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Lecce
27 Dicembre 2025 - 07:50
LECCE - Una piccola comunità di pastori vissuta oltre 3.500 anni fa, in piena Età del Bronzo, torna oggi a raccontare la propria storia grazie alle analisi del DNA antico e alle datazioni al radiocarbonio realizzate dal Centro di Fisica Applicata, Datazione e Diagnostica (CEDAD) dell’Università del Salento. Le ricerche hanno permesso di ricostruire il profilo genetico e alcuni aspetti della vita quotidiana di un gruppo umano insediato sui monti dell’Orsomarso, in Calabria.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Communications Biology del Nature Portfolio e rappresentano la prima ricostruzione completa della struttura genetica e delle relazioni di parentela di una comunità protoappenninica della Grotta della Monaca, nel territorio di Sant’Agata d’Esaro, in provincia di Cosenza. Il sito è stato utilizzato come luogo di sepoltura in un arco cronologico compreso tra 1780 e 1380 a.C.
Lo studio nasce da una collaborazione internazionale guidata dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia e dall’Università di Bologna, con il contributo del CEDAD dell’Università del Salento per l’intera fase delle datazioni radiocarboniche. Le analisi genomiche condotte sui resti umani hanno evidenziato una forte affinità genetica tra la comunità calabrese e le popolazioni della prima Età del Bronzo della Sicilia, pur in assenza di quei contributi genetici di origine orientale che caratterizzano invece altre comunità siciliane coeve.
Il CEDAD ha curato tutte le fasi di preparazione chimica dei campioni ossei e le misurazioni con spettrometria di massa con acceleratore, fornendo il quadro cronologico di riferimento per l’utilizzo funerario della grotta nella Media Età del Bronzo. I campioni, come spiegato dalla dottoressa Marisa D’Elia, responsabile dei laboratori chimici del Centro, sono stati trattati per l’estrazione del collagene e la preparazione dei target di grafite, consentendo una collocazione temporale precisa dell’uso sepolcrale della cavità.
Secondo il professor Lucio Calcagnile, fondatore e direttore del CEDAD e coautore dello studio, il lavoro dimostra come le tecniche di fisica applicata, in particolare la datazione al radiocarbonio mediante AMS, siano diventate strumenti indispensabili per le scienze del passato. Un ruolo confermato anche dal contributo sottolineato dal professor Gianluca Quarta, ordinario di Fisica Applicata, che ha evidenziato come la serie di datazioni ottenute a Lecce sia stata decisiva per ancorare nel tempo le evidenze genetiche e archeologiche.
Le analisi radiocarboniche su ossa umane provenienti da diverse aree della grotta confermano un uso concentrato del sito come necropoli, con la maggior parte delle sepolture collocate nella parte più interna. L’integrazione tra cronologia assoluta, dati archeologici e genomi antichi ha permesso di identificare una comunità di dimensioni ridotte, caratterizzata da legami di parentela molto stretti e da un’organizzazione funeraria probabilmente strutturata per sesso ed età, con una prevalenza di donne e individui immaturi, cioè persone non ancora giunte alla completa maturazione scheletrica.
Tra gli elementi più rilevanti emersi dalle analisi genetiche figura un caso di consanguineità estrema, mai documentato prima in un contesto archeologico dell’Età del Bronzo. In particolare, un giovane maschio presenta un profilo genetico compatibile con un’unione tra parenti di primo grado. Le ricostruzioni di parentela indicano che il padre era un adulto sepolto nello stesso settore funerario e che la madre sarebbe stata figlia dello stesso individuo.
Oltre a restituire un quadro inedito della vita di una comunità montana dell’Italia meridionale, lo studio contribuisce a colmare una lacuna significativa nei dati genetici antichi del Sud Italia, area strategica per comprendere le dinamiche demografiche del Mediterraneo centrale tra Neolitico ed Età del Bronzo. Per l’Università del Salento, il risultato conferma il ruolo del CEDAD come infrastruttura di riferimento internazionale, capace di dialogare con i principali centri di ricerca europei e di offrire un contributo determinante alla ricostruzione della storia del territorio e del Mediterraneo.
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