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La rassegna

La precaria vita di un attore in scena con "A me m’ha rovinato la guera"

Sul palco del TaTà una storia che viene da lontano

"A me m’ha rovinato la guera": foto di scena

"A me m’ha rovinato la guera": foto di scena

Dettagli evento

Si ispira ad una storia vera "A me m’ha rovinato la guera", lo spettacolo in scena sabato, 14 dicembre, nell'ambito del cartellone della stagione "Periferie" curata dal Crest e ospitata dal TaTÀ, l'auditorium al quartiere Tamburi di Taranto, in via Grazia Deleddala. Ed è sempre al Crest che si deve la produzione dell’allestimento della pièce con l’associazione culturale Malalingua, con testo e regia a firma di Arianna Gambaccini che del lavoro è anche interprete con Michele Cipriani, ispiratore della storia attraverso i ricordi del nonno attore, anche lui costretto a vivere le insicurezze del palcoscenico ai tempi in cui recitava nelle compagnie di avanspettacolo.

E sulla precarietà del mondo del lavoro in generale e del comparto cultura nello specifico, sarà incentrato l’incontro a più voci in programma alle ore 19 nel foyer del TaTÀ con la sociologia Francesca Coin, vincitrice del premio Leogrande 2024 con il libro inchiesta "Le grandi dimissioni" e il segretario provinciale della Cgil, Giovanni D’Arcangelo, che verranno coordinati nei loro interventi dalla referente del Presìdio del libro di Taranto "Rosa Pristina", Miriam Putignano.

Lo spettacolo

"A me m’ha rovinato la guera" è ambientato ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando nel retro di un piccolo teatro di provincia, in una giornata durante la quale il silenzio nervoso denuncia una breve quiete dai possibili bombardamenti, un uomo si propone di realizzare il sogno di una vita intera: incontrare un noto impresario teatrale per convincerlo a farsi scritturare. Il tempo è poco, l’urgenza è tanta, e una donna tuttofare del teatro è decisa a impedire qualsiasi contatto tra l’uomo e l’impresario, nel frattempo rifugiatosi in sala per visionare una pellicola in uscita.

Foto di scena

Una storia che viene da lontano, quella interpretata da Michele Cipriani. «Mio nonno - racconta l’artista - si chiamava come me ed era stato un valente attore di avanspettacolo tra gli anni ’30 e ’40, scritturato dalla compagnia di rivista del capocomico Arturo Vetrani, nella quale si ritrovò a condividere il palco con i fratelli Maggio e Pietro de Vico. Cominciava a farsi un nome, quando nel 1940 l’Italia entrò in guerra e, trasferitosi a Taranto, venne convinto dal maresciallo dei Vigili del Fuoco ad arruolarsi nei pompieri. Chiuse la sua carriera con uno spettacolo interrotto per i bombardamenti, messo in quarantena com’è accaduto al mondo dello spettacolo nel 2020 a causa del Covid, in un drammatico parallelo che mi ha portato a riflettere sulla precarietà del nostro mestiere».

Tra macchiette, sketch e canzoni d’autore, lo spettacolo parla della fame dell’attore, del colera da palco e dell’universale bisogno degli altri per dimostrare che i propri sogni occorre realizzarli senza mai diventarne schiavi e che il potere della bellezza è qualcosa che va al di là anche della morte.

Al termine della rappresentazione seguirà un incontro con gli attori intervistati dalla giornalista, Marina Luzzi.

Sipario ore 21,00. Info e prenotazioni al numero 333.2694897.

I biglietti possono essere acquistati anche online su Vivaticket attraverso il sito www.teatrocrest.it.

 

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