L’operazione si è svolta lungo la fascia costiera tra Leuca e Novaglie, sotto la guida della professoressa Rita Auriemma, responsabile scientifica del progetto M.Ar.E.A. (PNRR) e direttrice del Gruppo di Archeologia Subacquea dell’ateneo salentino. Le prospezioni, finalizzate all’aggiornamento della Carta Archeologica Subacquea della Puglia meridionale, hanno permesso di localizzare con precisione il sito già noto dal 1992, anno della prima segnalazione di Francesco Boaria, e studiato successivamente tra 1994 e 1995 dalla Soprintendenza.
Il ritrovamento più rilevante è avvenuto il 19 giugno: un frammento di 105 per 65 centimetri è stato rilevato e documentato con rilievi fotogrammetrici. Nonostante l’incrostazione marina, la porzione anteriore del torso, in bronzo, conserva evidenti caratteristiche morfologiche, compatibili con una figura maschile nuda. Accanto a esso sono stati recuperati anche piccoli frammenti, uno dei quali riconducibile a un panneggio.
Le operazioni sono state condotte dagli archeologi subacquei dell’Università del Salento, con il supporto operativo del 1° Nucleo Subacqueo della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto, coordinato dal Capitano di Corvetta Giuseppe Simeone, e con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce, rappresentata dall’architetto Francesca Riccio e dalla dottoressa Serena Strafella. Il trasporto del reperto a terra è stato garantito dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli tramite l’Ufficio Locale Marittimo di Leuca.
Attualmente, i frammenti si trovano nelle vasche del Laboratorio di restauro della Soprintendenza, ospitate presso il Museo del Mare Antico di Nardò, dove sono sottoposti a un processo di desalinizzazione. Solo al termine delle analisi sarà possibile stabilire con certezza se il torso appartenga a una statua già nota o se rappresenti un’aggiunta inedita al ricco carico bronzeo recuperato in passato, oggi conservato nel Museo Archeologico di Brindisi.
Secondo gli studiosi, la scoperta conferma il ruolo centrale del basso Adriatico come crocevia di rotte commerciali antiche e testimonia pratiche di riciclo dei metalli in epoca romana, quando statue venivano trasportate per essere rifuse.
La professoressa Auriemma ha sottolineato come «la sinergia tra istituzioni rappresenti un modello vincente per la valorizzazione del patrimonio sommerso, spesso invisibile ma ricchissimo di significato storico e culturale». Entusiasta anche la Soprintendente Riccio, che ha definito il recupero «una testimonianza straordinaria della continuità della ricerca archeologica lungo le nostre coste».
Plauso all’intera operazione è giunto anche dal Comandante della Capitaneria di Porto di Gallipoli, Francesco Perrotti, che ha ringraziato i sub della Guardia Costiera per aver garantito la sicurezza delle immersioni e la tutela dell’ambiente marino.
L’intervento rientra nel più ampio programma di ricerca promosso dall’Università del Salento, da anni punto di riferimento nazionale per l’archeologia marittima e la formazione di specialisti nel settore subacqueo.