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Taranto

Dissalatore sul fiume Tara, protesta a Bari: “La politica fugge, Taranto non è sacrificabile”. Le foto

Manifestazione davanti alla Presidenza della Regione Puglia per chiedere un confronto diretto con Emiliano. Nessun esponente politico presente. I comitati jonici: “Un’opera impattante da oltre 100 milioni, spacciata per scelta tecnica. Il fiume non si tocca”

BARI - Martedì 29 aprile, la comunità jonica ha alzato la voce con un sit-in deciso ma pacifico davanti alla sede della Presidenza della Regione Puglia. Obiettivo: ottenere un confronto politico trasparente sul progetto del dissalatore previsto sul fiume Tara, una delle opere più contestate degli ultimi anni sul territorio tarantino.

Ma anche questa volta, la politica ha scelto il silenzio. Nessun rappresentante istituzionale ha accolto l’appello al dialogo diretto. Al loro posto, come già accaduto in passato, sono arrivati soltanto tecnici dell’Acquedotto Pugliese, di ARPA e della Regione, incaricati di illustrare l’ennesima versione “tecnica” di un progetto che, secondo i manifestanti, è chiaramente frutto di una decisione politica.

“È una fuga dalle responsabilità”, denunciano i promotori del presidio, tra cui la Rete Difesa del Fiume Tara, comitati, associazioni e semplici cittadini del territorio jonico. “Un’opera da oltre 100 milioni di euro non può essere ridotta a una questione burocratica. Siamo di fronte a una scelta strategica che influirà per decenni su un ecosistema fragile e già provato. Eppure, chi ha sostenuto questo progetto continua a sottrarsi al confronto pubblico”.

Nel mirino dei manifestanti, non solo l’assenza dei vertici regionali, ma anche le incongruenze del piano. AQP ha più volte definito il dissalatore una misura secondaria, destinata a supportare la prioritaria riduzione delle perdite idriche. Ma se così fosse, si chiedono i cittadini, perché destinare risorse ingenti a un impianto energivoro e invasivo, anziché puntare su reti efficienti, impianti esistenti da riattivare e riuso delle acque reflue?

Il progetto prevede cementificazione, abbattimento di centinaia di alberi, chilometri di nuove condotte e scarico in mare di salamoia, con un impatto pesante sull’ambiente costiero già in sofferenza. “Questa non è transizione ecologica, è un attacco al territorio”, tuonano i manifestanti. “Non possiamo accettare che Taranto venga ancora una volta considerata zona sacrificabile”.

Durante la manifestazione, è stato ribadito un concetto chiave: la presenza di altri danni ambientali non può legittimare nuovi interventi devastanti. “Lo sviluppo sostenibile non può fondarsi sull’accumulo di ferite. Non è ammissibile che un territorio già compromesso debba subire ancora, senza che ci sia alcuna assunzione di responsabilità da parte di chi decide”.

Il sit-in si è concluso con un messaggio chiaro: “La lotta non si ferma. Il silenzio delle istituzioni è una forma di complicità. Il fiume Tara non si tocca. Taranto non arretra”.

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