
postiamo il tempo per paura che sfugga.
Vita… che avanza lenta,
inghirlandata dai nostri pensieri
come trainata da corpi vetusti incurvati ai piaceri;
della ragione emuliamo i modelli perché
non più attingiamo alle ragioni del cuore.
Chi è accorto non teme l’inganno
offerto all’umana complessità
e nel vuoto silenzio medita:…
non c’è bisogno di grandi sapienti,
moralismi ruffiani
né di dotte invenzioni
ma di uomini e donne
dall’umile cuore
e dalle mani protese.
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Recensione
Questa poesia guarda al nostro tempo con occhi critici e pieni di preoccupazione. Carlo Contaldi mette in evidenza come la modernità e la tecnologia abbiano zittito l’arte, la musicalità, la bellezza del passato: “flauti ed arpe” sembrano scomparsi sotto il peso dei byte e della superficialità digitale. Non c’è più memoria delle vere melodie, delle poesie che sapevano parlare al cuore.
Allo stesso tempo, il poeta mostra un mondo che si è allontanato dall’umanità: bambini inseguiti, donne imprigionate, ingiustizie che si ripetono, mentre gli altri continuano a cantare e danzare pieni di orgoglio, ciechi davanti al dolore. Sembra che nessuno senta più la responsabilità di cercare unità e solidarietà.
Anche i valori più profondi vengono messi da parte: non si perdona, non si dialoga, si vive dominati dalla paura che il tempo scappi via. Tutto si riduce a correre, apparire, pubblicare. L’essere umano si piega ai piaceri immediati, dimentica di ascoltare il proprio cuore e imita modelli imposti dalla società. Il risultato è un vuoto che si allarga e un silenzio che pesa.
Eppure, nel finale la poesia offre una speranza: chi guarda con attenzione può ancora comprendere ciò che davvero conta. Non servono grandi sapienti o teorie complicate, ma persone semplici, con cuori umili e mani tese verso gli altri. Il messaggio è forte e chiaro: per risollevare un mondo smarrito, bisogna tornare alla gentilezza, alla compassione, alla capacità di riconoscere l’umanità dentro ognuno di noi.
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