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Taranto
31 Luglio 2025 - 20:07
TARANTO - C’era un’attesa spasmodica per l’esito del vertice in programma alle 16 di oggi nella sede del Ministero per le imprese e il Made in Italy a Roma sul destino dell’ex Ilva di Taranto. Ebbene, alla fine è stata solo l’ennesima tappa intermedia, con il prossimo aggiornamento fissato per il 12 agosto.
Ma entriamo nel dettaglio:
L’incontro di oggi si è trasformato in un confronto ad alta tensione, con esiti interlocutori e nuove fratture tra Governo ed enti locali.
Il Mimit, raccogliendo le indicazioni emerse durante la riunione, ha ribadito che gli obiettivi di piena decarbonizzazione condivisi da tutti i rappresentanti istituzionali dovranno essere recepiti dai Commissari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Tali obiettivi, secondo il Ministero, saranno la base dell’aggiornamento della gara in corso, con la previsione di termini perentori e come riferimento per il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Per consentire agli enti locali di esprimere formalmente le proprie posizioni e discutere anche la collocazione ottimale del Polo del DRI – infrastruttura strategica per la sostenibilità dell’impianto e per l’autonomia industriale del Paese – è stato fissato un nuovo incontro per il 12 agosto.
Il governo intanto nelle prossime ore darà mandato ai commissari straordinari di indire una gara "aggiornata" per individuare un nuovo acquirente, sulla base di tre forni elettrici.
La riunione ha però vissuto un momento di forte rottura con l’uscita dalla sala del presidente della Provincia, Gianfranco Palmisano. L’ente provinciale, parte attiva nell’accordo di programma per la decarbonizzazione, ha contestato la bozza di verbale proposta dal ministro Adolfo Urso.
Secondo Palmisano, il documento non riportava le dichiarazioni di tutti gli intervenuti ma costituiva un vero e proprio preaccordo. Alla richiesta di integrare le osservazioni, il ministro avrebbe replicato che gli enti locali devono assumersi la responsabilità di un’AIA a 12 anni a carbone.
«La responsabilità di un’autorizzazione del genere – ha affermato Palmisano – è solo del Governo, perché noi abbiamo espresso parere contrario. Non firmerò né verbale né accordo».
In parallelo, il Comune di Taranto ha annunciato che, previa valutazione legale, presenterà ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale contro l’ultima Aia che autorizza 12 anni di produzione a carbone, se contestualmente all’accordo non partirà la revisione dell’autorizzazione stessa.
La maggioranza di centrosinistra guidata dal sindaco Piero Bitetti, che proprio oggi ha ritirato le dimissioni, ha messo nero su bianco uno scenario alternativo: chiusura progressiva dell’area a caldo e sostituzione con forni elettrici ad arco (EAF), senza ricorso alla nave di rigassificazione (FSRU).
Tra le richieste figurano la riduzione delle emissioni, la compatibilità con l’alimentazione a idrogeno verde, la garanzia dei livelli occupazionali e piani di riqualificazione per i lavoratori diretti e dell’indotto.
Il documento del Comune stabilisce che l’adesione agli accordi sarà possibile solo se saranno rispettate precise condizioni:
dismissione irreversibile dell’area a caldo entro il 2030
predisposizione di un impianto DRI alimentabile progressivamente a idrogeno verde
avvio contestuale delle bonifiche ambientali
revisione dell’AIA con valutazione di impatto ambientale e sanitario preventiva
impianto di cattura di CO₂
piani di tutela e ricollocazione dei lavoratori
In caso di mancato rispetto degli impegni, Taranto chiede l’introduzione di clausole di revoca per garantire l’effettiva realizzazione del piano.
Il vertice di oggi non ha quindi sciolto i nodi più delicati e, anzi, ha certificato una distanza profonda tra le posizioni del Governo e quelle delle istituzioni locali. Il prossimo passaggio, il 12 agosto, potrebbe essere decisivo per capire se l’accordo di programma sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva potrà davvero vedere la luce o se la frattura rischia di diventare insanabile.
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