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Le Chiavi della città a Francesca Albanese: «Non possiamo tacere di fronte al genocidio in Palestina». Le foto

Cerimonia solenne al Teatro Piccinni e al Kursaal Santalucia per la relatrice speciale ONU sui Territori palestinesi occupati. Il sindaco Leccese e il presidente Emiliano esprimono sostegno contro le sanzioni che l’hanno colpita

BARI - La città di Bari ha scelto di schierarsi apertamente a fianco di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, conferendole le Chiavi della città in una cerimonia svoltasi ieri al Teatro comunale Piccinni. A consegnare il riconoscimento è stato il sindaco Vito Leccese, che ha definito il gesto un atto simbolico di ribellione civile di fronte alla tragedia che da quasi due anni sta devastando la Striscia di Gaza.

Nel suo lungo intervento, il primo cittadino ha ricordato come 147 Paesi su 193 membri ONU abbiano già riconosciuto lo Stato di Palestina, e come il numero salirà a 150 a settembre con l’adesione di Francia, Regno Unito e Malta. «L’Italia purtroppo non è tra questi – ha osservato – e il Governo ritiene che non sia ancora il momento. Ma se non ora, quando?».

Richiamandosi a una celebre frase del rabbino Hillel, citata anche da Primo Levi, Leccese ha sottolineato il valore della responsabilità individuale e della parola come strumento di giustizia. «Non possiamo restare in silenzio – ha ribadito – quando sotto gli occhi del mondo si consuma un genocidio».

Il sindaco ha ricordato l’impegno di Bari a sostegno della causa palestinese: dalla mozione del Consiglio comunale che condanna i crimini di guerra a Gaza e chiede l’esclusione di Israele dalla Fiera del Levante finché non cesseranno le violazioni dei diritti umani, al conferimento delle Chiavi della città al giornalista palestinese Wael Al-Dahdouh, fino ai progetti di cooperazione come COOP4WaterRights, che dal 2020 punta a garantire acqua potabile a oltre 15.000 abitanti di Khan Younis.

Il legame con la Palestina, ha aggiunto, si fonda anche sul gemellaggio con Beit Jala, città cristiana della Cisgiordania, unita a Bari dalla devozione a San Nicola. «Le nostre azioni possono sembrare gocce nell’oceano, ma rappresentano un dovere morale – ha affermato –. Davanti a decine di migliaia di vittime innocenti, alla distruzione di ospedali, al blocco degli aiuti umanitari e ai bambini che muoiono di fame, siamo fuori tempo massimo».

Leccese ha definito Francesca Albanese «voce coraggiosa» che, con rigore e tenacia, denuncia le violazioni dei diritti umani e tenta di richiamare le democrazie alle proprie responsabilità sancite dal diritto internazionale. Ha poi stigmatizzato le sanzioni senza precedenti inflittele dagli Stati Uniti, prime nella storia dell’ONU a colpire un suo relatore speciale. «Parole e provvedimenti durissimi – ha sottolineato – che mirano a isolarla e a delegittimare il suo lavoro di documentazione».

Il testo che accompagna le Chiavi della città recita: «A Francesca Albanese per il suo impegno incessante a tutela dei diritti del popolo palestinese. Bari, città di pace, è al suo fianco nel riaffermare la centralità del diritto internazionale e denunciare la brutalità e la barbarie che da quasi due anni si consumano sui civili inermi nella Striscia di Gaza. Il sindaco di Bari con riconoscenza».

L’omaggio del Comune è stato seguito da un incontro pubblico al Teatro Kursaal Santalucia, dove Albanese ha dialogato con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Quest’ultimo ha espresso gratitudine per la sua presenza e per il contributo di riflessione offerto alla comunità pugliese. «La Puglia – ha detto Emiliano – da tempo è in azione contro il genocidio del popolo palestinese e vuole stabilire legami per evitare l’isolamento che in battaglie difficili può essere fatale».

Il governatore ha definito «ingiuste e durissime» le sanzioni imposte a Albanese da un Paese alleato dell’Italia, evidenziandone il carattere eccezionale: «Non era mai accaduto che un relatore speciale ONU subisse misure così pesanti per aver svolto il proprio mandato. Per questo sosteniamo l’appello perché vengano revocate».

Emiliano ha concluso ribadendo il sostegno della Regione e della città di Bari al lavoro della relatrice ONU: «Difendere chi si batte per i diritti umani significa difendere noi stessi e la nostra idea di giustizia».

«Sono onorata di ricevere queste chiavi e vi assicuro che le userò». Con queste parole Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, ha accolto il riconoscimento conferitole dal sindaco Vito Leccese. Un gesto simbolico, ma dal forte significato politico e civile, per una figura che negli ultimi mesi è finita nel mirino delle autorità statunitensi, subendo sanzioni senza precedenti per presunta promozione di una campagna politica ed economica contro Stati Uniti e Israele.

Albanese ha sottolineato la portata di quelle misure, definite «non un atto simbolico» ma provvedimenti concreti capaci di isolare e interrompere relazioni personali e istituzionali. «Sono tecniche di intimidazione mafiose – ha denunciato – ma so come reagire: schiena dritta, testa alta e unità. È l’unico modo per resistere».

Rivolgendosi alla platea, la relatrice ONU ha ricordato le sue radici meridionali e l’esperienza diretta nel conoscere la lotta contro la criminalità organizzata. «Da figlia del Sud – ha detto – so bene quali siano le ferite provocate dalla mafia. La lezione che arriva da Puglia, Bari o Sicilia è chiara: alla mafia si resiste insieme, senza piegarsi».

Il suo intervento si è poi spostato sulla questione palestinese, definita «una cartina di tornasole del futuro che ci attende in assenza di legalità». Ha puntato il dito contro la responsabilità del governo italiano, accusato di mantenere il sostegno a Israele nonostante le richieste di sospendere il memorandum d’intesa. «Giuristi e avvocati hanno presentato un atto di diffida formale – ha ricordato – ma il governo continua nella stessa direzione».

Per Albanese, la priorità è «un risveglio delle coscienze» e un sostegno concreto alle iniziative volte a ripristinare la legalità, anche attraverso azioni giudiziarie. Ha concluso con un richiamo netto: «Il genocidio è un crimine riconosciuto anche dall’Italia. Non possiamo ignorarlo».

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