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La solita frammentazione
05 Ottobre 2024 - 18:08
Per i riformisti lo spazio è ampio, se non fosse che, sui territori, si regolano conti e si giocano partite personali che complicano la razionalità delle scelte e soprattutto il disorientano degli elettori. E’ il campo su cui si cimentano i partiti in crisi che non riescono a far prevalere l’interesse comune e continuano ad inseguire le singole convenienze e le convenienze dei singoli. Una classe dirigente inadeguata, incapace di orientare una linea credibile e comprensibile soprattutto per chi, ormai sempre più stabilmente, ha deciso di astenersi dall’esercizio democratico del voto. Prevalgono negativamente le tifoserie, nel calcio come nella politica, negli stadi come nei talk show in cui, gridare e aizare i propri adepti, serve a fare audience a prescindere dal merito.
A poco è servita la lezione delle europee. L’elezione, proporzionale, obbligava tutti a superare lo sbarramento. La lista di scopo avrebbe consentito di incidere al di fuori dei tradizionali schieramenti. Per poco si è persa questa opportunità. Alcuni hanno giocato a perdere. Soprattutto quelli che hanno fatto prevalere risentimenti e rancori. Nel gioco di squadra, soprattutto in politica, rappresentano la sindrome dei perdenti. Renzi e Calenda, nel percorso riformista, avrebbero avuto un change da cogliere. Italia Viva razionalmente l’ha colta, insieme al Psi e +Europa, Calenda ha preferito essere decisivo per decretarne la sconfitta. Entrambi, ideatori del c.d. terzo polo, che pure aveva espresso speranze e significativi consensi elettorali, oggi fanno i conti con la scontata conseguenza della loro personale contrapposizione: l’emorragia dai rispettivi gruppi parlamentari, la fuga dal “pianeta delle scimmie”…
A sinistra c’è chi scientemente persegue la divisione traendone vantaggio e cogliendo ogni occasione per portare a casa qualcosa, RAI docet: per l’elezione del rinnovo del consiglio di amministrazione Pd, con Iv e Azione, non hanno partecipato al voto denunciando l'occupazione della tv pubblica da parte dei partiti di governo, il Movimento 5 Stelle ha confermato al Senato Alessandro Di Majo, e appoggiato alla Camera Roberto Natale, indicato da Verdi e Sinistra.
I veti prevalgono sui voti che l’opposizione dovrebbe aspirare a mettere insieme per rappresentare un alternativa, a beneficiarne è il Governo Meloni e la sua composita maggioranza che razionalmente resiste.
In controtendenza la mobilitazione per la raccolta delle firme contro l’autonomia differenziata e la cittadinanza unisce l’Italia dalle Alpi a Lampedusa con il distinguo di Conte anche su quest’ultima.
La Liguria fotografa alla perfezione lo stato burrascoso della galassia di centrosinistra. Totalmente spaccata dopo il veto del M5S verso Italia Viva, che si sfila e non figura tra i protagonisti del voto del 27 e 28 ottobre. Il Patto civico e riformista – che unisce Azione, repubblicani, europeisti, liberali, socialisti e popolari – scende in campo senza IV che in Emilia Romagna, a differenza dei 5 stelle, che erano all’opposizione, è radicata nella maggioranza uscente, per la quale rivendica di essere espressione di continuità con il buon governo della regione, a sostegno di Miche de Pascale sindaco e presidente della Provincia di Ravenna. Diverso ottimismo in Umbria, dove una lista riformista, popolare e moderata, tra Italia Viva, +Europa e Psi, ha scelto di sostenere Stefania Proietti.
I 5 Stelle continuano a mettere paletti e la loro presenza nel centrosinistra si fa sempre più divisiva che aggregante. “Non sono disponibile ad affiancare il mio simbolo a quello di Renzi, che si è sempre distinto per distruggere e rottamare”, è la conferma che Giuseppe Conte naviga a vista continuando a coltivare la speranza, mai sopita, di ritornare al Palazzo in cui prima con Salvini, e poi con Pd e VS, ha combinato disastri ormai acclarati. Si scaglia contro Renzi ma il vero obiettivo è contestare e minare la leadership della Schlein.
Insomma nulla di nuovo: veti e controveti per racimolare un po’ di consenso, la solita frammentazione. I presupposti suggeriscono una sana dose di fiducia e determinazione in chi continua a crederci. Evitare strappi e fughe in avanti. Quando e se si entrerà nel merito della proposta politica e dei suoi contenuti, a partire dal tema “Giustizia”, saranno dolori per il persistente giustizialismo presente nel M5s, VS e parte del Pd. Altrettanto per la politica internazionale e le diverse visioni rispetto ai conflitti in essere in Medio Oriente e in Ucraina. Lo sa bene chi spinge per una riunificazione e continua a lavorare per costruirla. Sarebbe un segnale importante al Paese per accreditare una possibile alternativa.
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