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Taranto

Notte di tensione ai cancelli dell’ex Ilva: i lavoratori proseguono il presidio

Presidi e falò lungo la Statale 7. Le sigle metalmeccaniche chiedono a Palazzo Chigi un tavolo unico e il ritiro del “piano corto”, definito dai sindacati un progetto di chiusura

Il blocco stradale notturno davanti all'ex Ilva - Taranto

TARANTO – È stata una notte lunga e gelida quella trascorsa dagli operai dell’ex Ilva, in sciopero dalle 12 di ieri e determinati a proseguire la mobilitazione senza interruzioni. Dalle 18 la Statale 7 Appia, davanti al perimetro del siderurgico, resta bloccata da decine di lavoratori che hanno acceso falò per resistere al freddo e per dare visibilità a una protesta che giudicano decisiva per il futuro dello stabilimento.

Nel cuore della notte, la richiesta di un intervento diretto di Palazzo Chigi è stata ribadita dal segretario generale della Fiom Cgil di Taranto, Francesco Brigati, che denuncia l’impatto del cosiddetto “piano corto”, ritenuto dai sindacati un preludio allo stop produttivo. “Serve una convocazione immediata di un tavolo unico presso la presidenza del Consiglio, un tavolo che metta insieme ogni tema, dal piano corto alla prospettiva dei processi di decarbonizzazione”, afferma Brigati mentre prosegue il blocco sulla Statale 100 all’altezza dello stabilimento.

La posizione è netta: senza risposte, la protesta si allargherà ad altri territori, da Taranto sino agli stabilimenti di Genova, Novi Ligure e Racconigi. “Continueremo a mobilitarci ovunque – aggiunge Brigati – finché il governo non ritirerà quel piano”.

Sulla stessa linea anche l’Usb, impegnata nel presidio della Statale. “Non arretriamo. Resteremo qui finché non arriveranno risposte. Il silenzio del governo conferma ciò che denunciamo da tempo: il piano corto della gestione commissariale equivale a un piano di chiusura”. Le sigle Fim, Fiom, Uilm e Usb, sottolinea il sindacato di base, intendono impedire qualsiasi passo verso il disimpegno dello Stato da un impianto considerato strategico e che rappresenta, secondo i lavoratori, un tassello fondamentale nel futuro processo di decarbonizzazione atteso dalla città.

Il Consiglio di fabbrica ha già comunicato che nelle prossime ore le iniziative di lotta saranno ulteriormente rafforzate, nella convinzione che solo una convocazione a Palazzo Chigi possa sbloccare l’impasse e aprire una discussione effettiva sul ritiro del piano contestato.

Il blocco stradale davanti all'ex Ilva alle prime luci dell'alba

"I nostri lavoratori per difendere non solo il loro stipendio, ma l'anima produttiva di questa città. L'ombra del piano di spegnimento e chiusura incombe su tutti: commercianti, indotto, servizi!" urlano a gran voce i lavoratori della Uilm alle auto che si fermano davanti al loro sit-in.

"La dichiarazione di sciopero a oltranza proclamata delle categorie metalmeccaniche delle acciaierie di Taranto è un atto di dignità e assieme un grido di dolore che è dovere del Governo accogliere. I lavoratori chiedono un’assunzione di responsabilità della politica rispetto al futuro di migliaia di occupati, di un intero territorio e di un asset fondamentale qual è quello dell’acciaio per tutto il sistema produttivo italiano”. È quando dichiarano la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, e Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della Camera del Lavoro di Taranto, a commento della protesta degli operai del siderurgico. “Il Governo - proseguono - ritiri un piano che non ha alcuna garanzia se non quella di portare alla chiusura degli impianti, convochi urgentemente un tavolo a Roma con i sindacati, accolga le proposte che arrivano da chi conosce e vive quella fabbrica da anni. Serve una volta per tutte chiarezza, serve un vero piano industriale, serve capire quali investitori se ci sono e a che condizioni vogliono rilevare gli impianti per salvare tutti i posti di lavoro. A tutti i lavoratori va il sostegno e la solidarietà di tutta la Cgil pugliese. Il governo deve togliersi il vestito del cinismo e dare una risposta concreta alle istanze dei lavoratori. Parliamo di migliaia di famiglie tra i diretti e l'indotto, e le aziende dell'indotto hanno già iniziato a licenziare. Cos'altro deve succedere per far comprendere che se salta la manifattura industriale salta il lavoro e ogni genere di prospettiva? È una catastrofe sociale”.

Intanto, anche oggi, la mobilitazione va avanti.

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