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CONTROVERSO

Poesia del Giorno

"Sì, scesi ne l'abissi più profondi" di Charles Labarre

Poesia del Giorno

"Poesia del Giorno" è un'estensione della rubrica settimanale "controVerso" dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è quindi deciso di pubblicare, in questo appuntamento giornaliero, le più belle poesie che vorrete inviare.

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato nella apposita sezione sul sito web Buonasera24.it e sui canali social della testata, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 30 versi.

Ogni giorno alle ore 9.00 una poesia, tra quelle più significative, sarà scelta, pubblicata e recensita, esclusivamente online, in questa rubrica. 

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La Poesia del Giorno, di Sabato 13 settembre 2025, è:

    SÌ, SCESI NE L'ABISSI PIÙ PROFONDI

    di CHARLES LABARRE da Avellino

    Sì, scesi ne l'abissi più profondi
    Ove l'ombre fugaci dimorano
    Parvemmi come infiniti mondi
    Que' sentier che l'infinito toccano.

    Un sortilegio antico mi colpì
    Fusse quel un filtro segreto d'amor
    Parole soavi dal ciel udii
    Et i' dimenticai questo mio dolor.

    M'incatena la luce della luna
    Or ch'i volti ne l'eco de' secoli
    Vaniscon sì come la nostra pena;

    Come fosser quei degli oracoli
    Predicono nostra sorte funesta:
    Una carezza vale mille soli.

       

    Recensione

    La poesia di Charles Labarre porta il lettore dentro una dimensione visionaria e arcaica, in cui il viaggio nell’“abisso più profondo” si fa metafora di un cammino interiore. È un testo che intreccia il fascino del mistero con il richiamo dell’amore e della sorte, in un equilibrio tra ombra e luce.


    Lo stile rievoca volutamente un registro antico, con forme arcaiche (“fusse”, “ove”, “que’”), che donano solennità e fanno risuonare la voce di una lirica senza tempo. La lingua non è piana, ma costruita per evocare suggestioni e rimandare a tradizioni poetiche passate, tra echi medievali e rinascimentali.


    Le figure retoriche abbondano: l’“abisso” come simbolo del profondo interiore, la “luce della luna” che incatena, l’eco dei secoli che vanisce, le parole celesti che guariscono il dolore. La chiusura con l’immagine della carezza che vale “mille soli” concentra in un gesto intimo e delicato tutta la forza della poesia.


    Il ritmo è cadenzato e solenne, con versi che alternano fluidità e gravità; l’andamento richiama un incedere lento, come di chi avanza in un paesaggio misterioso. Il finale suggella il testo con una massima che unisce dolcezza e fatalità: la carezza, pur fragile, supera persino la potenza del sole, diventando rifugio e antidoto al destino. La poesia offre un’esperienza intensa, in cui il dolore, la sorte e il mistero si intrecciano con l’amore come unica forza capace di rischiarare gli abissi dell’animo.

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