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Viaggio nella nuova Europa

“Molto più mercato”

Verso lo sviluppo di un’autentica Unione dei Risparmi e degli Investimenti.

“Molto più mercato”

Incaricato dal Consiglio della Unione Europea e dalla Commissione di preparare il Piano di rilancio, l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, ha prodotto delle interessanti conclusioni sulle ragioni del declino europeo e della contestuale crescita americana; in particolare si possono sintetizzare in tre macro – cause.

La prima è legata proprio all’origine del mercato unico quando, accanto all’energia e alle telecomunicazioni i leader sfilarono anche la finanza dal tavolo comune. Si decise infatti che questi tre ambiti fossero solo appannaggio degli Stati.

La seconda causa sta nella Brexit, nel giro di una notte ci ha privato di Londra, ci ha privato della naturale capitale finanziaria europea, con conseguenze tragiche per tutti i Paesi della Unione Europea.

La terza macro causa sta nella diversa reazione che Stati Uniti e Unione Europea hanno avuto dopo la grande crisi finanziaria. Da noi a quella del biennio 2007 – 2008 ha fatto seguito la crisi più rilevante del debito sovrano nel 2011 – 2012.

Nel rapporto sono dettagliate una serie di misure necessarie per arrivare all’obiettivo della integrazione e poi unificazione dei mercati finanziari europei verso lo sviluppo di un’autentica Unione dei Risparmi e degli Investimenti.

Il documento è non solo interessante ma, a mio avviso, utile nel momento in cui il nuovo Parlamento europeo intende essere attore e non spettatore di scelte strategiche. Accanto a questa vera rivoluzione istituzionale io ne aggiungo un’altra: la decisone della Unione Europea di non far gravare sul debito pubblico dei singoli Stati gli investimenti in opere condivise da Programmi comunitari.

Poche settimane fa ho ricordato che le opere ubicate sulle Reti TEN – T sono in parte supportate da un apposito fondo comunitario e quindi, come previsto dal Patto di Stabilità varato ultimamente dalla Unione Europea, le opere ubicate sulle Reti TEN – T non dovrebbero gravare sul debito pubblico dei singoli Stati.

Ebbene, il quadro delle opere essenziali da realizzare nei prossimi dieci anni sulle Reti TEN – T supera gli 800 miliardi di euro; addirittura secondo la Federazione Europea delle industrie delle Costruzioni (FIEC) l’importo supera abbondantemente i 1.100 miliardi di euro

Effettuando una attenta e capillare analisi dei vari interventi si evince che nel caso del nostro Paese il valore globale delle opere già realizzate sulle Reti TEN – T è pari a circa 234 miliardi di euro; di questo rilevante importo la quota che è stata assicurata dal bilancio pubblico dello Stato è pari a180 miliardi di euro. Quindi se si riuscisse a dare una validità retroattiva alla scelta comunitaria sul Patto di Stabilità riusciremmo già ad abbattere, con un valore sostanziale, il nostro debito pubblico. Se invece la Unione Europea non dovesse condividere la retroattività possiamo però sin da ora chiedere che i prossimi interventi ubicati sempre sulle Reti TEN – T pari ad un valore globale di circa 170 miliardi di euro siano esclusi dal debito pubblico.

Sicuramente questo dato e questa nuova ipotesi assunte dalla Commissione in occasione del dibattito sul Patto di Stabilità comunitario sono note all’ex Presidente del Consiglio Letta e questa rilevante base finanziaria che, ripeto, non dovrebbe gravare sul debito pubblico dei singoli Stati, potrebbe diventare un interessante lievito per l’obiettivo, indicato da Letta, di integrazione e poi di unificazione dei mercati finanziari europei, in realtà verso lo sviluppo di un’autentica “Unione dei risparmi e degli investimenti”.

In fondo è come se la nuova Unione Europea costruisse, utilizzando questa possibilità di non gravare sul debito dei singoli Stati, le condizioni per una nuova Next Generation EU (NGEU): in quel caso la Unione Europea nel luglio del 2020, per arginare i danni causati dalla pandemia da COVID, decise di assicurare risorse finanziarie per un valore globale di 750 miliardi di euro (390 miliardi di euro di sovvenzioni e 360 miliardi di euro in prestiti). In questo caso la operazione che la Unione Europea potrebbe avviare, anche nei prossimi mesi, supera abbondantemente una soglia finanziaria di 800 miliardi di euro e, sicuramente, sarà apprezzata da tutti gli Stati membri perché la incidenza del debito sul Prodotto Interno Lordo non è una criticità solo italiana; infatti è vero che nel nostro caso la soglia percentuale del debito sul PIL supera il 140% ma è vero anche che per la Francia la soglia è del 112%, per la Spagna del 111%, per la Germania del 67%, per l’Ungheria del 74,1% e per la Grecia del 173%.

Voglio essere più chiaro ed evitare possibili equivoci: non intendo inserire questa mia ipotesi di possibili interessi comuni degli Stati della Unione Europea nella impostazione concettuale di Enrico Letta, voglio solo fare presente che sarà necessario disporre di tante occasioni simili capaci di aggregare davvero gli interessi di 27 Paesi.

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