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Bari

“Confessare la Fede” , pomeriggio di riflessione sulla ricerca dell’essenza del Divino

Appassionato dibattito tra studiosi di varia provenienza e convinzione

BARI - Il dibattito teologico è di stringente -se non drammatica- attualità. A Bari nel pomeriggio del 23 maggio nei saloni dell’Alliance Française e grazie all’impegno del Console onorario di Francia Stefano Romanazzi si è tenuto un interessantissimo ed appassionato dibattito tra studiosi di varia provenienza e convinzione.

 
Hanno partecipato oltre all’autore del libro “Confesser la Foi” don Antonio Lattanzio, hanno partecipato Joel Molinario prof. Emerito di Teologia Pratica dell’Università Cattolica di Parigi, Franco Chiariello prof. di Sociologia a Bari, Dario Patruno Giornalista, S.E mons. Giuseppe Satriano Arcivescovo di Bari-Bitonto, Serge d’Oria direttore Alliance Française di Bari.
 
È emersa la diffusa convinzione delle possibilità offerte dal dialogo; quel dialogo con l’altro che ci accompagna nel sempiterno anelito del crescere e divenire. L’altro, anche e specie se diverso, in questa accezione diviene “La” risorsa capace di cambiarci e cambiare assieme. E quell’”assieme” può divenire l’Ecclesia del futuro. Questi, in estrema sintesi, possiamo dire essere le tesi emerse -tra le altre- in questo dibattito.
 
L’esperienza portataci dall’era della comunicazione estrema ha mostrato come lanciando -per esempio- un pensiero cattolico in italiano nel web potrà essere raccolto da vari miliardi di utenti ma concretamente si avrà che sarà letto nella stragrande maggioranza dei casi da altri che intendono l’italiano e siano cattolici; il resto del mondo ignorerà quel messaggio radicando ulteriormente le rispettive convinzioni. Ma pure tra coloro che riterranno di essere interessati a quel messaggio si registreranno differenze di interpretazioni se non contrapposizioni; quindi il dialogo, pur prezioso, è spesso sterile. In ogni caso non possono essere intesi questi come temi strettamente teologici.
 
Infatti se in tutto il mondo si indica Dio con la stessa parola questo non toglie per taluni è “misericordia” mentre per altri è “giustizia” o altro; questo comporterà certamente che i due potenzialmente confliggeranno. E questo perchè entrambi non hanno approfondito l’idea del Divino abbastanza da raggiungere una idea condivisa. Quindi mentre possiamo convenire tutti nella unicità (non certo matematica ma concettuale di una essenza che non può non essere al di la del tempo e dello spazio e delle altre dimensioni possibili) dobbiamo anche riconoscere la certezza della insuperabile nostra comune insufficienza nel definirlo, capirlo, descriverlo, testimoniarlo. 
Questo punto è unificante! E potremmo arrivare a dire che è “IL” punto unificante delle teologie: e lo è in quanto è espressione di umiltà; cioè non si tratta di rinuncia alla ricerca del Divino come in fondo lo è per un ateo o per un agnostico ma è riconoscimento dei nostri limiti. La ricerca dell’essenza del Divino rapportata alla nostra essenza di cui sappiamo sempre meno (!) è la natura della Teologia troppo spesso confusa se non diluita dall’apporto di altre discipline. Dalla precisa distinzione tra le discipline può nascere la mutua collaborazione necessaria per capire meglio e di più.
 
Dopo aver capito che del Divino non potremo mai sapere nulla (che è verità unitiva per tutte le Religioni e Teologie) potremo assieme cimentarci a rispondere alla questione del come Egli si esprime, dove Egli ci porta, e perché. Cioè la questione della Fede. Fedi che possono rimanere distinte (come i culti) e certamente lo rimarranno perché le risposte sono dettate dalle convinzioni e culture esistenti non certo da improbabili effetti di esercizi intellettuali.
 
Il riconoscimento dei propri limiti, l’umiltà, quello che non sappiamo sono tutti elementi unificanti dell’intera umanità dal quale discende il bisogno di dialogo e apprendimento anche essi così divenuti unificanti e, adesso si, fondamentali. Cosa questa che emerge ad ogni piè sospinto in ogni incontro. Cosa che non significa indebolire la propria Fede che invece non può mai prescindere dalla certezza di un futuro diverso dal presente e dal passato e quindi fondata sulla speranza (Fede) e quindi sul divenire cioè su una categoria inversa alla asserzione immodificabile di un sistema di valori ed inversa all’immobilità e caducità dell’ateo. Pensare la Fede come un cammino perenne verso una realtà che non sappiamo cosa sia e dove sta ma che sappiamo che c’è e che è migliore dell’attuale, forse è la vera natura della Fede stessa. Che quindi non è fatta di certezze se non di quella della nostra imperfezione e tensione al meglio.
 
Una immediata condivisione interconfessionale di questi concetti appare vitale per la sopravvivenza di una comunità mondiale che ha riposto nella tecnologia la propria Fede che quindi viene elevata a nuova religione planetaria; religione con i suoi canoni che si chiamano competizione, efficienza, mondialità, uguaglianza teorica e immensa differenza nel concreto; religione con i suoi riti fatti di lavoro anche al di la dell’etica, spietatezza nel colpire il concorrente, accumulazione; fede nella tecnologia ormai in tutto assimilabile al vitello d'oro di biblica memoria; mentre la comunità mondiale oggi si accorge che non solo quella incondizionata Fede nella tecnologia è mal riposta ma che ha abbagliato le menti di moltissimi mentre distruggeva come distrugge le fondamenta del Pianeta e della Vita.
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