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La storia
19 Febbraio 2020 - 19:00
Francesco Colizzi
Da Taranto a Barcellona, passando per la prestigiosa Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati di Trieste. Con un obiettivo: contribuire alla ricerca scientifica sul dna, dove si trova il patrimonio genetico, e per certi versi l’identità, di ciascuno di noi. Un lungo percorso, quello di Francesco Colizzi.
Un percorso che merita di essere raccontato: una nuova testimonianza di come da Taranto, e dai suoi figli, possano arrivare contributi alla cultura ed alla scienza. Dopo la maturità al Liceo Aristosseno, indirizzo scientifico, Colizzi si è laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche a Bologna, dove ha svolto anche un dottorato di ricerca. Dopo l’attività post-dottorale alla Sissa, la Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati di Trieste, si è quindi spostato all’Institute for Research in Biomedicine, l’Irb, di Barcellona. Ed in Catalogna, oltre che nel lavoro scientifico, il tarantino Colizzi è attivo, con incontri e seminari, nell’avvicinare i giovani studenti spagnoli delle scuole superiori alla ricerca. Le sue ricerche lo hanno portato a visitare laboratori a San Francisco (Stati Uniti), in Quebec, nel Canada, nella svizzera Zurigo ed a Tel Aviv in Israele, oltre a partecipare ad attività di promozione degli studi scientifici a Cuba ed in Burkina Faso. Nel novembre 2019 è stato pubblicato nella prestigiosa rivista Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences, organo ufficiale dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti d’America, un lavoro firmato dal prof. Giovanni Bussi e da Francesco Colizzi. Una ricerca nata da un’intuizione dei due studiosi della Scuola Internazionale triestina, e che si è sviluppata a partire da simulazioni fatte al computer. I calcoli sono poi stati confermati sperimentalmente, coinvolgendo anche i laboratori dell’Università di St. Andrews, Gran Bretagna, diretti da Carlos Penedo e Malcolm White, e con l’aiuto di colleghi del Weizmann Institute of Science di Israele. E’ stata fatta luce su uno dei meccanismi chiave della vita della cellula: l’apertura della doppia elica di dna.
Sul sito della Sissa, ampio spazio viene dedicato alla ricerca: “Da casa a ufficio e viceversa. La strada è la stessa, eppure l’andata è più lenta del ritorno. Come mai? Colpa degli ostacoli che l’automobilista trova usualmente sulla sua strada in quel tragitto, assenti invece in quello opposto. Sostituite la strada con i filamenti di dna e avrete colto il cuore della scoperta appena pubblicata da un gruppo internazionale di ricercatori sulla rivista Pnas. La doppia elica del dna è soggetta all’azione di specifiche proteine, denominate elicasi, che hanno il compito di separare i due filamenti affinché l’informazione contenuta nel genoma sia resa disponibile per una varietà di attività fondamentali per la vita della cellula. In altre parole, il dna è come un libro, per leggerlo bisogna aprirlo! E le elicasi hanno il compito di aprire questo ‘libro’. Con questo lavoro i ricercatori hanno dimostrato che le elicasi riescono a svolgere il loro compito più facilmente, e quindi velocemente, lavorando su uno dei due filamenti rispetto all’altro. La ragione, hanno spiegato, sta nella composizione in basi azotate del tratto di dna. Com’è noto, nel dna le basi azotate sono 4 e costituiscono l’alfabeto con cui è scritto il nostro genoma. Quando sul filamento opposto rispetto a quello su cui scorre l’elicasi ci sono basi “ingombranti”, come l’adenina e la guanina, quest’ultime urtano contro l’elicasi rallentando il processo. Se al contrario vi sono delle basi “piccole”, come la citosina e la timina, il processo di apertura è più rapido. Questo, deducono gli scienziati, potrebbe significare che il genoma ha un ulteriore modo, finora non considerato, per regolare il flusso delle informazioni: infatti, l’informazione genetica legata alla direzione in cui l’elicasi procede più lentamente sarà letta meno frequentemente - con possibili conseguenze sull’espressione genica. La ricerca è stata svolta in un primo tempo con le simulazioni fatte al computer. Le predizioni così ottenute sono state poi confermate sperimentalmente. Lo studio è nato da un idea di due scienziati della Sissa, il professor Giovanni Bussi e Francesco Colizzi, che nel frattempo si è spostato all’Institute for Research in Biomedicine (IRB Barcelona), Spagna, ed ha coinvolto i laboratori guidati da Carlos Penedo e Malcolm White, dell’University of Saint Andrews, Gran Bretagna, insieme ad altri collaboratori”.
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