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UMORISMO
10 Dicembre 2025 - 06:00
Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.
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Maya, che è nata in Svezia ma si era trasferita in Italia con la famiglia per seguire il padre, direttore della sede Ikea di Bologna, fugge in Portogallo. La sua vita da PR (addetta alle pubbliche relazioni) in discoteca l’aveva portata a una vita dissipata; i contrasti con i familiari avevano alimentato la sua passione per i viaggi e da alcuni anni lavora, sempre a contatto con il pubblico, in un negozio di souvenir a Porto. Qui conosce il collega portoghese Màrcio.
La cosa che accomunava i due commessi, per ora solo amici, era che entrambi fossero largamente “fuori dalle righe”: stravaganti, bislacchi, bizzarri, strambi, diciamolo pure… non sempre allineati ai risaputi canoni umani. Va bene che non siamo tutti uguali e che il mondo è bello perché vario, ma questi due rappresentano davvero la massima esaltazione della bonaria diversità tra i bipedi in circolazione sul pianeta.
Rimasta sola al compimento dei cinquantasette anni, invitata più volte a fare le valigie dal suo ex Nazario, la nostra “ragazza” fu invitata dal nuovo “ragazzo” a pranzo e poi al mare in una ancora calda domenica di settembre. Con destinazione Praia da Cova Redonda, il progetto iniziale doveva mantenersi semplice: acquistare spiedini di pesce da asporto in un posticino economico, snobbando i ristoranti, e mangiarli in spiaggia accompagnandoli con un frullato di mango e papaya.
Purtroppo, il pepe e le spezie la fanno sempre da padrone e le prelibatezze erano state preparate in mattinata accompagnate da questi “veleni”… per la signorina. Iniziò così il calvario del pellegrinaggio in almeno cinque attività di ristorazione, ma tutti avevano adottato la stessa tecnica di condire con salse e intingoli, rovinando il piano culinario di Maya, che aveva deciso, almeno per quel giorno, di mangiare gamberi e seppie senza dolori di pancia.
Furono costretti, data la tarda ora per il pranzo, a puntare su un locale situato direttamente sull’arenile. Praia da Cova Redonda è incastonata fra scogli scolpiti dal mare e dal vento e si raggiunge scendendo una lunga ma comoda scala fra la vegetazione lussureggiante. Qui, appena usciti dall’auto, furono letteralmente aggrediti da uno sciame di mosche e zanzare che pose un severo punto interrogativo sulla buona riuscita, non solo di qualunque pasto, ma dell’intera giornata.
Per le loro scorribande usavano sempre il mezzo di lei, una vecchia Dyane arancione del 1967, che si alternavano a guidare. Lui per ora aveva una specie di foglio rosa, in attesa della visita in commissione patenti, avendola fatta scadere mentre lavorava come facchino, sua precedente occupazione. I capi della ditta, ai quali non andava a genio il suo carattere “picchiatello”, gli avevano assegnato la guida dei muletti come unico compito.
Stanco di essere bistrattato e di tornare a casa con il tic delle mani vibranti e del piede ondoso, aveva continuato a superare i limiti di velocità fino alla decisione della Motorizzazione Civile di revocargli sia la patente sia il mezzo. Licenziato, ora è un commesso che si muove in treno o autobus, ma il sentimento per Maya e l’avversione di lei per la guida lo avevano convinto a recuperare la patente.
Tornando al magico compleanno, questo si stava trasformando nella peggiore delle odissee. Avevano deciso di cambiare luogo rispetto al solito Matosinhos Beach, familiare e vicino, con vari locali sicuramente più accessibili rispetto alla sfacchinata che li attendeva ancora a digiuno. Finirono affamati in un chiosco mobile e anche quel giorno la nostra dovette abbandonare l’idea del “menù di compleanno”, accontentandosi di pasta al burro e insalata scondita, il solito triste “rompidigiuno” quando mangia fuori casa.
Diversa sorte per lui, che invece – alla faccia di lei – divorò arroz de marisco per primo e baccalà per secondo, dal gusto decisamente “bruciabudella”. Quindi si spinsero giù dalla scala, si stesero al sole a digerire (lei fece molto presto!) e poi in acqua per un’ora: almeno era calda, non era poco!
La mia amica va al lavoro con il trolley perché il negozio in cui lavora è davvero molto grande, dislocato nella nuova sede da circa un mese su un’area di duecento metri quadrati. Si chiama Porto’s Bello. Oltre ai souvenir puoi trovare guide del paese, abbigliamento artigianale portoghese, prodotti tipici come vino, azulejos (piastrelle colorate), accessori di sughero e tappeti. Il problema, come al solito, è la temperatura che varia da stanza a stanza: si rende necessario fornirsi di capi adatti al caldo o al freddo.
L’ingresso è più caldo; l’aria condizionata è mitigata dalla continua apertura della porta d’accesso, a cui corrispondono il suono del campanello quando si entra e il verso del cuculo in uscita. A fine giornata si è regolarmente rincoglioniti: il lavoro è il meno, pensiamo ai due personaggi!
Come ci si addentra tra le mura i gradi diminuiscono, ed è proprio lì che iniziano le continue vestizioni e svestizioni della fantastica donna. Con la velocità di una modella alle sfilate delle più importanti maison mondiali, con un’unica differenza: anche lei, come me, acquista ai mercatini dell’usato. L’ammontare complessivo del suo guardaroba primavera-estate/autunno-inverno è stimato attorno ai trecento euro, scarpe e accessori esclusi.
Lo staff del Porto’s Bello terminava il turno spossato più per i viaggi di una sedia particolare, messa a disposizione dei clienti stanchi. Si trattava di una poltrona rossa con le rotelle che vagava in tutto il negozio con i bambini a bordo e i cani in braccio, spinta dai genitori nel reparto in cui erano interessati ad acquistare. Gli anziani si riposavano tra un’escursione e l’altra degustando liquori; gli americani sudati vi stazionavano aspettando le mogli.
La sedia l’aveva portata in realtà Maya per sedersi comodamente durante le pause e scivolare da sala a sala. Quando le serviva, bisognava sempre cercarla e sottrarla a un ospite fisso, ma quante risate si facevano gli altri godendosi l’intensa attività di quella sedia vagabonda! Un francese scrisse perfino una divertente recensione sul sito del negozio: VIVAMENTE CONSIGLIATO.
Ad un certo punto i proprietari misero fine alla vicenda e Maya riportò la sedia a casa dell’ormai ex fidanzato, ancora convivente.
Ora continuerò a raccontare del nuovo amico che, in nome di una vita spericolata, vanta un palmarès di tutto rispetto, degno della sua nuova compagna di merende. Intanto bisogna dire che parla gesticolando sempre – credetemi, sempre – e non s’interrompe mai, piuttosto dice qualche idiozia prontamente corretta dalla nostra amata.
Al lavoro tale caratteristica è ben tollerata poiché intontisce a tal punto i clienti da vendere loro di tutto. Vive a Porto nella casa del fratello maggiore Duarte, morto due anni fa, che durante un viaggio nelle Filippine si era innamorato di una ragazza locale poi sposata in Italia. Vissero insieme dieci anni tra la città portoghese e Manila, dove lui acquistò una casa e terreni agricoli coltivando mais, banane, ananas, cocco e caucciù.
Misero al mondo due figli, sballottati da un continente all’altro. La moglie decise di restare in patria, lui a Porto, delegando a tre collaboratori indigeni la produzione agricola. Màrcio sta ancora aspettando cognata e nipoti che a giorni dovrebbero arrivare per sistemare eredità e successione del defunto. Scordiamoci quindi che Maya possa andare a vivere in casa sua: sarebbe un miracolo se solo lui potesse continuare a starci, filippini permettendo.
Dal canto suo lo squinternato non fece di meglio, anzi! Partito per Manila con il fratello, per non sfigurare tornò in patria sposato anch’egli con una bella ragazza del posto, Abegail, che aveva avuto una figlia da una precedente relazione. Lui faceva il facchino senz’auto, lei sognava di viaggiare in Rolls-Royce e conoscere il mondo facendosi mantenere dal marito.
Vissero insieme circa otto anni, finché lei – che ben presto si accorse di non avere accanto quel Paperon de’ Paperoni per cui lui si era spacciato – lo mollò, raggiunse la famiglia al suo povero villaggio e continuò a chiedere soldi a Duarte per il mantenimento.
Màrcio, stanco di essere un finto single sempre più spennato, scoprì che l’unico modo per divorziare dalla filippina senza pagare sarebbe stato quello di risposarsi subito e avere un erede. Approdò in Thailandia, conobbe un’altra bella dagli occhi a mandorla, Nit, la portò in Portogallo, la sposò ed ebbe una figlia, Suri.
Avendo fatto costruire una casetta in Oriente per le vacanze della famigliola, intestata a lei come da regolamento del posto, la sposa si era illusa di poter navigare nel lusso. Approdando in Europa si trovò invece in un monolocale in affitto e capì di aver fatto un buco nell’acqua: avrebbe dovuto lavorare. Naufragato anche il secondo matrimonio nel giro di pochi anni, il furbone si ritrovò a mantenere moglie e figlia rimpatriate a Bangkok, oltre all’ex moglie di Manila che ancora elemosinava con la scusa della figlia adottiva.
Da cinque anni Màrcio non vede Suri, ma si ripromette di andarla a trovare appena sistemata la successione con nipoti e cognata, anche perché si tratta della casa in cui vive a scrocco da qualche tempo. Tornando a oggi, diciamo pure che lo stipendio subiva altro che la cessione del quinto!
La decisione di non possedere un’auto né una casa ma una tombolata di casini lasciava Maya un po’ perplessa, ma… nella vita ci si deve pure accontentare! Due volte al giorno, il rumoroso suono di un motivetto thai avvisa tutti che, da lì a breve, Màrcio riceverà la videochiamata di Nit e Suri, che lo allontanerà dal mondo reale per almeno mezz’ora.
Quando il marito è al lavoro, volano le urla dei proprietari dell’attività che cercano invano di farlo uscire dal bagno in cui si trincera. Praticamente è a rischio licenziamento costante, ma si fa perdonare con ore di straordinario non remunerate.
Un altro motivo che spinse i due fratelli a partire riguardava la loro madre. Era diventata cieca a ventotto anni in seguito al protrarsi di una cura per l’uveite, un’infiammazione della sottile membrana dell’occhio, detta “uvea”. Questo handicap non l’aveva distolta dal desiderio di partorire un secondo figlio, il nostro amico, che affidò totalmente dalla nascita al maggiore di nove anni, il povero Duarte.
Se il primo non poté esimersi dalla crescita del minore, il secondo, una volta patentato, fu obbligato ad accompagnare la madre ai vari comizi dell’associazione ciechi, di cui lei era presidentessa. Fervente attivista e organizzatrice di eventi benefici, all’ora del tè si defilava nel suo rito quotidiano avvolgendo attorno al cucchiaino il filo bagnato della bustina estratta dalla tazza, lo posava sul piattino e iniziava a sorseggiare.
Il fedelissimo marito lavorava come maniscalco in un importante centro equestre di Évora, dunque non poteva assentarsi. Per questo, appena i due crebbero, scapparono da Évora per andare a far danni altrove: nei luoghi dei loro sogni, le Filippine e la Thailandia.
Maya e Màrcio oggi sono assieme. Formano una coppia affiatatissima; lui si è separato anche dalla seconda moglie, continua a inviare soldi alla figlia e vivono sotto lo stesso tetto, nella casa del fratello di lui, abbandonata dagli eredi. Giunti a Porto e sbrigate le pratiche per la successione, si sono accorti di preferire il caldo dei paesi d’origine. Ma la casa non si vende, e hanno due guardiani di tutto rispetto: torneranno in vacanza a data da destinarsi.

Testata: Buonasera
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