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L’evoluzione del sistema comunitario
18 Gennaio 2024 - 11:26
In questi anni abbiamo pensato ad una pace scontata e infinita, che tutto ruotasse intorno alle convenienze economiche degli scambi e delle produzioni, ma la realtà che drammaticamente stiamo vivendo ci riporta al primato della sicurezza e strategica per un Paese come il nostro che con il suoi 8.000 chilometri di coste si protende al centro del Mediterraneo: un ponte gettato verso l’Africa. I mari e il loro controllo strategico stanno ridisegnando i rapporti tra i player mondiali, che si sono ritagliati la propria collocazione in questo nuovo ordine globale. L’Italia, con la sua economia di trasformazione, che importa materie prime e semilavorati per esportare prodotti finiti, è fortemente dipendente dai trasporti e dai traffici marittimi.
La regione Mediterranea costituisce il “Fianco Sud” sia dell’Alleanza Atlantica che dell’Unione Europea, e il “Mediterraneo Allargato” è posto al centro negli orientamenti strategici delle due Organizzazioni Internazionali: il nuovo Concetto Strategico della NATO e la Strategic Compass dell’Unione. L’Italia importa la quasi totalità del fabbisogno di combustibili fossili. Questa situazione, pur in previsione di una progressiva transizione verso fonti rinnovabili, determina la necessità di una riflessione in merito alla sicurezza e stabilità dei Paesi fornitori, delle aree di transito dei gasdotti-oleodotti, nonché delle vie di comunicazione, soprattutto marittime. Infatti il petrolio, così come il gas, arriva quasi interamente con petroliere e gasiere dal Golfo Persico, dai due versanti oceanici africani, dal Mediterraneo orientale e dal mar Nero attraverso i passaggi nevralgici di Suez, Hormuz e Bab El Mandeb, snodo ad alto rischio ed epicentro di insicurezza e conflitti.
L’intreccio dell’Europa con il destino dei Paesi Mediterranei, arabi ed africani è imprescindibile.
Le interdipendenze legate alla lotta al terrorismo, al governo delle migrazioni, al superamento delle crisi politiche e militari, economiche ed umanitarie, ma soprattutto di civiltà, tracciano la strada della convivenza come unico percorso possibile. Il destino della Unione Europea passa attraverso la rigenerazione delle sue finalità e delle sue politiche.
N ello scontro fra unionisti e sovranisti, la parola di confine è l’utilità dell’Unione Europea rispetto al benessere dei popoli. Gli unionisti la ribadiscono nell’assetto attuale. I sovranisti la negano affermando il primato dello stato nazionale.
Le elezioni europee di giugno saranno elezioni vere perché direttamente incardinate nella coscienza in formazione della guerra in atto, nella quale le questioni interne ai singoli Paesi, di potere ed economiche, ma anche identitarie e sociali, si intrecciano sinergicamente con le evoluzioni del sistema comunitario, le sue difficoltà, problemi, conflitti, interessi contrapposti, debolezze politiche. L’Europa, sta pagando la mancanza di sue strategie autonome compatibili con la crisi politica ed economica e con quella che Claudio Signorile ha definito “globalizzazione della sopravvivenza”.
Le elezioni europee non dovranno essere affrontate sulla difensiva, ma giocando d’attacco, sulla rigenerazione del progetto europeo, sulla crescita, sul lavoro. Si deve comprendere la debolezza degli appelli generali e generici; si deve puntare su proposte definite ed impegni concreti sui quali raccogliere il consenso e le alleanze.
Nel Mediterraneo “l’Italia capovolta” è gran parte dell’Unione Europea. Da questo si deve partire per spiegare ai cittadini italiani, in primo luogo, cosa è l’Italia Mediterranea. Farlo capire, con forza, ai concittadini europei. L’Europa politicamente unita e riformata è il nuovo soggetto politico Euro Mediterraneo fondato su città e territori e con la mediazione leggera degli Stati nazionali.
Il Mezzogiorno è l’Italia Mediterranea; ha tutte le caratteristiche per essere quel riferimento identitario forte ed aperto verso l’esterno.
Ma ciascuno di questi grandi temi di riforma, si intreccia con le vicende politiche ed istituzionali delle crisi in corso; con le adesioni valoriali necessarie; con il conflitto degli interessi; con le trasformazioni dell’economia; con le scelte strategiche inevitabili. Nel Mezzogiorno la riforma della politica si realizza partendo dal territorio, dagli interessi della comunità, dalla coscienza delle persone. Il territorio non è soltanto uno spazio fisico, esso è una risorsa economica, una opportunità politica. Ma soprattutto assume identità come un insieme di caratteristiche ambientali, storiche, che lo fanno sentire inconfondibile. Il nostro futuro è legato al futuro del nostro territorio dove crescita economica, sviluppo delle risorse esistenti e nuove iniziative imprenditoriali e culturali significano maggiore benessere per i cittadini, fine delle disuguaglianze, recupero delle troppe energie materiali e morali lasciate ai margini della vita sociale e politica.
La costruzione di una società più giusta e solidale è garanzia di libertà e di diritti per tutti, nella piena consapevolezza che la vita del territorio sta nella cura costante della sua natura, dei suoi beni, della sua capacità produttiva. Riprendersi il proprio territorio significa riprendersi la propria vita, ritrovare slancio esistenziale e identità di cittadini, nella consapevolezza che è necessario aprire un dialogo virtuoso oltre i confini del Comune di appartenenza e di tessere una rete solidale con gli altri vicini, ma anche distanti chilometri e chilometri l’uno dall’altro al Sud, nelle Isole, al Centro, al Nord. Come ai tempi lontani delle società di mutuo soccorso con le quali è iniziato nei secoli passati il processo di integrazione di un popolo che oggi può e deve essere Nazione Europa.
Oggi di fronte alla crisi della politica e dei partiti che sembrano ormai incapaci di ascoltare i cittadini, di aprire un confronto e insieme a loro progettare risposte, si deve ritrovare la strada per connettersi individualmente e collettivamente con la società dove troppi sono gli esclusi, gli indifferenti, i sfiduciati. I loro umori antipolitici sono stati e sono ancora il terreno privilegiato per i predicatori del populismo e dell’antipolitica che esorcizzano con una pioggia di no le emergenze del riscaldamento globale, della siccità, delle pandemie, delle guerre, della carenza energetica, dell’inflazione, delle povertà, delle diseguaglianze, come se bastasse la negazione per farle scomparire dal nostro orizzonte quotidiano. Noi crediamo nei diritti e nelle libertà, ma crediamo anche nei doveri del cittadino che solo con un faticoso e costante impegno costruisce il suo destino, quello dei suoi concittadini e dei territori in cui vive.
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Testata: Buonasera
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