Oggi al loro posto ci sono palazzi, attività commerciali, parcheggi, se non sbucano antiche vestigia di una città magno-greca o, comunque, invasa dai romani. Così, l’Arena Artiglieria, un tempo alberi in circolo, sedioline di legno verniciate di verde, lascia il posto libero a un’ottantina di auto. Quella zona si è sviluppata, le tv ormai trasmettono solo film, addirittura prime visioni. E per chi non ama le pause pubblicitarie, i film escono anche su dvd da vedere su grandi schermi ad alta definizione. Le “arene”. Un monumento agli Anni 50 e 60. Qualcosa anche negli Anni 70, ma stiamo per assistere al canto del cigno. Condannati dal progresso, dal condizionatore, dalle più recenti e impossibili da vincere, le multisale. Ormai non vedi un film, sei dentro al cinema.
Quando una volta erano tutte... arene
Quando una volta erano tutte... arene
Le arene, a Taranto. Un’icona. La gente, per così dire, in età, accompagna il nipotino. “Qui una volta erano tutte arene!”, altro che campagna. Un qualsiasi tarantino “maturotto”, per dirla con Totò visto e rivisto al cinema e in tv, ricorderebbe così il clima intorno a quelle due ore passate la sera, al fresco. Il cinema al tempo dei “Gelati Lola!”. Non importa quale film stessero proiettando. Questione di abitudine. Un titolo visto in prima visione durava più di due ore? In seconda visione, meglio, in versione arena durava un’ora e un quarto. Tagliato e ricucito, come fosse un abito, da sera naturalmente. Saldato un po’ qui e un po’ là, in modo da programmare tre proiezioni e staccare trecento biglietti in più. E qualche volta, a fine serata, anche il solo primo tempo. Una forma di rispetto per chi era entrato un’ora prima a film abbondantemente iniziato. Ne faceva le spese la Settimana Incom, il notiziario più elegante e ironico mai visto. Saltava, come saltavano i “provini” del prossimamente. La programmazione la faceva il titolare della sala insieme con il bigliettaio. Quando una di quelle spregiudicate saldature cedeva, lo schermo restava un enorme lenzuolo bianco illuminato dal proiettore. E, allora, il coro: «Quadrooo!». Per richiamare l’attenzione del macchinista, talvolta impegnato in una lettura, un cruciverba, a fare merenda, o intento a parlare all’ingresso con lo strappabiglietti. L’urlo, unico, consolidato, era uno solo, appunto: «Quadrooo!».
PRIME E SECONDE VISIONI Quanto costava il biglietto d’ingresso al cinema. Sfogliando quotidiani dell’epoca, le prime visioni, le cronache degli Anni 60 raccontano di un inverno al caldo dell’Impero, con “Davide e Golia”, protagonista Orson Welles, 180 lire prezzo pieno, 130 ridotto; oppure al Fusco, con “La dolce vita”, immenso Mastroianni, 200 l’ingresso, militari e ragazzi 150 lire; al Rex A, “Salomone e la regina di Saba”, con la Lollo e Yul Brinner, 200 e 180 lire a biglietto. L’estate, però, era un’altra cosa. In inverno ci sono cinema di serie A e di serie B, come i due Rex, nome impegnativo prima e dopo la Seconda guerra. Il Rex A si affaccia su corso Umberto, il Rex B su via Cavallotti (per un periodo diventerà Ritz, l’idea di proseguire a proiettare film, ma anche da trasformare all’occorrenza a night-club). Nel primo, il Rex A, film di grido; nell’altro, buona la “seconda”. Prime visioni più o meno nel cuore della città. In via Pitagora l’Orfeo, via Principe Amedeo l’Impero, via Di Palma l’Odeon, via Oberdan l’Alfieri, via Giovinazzi il Fusco (nella versione cabriolet, quella estiva, con tetto apribile, in estate si trasferiva in via De Cesare, avete presente dov’è la BNL?), il Paisiello (poi Paris) in via Mazzini. Le seconde visioni hanno domicilio al Vittoria, via D’Aquino (anche qui sorge un istituto di credito), proseguendo con il Savoia, in via Leonida (anche qui, in estate, tetto scorrevole). Fra dopolavoro e circoli ricreativi: l’Arsenale in via Di Palma, l’Artiglieria in via Leonida, il Verdi in via Pupino. E il Fiamma, in via Gorizia. Torniamo al clima estivo. Sereno. Preparativi, con la famiglia, o già con gli amici. Il film all’arena è un classico. Un rito, prima di ogni altra cosa. Se l’inverno le mamme imponevano ai figlioli la maglia di lana, in estate, la sera, prima che questi uscissero da casa, scattava l’appunto affettuoso, ma puntuale: «La magliaaa!». Il maglioncino sulle spalle è una compagnia, quando lo dimentichi senti freddo, quando lo tieni con te, non ne hai bisogno. Il maglioncino sulle spalle, perché a una certa ora comincia a fare freschetto. Per avere un’idea di quei tempi, basta rivedere “Il sorpasso” con Gassman e Trintignant. Lo chiamavano elegantemente golfino, ma era lo stesso maglioncino che raccomandava mamma.
ARANCIATE, PATATINE, BIRRA! Dunque, pellicole saldate, Settimana Incom, maglioncini e poi la pausa, fra il primo e il secondo tempo. Il baretto all’interno dell’arena deve pur lavorare, così ecco il classico dei classici: il ragazzetto con cartone e articoli freschi da vendere all’incanto. Dunque, «Geeelati Lola!». Trenta lire. Sette su dieci, ricordando quel gelato misero, senza tanti fronzoli, né una sola mandorla, appena un trasparente strato di cioccolata, associano l’arena estiva tarantina con quel gelato urlato a squarciagola. L’alternativa, “i gemelli”. Bustina azzurra. Nessuno strato di cioccolata, due stecchette per due gelatini fusi insieme, uno accanto all’altro. Anche i gemelli, trenta lire. In realtà, si compra un’impressione, quella cioè che i gelati siano due. Chi ha due ragazzini al seguito, li accontenta così. Altro lancio pubblicitario del “bibitaro”, fra il primo e secondo tempo: «Aranciate, patatine, birraaa!». Un altro classico, al netto della gazzosa, con la pallina per fare esplodere il gas. Una volta finita la bevanda, bottiglietta rotta e pallina recuperata. Altri tempi, evidentemente. Come grani di un rosario, i nomi delle arene che associano ricordi, fresco e una buona seconda visione: Corallo (piazza Ramellini), Italia (via Battisti), Cral Arsenale (via Di Palma, ingresso arena via Leonida), Dopolavoro Artiglieria (via Leonida), Albano (via Abruzzo), Charitas (via Crispi), Monacelli (via Peluso). In Città vecchia, su una discesa, il Castellano; al rione Tamburi, appena più nuovo, il Semeraro. Pieno centro, l’arena Fusco, via De Cesare. La Pineta, via Pitagora, cornice più raffinata. Non solo film in prima visione, ma anche teatro, rivista. Niente gazzose, niente «Geeelati Lola!». Altri tempi, altre emozioni.