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CULTURA E ANTIMAFIA
11 Gennaio 2024 - 07:24
Giuseppe Impastato, detto Peppino è stato un giornalista, un conduttore radiofonico (Radio Aut) e un attivista membro di Democrazia Proletaria: a causa della sua intensa attività di denuncia contro le attività di “Cosa Nostra” fu assassinato il 9 maggio 1978. Vediamo, in grande sintesi, di conoscere meglio questa storia di sangue e di mafia.
Peppino Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una "Giulietta al tritolo" nel 1963. Ancora ragazzo, rompe ogni rapporto con il padre, viene cacciato via di casa e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa.
Dedicato fortemente a questo irrinunciabile ricordo, si è tenuto presso la concert hall “Sonora” art music & food a Taranto un incontro sulla legalità a cui hanno partecipato Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, l’attore e commediografo Antonio Fanelli, la scrittrice Valentina Pierro. L’iniziativa è stata supportata dal Progetto antimafia sociale dell’associazione “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato Puglia”.
L’incontro è stato focalizzato sul racconto di Giovanni Impastato nel libro “Mio Fratello. Tutta una vita con Peppino”, in cui racconta in prima persona gli anni della sua giovinezza vissuta accanto al fratello maggiore Peppino che viene assediato dai dubbi sulla sua famiglia, suo padre, suo zio, sugli amici di famiglia, sui loro strani comportamenti. Insomma i dubbi scatenano mille domande e Peppino cerca le risposte con tanto affanno e tanta “sete di verità”. A volte non riesce a darsi delle risposte complete, soddisfacenti e questo lo porta a pensare, ad ascoltare e cercare di capire: e riesce pian piano a farsi un’idea sempre più chiara, sempre più vicina ad una realtà per lui impossibile da capire e da accettare. E Peppino non accetta e decide di rivoltarsi, di parlare, di denunciare. E lo fa anche prima sulle pagine stampate in ciclostile del foglio “l’idea socialista”. Poi Impastato passa al mezzo radiofonico , (cominciavano allora le trasmissioni libere in FM delle prime radio private) e allora alla “Radio Aut” con i suoi amici va in onda con “Maffiattopoli” una trasmissione libera dove si parla di mafia, di Cinisi e del suo “grande capo clan ” Tano Badalamenti; alla radio – seguitissimi negli ascolti - raccontano la verità anche con ironia, in maniera satirica, mettendo decisamente in ridicolo tutta l’organizzazione mafiosa. Questo modo innovativo e creativo di denunciare colpisce duramente un mondo che nessuno aveva mai avuto il coraggio di colpire prima. Forte di questi risultati e dei consensi ottenuti, Peppino si presenta alle consultazioni comunali con la lista di Democrazia proletaria. Intende con questo passare ai fatti, “fare qualcosa di concreto”. Questa decisione fa evidentemente paura al mondo “intoccabile”. E l’8 maggio del 1978 Impastato muore in una terribile esplosione da tritolo, in circostanze dense di dubbi e di menzogne: attribuiscono la sua morte ad un fantomatico suicidio, poi si inventano che voleva far “saltare in aria” la tratta Palermo-Trapani; e poi ancora tante falsità, tanti tentativi anche maldestri di depistaggi che hanno avvolto nel mistero e nella più squallida confusione la vera causa della sua morte. Ma quale suicidio… Una morte clamorosa soffocata anche dalla concomitanza di un’altra morte eccellente, quella di Aldo Moro. Lo stesso giorno, infatti, a Roma viene trovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse, e la morte di Moro cancella o relega in secondo piano quella di Impastato. Ma il fratello Giovanni, e gli Amici non si sono dati per vinti, anzi hanno condotto una battaglia difficilissima ma con grande forza, con grande determinazione, con tanto convincimento sono giunti alla verità: non è stato un “incidente”, la morte di Peppino Impastato è stata ordinata da Tano Badalamenti, il “vicino di casa” (abitava a “cento passi” da casa Impastato) il successore dello zio Cesare, anch’egli morto per l’esplosione di un ordigno innescato sotto la sua auto. Sono passati quarantacinque anni dalla morte di Peppino ed il fratello Giovanni da più di venticinque anni percorre l’Italia in lungo ed in largo a parlare di questa incredibile storia di mafia. Viene invitato da associazioni, parrocchie, amministrazioni comunali e scuole: obiettivo è quello di educare e sensibilizzare giovani, di dare loro speranza del domani, di sostenere e diffondere la giustizia sociale e di riaffermare i valori della legalità. Per completezza mi piace ricordare due momenti importanti e successivi alla morte di Peppino. Nel settembre del 2000 esce il film "I cento passi" che ha fatto conoscere la storia di Peppino Impastato al grande pubblico. Nel 2011 casa Badalamenti (che distava 100 passi), confiscata, è stata assegnata all'Associazione Casa Memoria "Felicia e Peppino Impastato" e all'Associazione "Peppino Impastato". Abbiamo incontrato a Taranto Giovanni Impastato che ci ha concesso un’intervista in esclusiva.
«Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio, negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare. Aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato; si sa come si nasce ma non come si muore, e non se un ideale ti porterà dolore.»
(Testo tratto dalla canzone I cento passi dei Modena City Ramblers)
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