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Beni confiscati, intesa Anbsc–Confcooperative: “Da simboli dell’illegalità a motore di sviluppo per i territori”

Alla Fiera del Levante firmato un protocollo che punta a trasformare immobili e aziende sottratti alla criminalità in opportunità di lavoro, inclusione e crescita sociale attraverso la cooperazione

BARI - Trasformare ciò che è stato sottratto alla criminalità in motore di sviluppo economico e sociale dei territori. È questo il cuore dell’accordo siglato alla Fiera del Levante tra ANBSC, l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, e Confcooperative, in occasione del convegno “I beni confiscati un volano per la comunità”. Un’intesa che mira a rendere stabile la collaborazione tra Stato, istituzioni locali e mondo cooperativo nella gestione e nel recupero dei patrimoni sottratti alle mafie.

A illustrare il senso dell’accordo è stata la direttrice dell’ANBSC, Maria Rosaria Laganà, che ha richiamato il valore simbolico e pratico del riutilizzo dei beni confiscati. “Non significa solo riaffermare la legalità – ha spiegato – ma dimostrare che la società civile che rispetta le regole prevale su chi ha costruito ricchezza con il malaffare, privando i territori di risorse e opportunità. Quei beni possono e devono diventare strumenti di inclusione, sostegno alle fragilità e presidi di comunità”.

Laganà ha sottolineato che la destinazione efficace di immobili, aziende e terreni dipende dalla capacità di costruire una rete stabile di relazioni tra istituzioni, enti locali e realtà sociali. In questo quadro si inserisce il protocollo con Confcooperative, con l’obiettivo di sviluppare nuove iniziative di lavoro e inclusione attraverso il modello cooperativo.

Da parte sua, Gaetano Mancini, vicepresidente di Confcooperative con delega ai beni confiscati, ha ricordato i numeri della rete: 16.000 imprese, 550.000 lavoratori e un giro d’affari di 82 miliardi di euro. “Siamo pronti a fare la nostra parte – ha dichiarato –. Abbiamo già 200 cooperative impegnate nella gestione di beni confiscati che ogni giorno generano lavoro e servizi. Questo protocollo ci permette di trasformare queste esperienze in una strategia nazionale, capace di moltiplicare gli impatti positivi”.

Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative, ha richiamato la missione costituzionale della cooperazione: “La legalità è parte del nostro Dna. L’articolo 45 della Costituzione attribuisce alla cooperazione il compito di promuovere sviluppo economico e sociale. Restituire beni confiscati alle comunità è l’essenza di questo mandato”.

Sul piano operativo, il protocollo prevede un protagonismo forte dei tavoli prefettizi e un coordinamento centrale dell’Agenzia. Lo ha spiegato Rosa La Plena, coordinatrice nazionale di Confcooperative per il recupero dei beni confiscati. “L’Agenzia ha fatto un passo avanti decisivo – ha detto – aprendo alla cooperazione in modo strutturale. Per le aziende confiscate l’obiettivo è creare occupazione di qualità, mentre per i terreni sarà fondamentale la collaborazione con i Comuni. La sfida è rilanciare i beni, ma anche rigenerare le comunità che li circondano”.

Una visione condivisa anche da Giorgio Mercuri, presidente di Confcooperative Puglia, che evidenzia come l’accordo ambisca a restituire valore ai territori: “L’impresa cooperativa è lo strumento per trasformare i beni confiscati in occasioni concrete di lavoro, legalità e sviluppo locale”.

A chiudere l’incontro è stato Giuseppe Cozzi, presidente Confcooperative Bari–BAT, che ha rimarcato il valore sociale della restituzione: “Non è solo recuperare beni – ha sottolineato – ma restituire futuro e speranza a territori in cui la criminalità aveva sottratto risorse. È la dimostrazione che dalla confisca può nascere un percorso di riscatto collettivo”.

Il nuovo protocollo segna dunque una tappa importante: i beni confiscati non più come semplice simbolo di legalità riconquistata, ma come leva economica, culturale e sociale capace di generare lavoro, comunità e nuove opportunità per i territori più esposti alle infiltrazioni criminali.

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