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Lecce
24 Settembre 2025 - 08:40
LECCE - Una ricerca multidisciplinare guidata dall’Università del Salento, in collaborazione con l’Università di Udine, il CREA – Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Turi e la Cantina Due Palme di Cellino San Marco, porta nuove prospettive alla viticoltura pugliese. Lo studio, pubblicato in modalità open access sulla rivista scientifica Italian Journal of Food Science, evidenzia come i vitigni resistenti alle malattie fungine possano offrire un’alternativa concreta e sostenibile senza sacrificare la qualità del vino.
Il lavoro, coordinato dalla professoressa Laura Rustioni, è stato realizzato durante la tesi di laurea in Viticoltura ed Enologia di Anita Morleo ed è firmato da Giuseppe Rossetti, Valeria De Rosa, Francesco Fortunato Maci, Luigi Tarricone, Rachele Falchi e Vito Michele Paradiso. Le analisi hanno dimostrato che i vini ottenuti dagli ibridi PIWI Merlot Kanthus e Merlot Khorus presentano caratteristiche sovrapponibili a quelle del Merlot tradizionale.
I vitigni PIWI (acronimo del tedesco Pilzwiderstandfähig, “resistenti ai funghi”) consentono di ridurre in modo drastico l’uso di fitofarmaci, con benefici immediati sul piano ambientale ed economico. Meno trattamenti in vigna significano maggiore tutela della biodiversità, minori costi di produzione, riduzione delle emissioni e condizioni di lavoro più sicure per gli operatori agricoli.
L’esperimento ha previsto un approccio duplice: l’analisi chimico-tecnologica dei parametri enologici e una valutazione sensoriale condotta da panel di degustatori, sia esperti dell’AIS Lecce che non esperti. I risultati hanno confermato che i vini dei vitigni resistenti rispettano gli standard qualitativi e, in alcuni casi, risultano persino più apprezzati del Merlot tradizionale.
«La nostra ricerca – osservano gli autori – dimostra che i vitigni resistenti non costituiscono una minaccia per la qualità, ma rappresentano un’opportunità straordinaria per rendere la viticoltura più sostenibile e competitiva».
Nonostante queste evidenze, in Puglia i vitigni PIWI non sono ancora ammessi alla coltivazione, al contrario di molte altre regioni italiane che da tempo sperimentano queste varietà. Un ritardo che rischia di rallentare l’innovazione in una delle aree simbolo della viticoltura nazionale, ai vertici in Italia per volumi produttivi.
La pubblicazione sull’Italian Journal of Food Science segna dunque non solo un importante risultato scientifico, ma anche un appello alla politica regionale: aprire le porte ai vitigni resistenti significherebbe avvicinare la viticoltura pugliese alle sfide ambientali e produttive del presente e del futuro.
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