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IL PROGETTO
02 Ottobre 2025 - 00:10
Un modello che potrebbe diventare decisivo per affrontare le emergenze e accorciare i tempi d’attesa
In Puglia la telemedicina non è più soltanto una parola d’ordine o un progetto pilota confinato a qualche reparto, ma una delle leve strategiche con cui il sistema sanitario regionale tenta di affrontare i nodi storici: liste d’attesa, pronto soccorso affollati, carenza di personale e difficoltà di accesso nelle aree periferiche. Dopo anni di sperimentazioni frammentate, la Regione sta cercando di trasformare questo strumento in una rete strutturata capace di portare assistenza specialistica ovunque, in tempo reale, e di decongestionare gli ospedali.
Il punto di partenza è complesso. In Puglia i pronto soccorso registrano ogni anno centinaia di migliaia di accessi, spesso per patologie minori che potrebbero essere gestite sul territorio o con un consulto remoto. La cronica carenza di personale medico e infermieristico, unita all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle malattie croniche, ha reso il sistema più vulnerabile.
Per questo la Regione ha inserito la telemedicina tra le azioni chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con investimenti destinati a piattaforme digitali, dispositivi portatili e formazione degli operatori. L’obiettivo è duplice: garantire assistenza qualificata anche nelle emergenze e allo stesso tempo ridurre gli accessi impropri agli ospedali, migliorando la continuità delle cure.
Negli ultimi due anni sono stati attivati diversi progetti che hanno fatto da apripista. In provincia di Taranto la ASL ha sperimentato la telecardiologia, con la possibilità per i medici di medicina generale di trasmettere in tempo reale elettrocardiogrammi ai centri specialistici e ricevere referti immediati. In alcune aree del Gargano e del Salento sono stati attivati servizi di telemonitoraggio per pazienti con broncopneumopatia cronica e scompenso cardiaco, con sensori che inviano quotidianamente i parametri vitali ai centri di controllo.
Secondo i dati diffusi dalla Regione, questi programmi hanno consentito di ridurre del 20 per cento i ricoveri ripetuti per patologie croniche e di abbreviare i tempi di risposta specialistica. Un primo segnale che la telemedicina, se integrata nella rete dei servizi, può davvero alleggerire gli ospedali.
Uno degli ambiti più promettenti è quello delle emergenze-urgenze. In Puglia sono già in funzione sistemi di teleconsulenza tra pronto soccorso periferici e centri hub, che permettono ai medici di inviare immagini diagnostiche, referti e dati clinici per ottenere un parere specialistico immediato. Questo modello è stato sperimentato con successo nella gestione dell’ictus cerebrale e degli infarti acuti: il medico dell’ospedale spoke può condividere la TAC cerebrale o l’elettrocardiogramma con l’equipe dell’hub e decidere insieme il percorso terapeutico, riducendo ritardi e trasferimenti non necessari.
Nel territorio tarantino, caratterizzato da distanze significative fra i presidi e da carenze di organico in alcune strutture, questo sistema rappresenta una valvola di sicurezza che permette di salvare vite in situazioni tempo-dipendenti. Gli specialisti del Policlinico di Bari sottolineano che la rapidità di decisione resa possibile dai teleconsulti può fare la differenza nei primi minuti critici di un’emergenza.
Ma la telemedicina non serve solo nelle urgenze. La vera sfida per la Puglia è l’integrazione con la gestione delle cronicità, che rappresentano la quota maggiore di accessi e costi sanitari. Pazienti con diabete, scompenso cardiaco, BPCO o malattie oncologiche possono beneficiare di un monitoraggio continuo a casa, evitando spostamenti frequenti e riducendo il rischio di riacutizzazioni.
Alcune ASL pugliesi hanno avviato progetti di teleassistenza domiciliare per pazienti fragili. I risultati preliminari indicano un miglioramento dell’aderenza terapeutica e una maggiore soddisfazione dei pazienti. Tuttavia, il salto di scala richiede una regia unica regionale, standard tecnici comuni e un sistema di remunerazione che riconosca il lavoro degli operatori coinvolti.
Dietro ogni piattaforma ci sono persone che devono saperla usare. Gli esperti avvertono che la telemedicina non può essere improvvisata: servono formazione continua per medici e infermieri, protocolli condivisi e infrastrutture digitali affidabili. Alcune zone della Puglia soffrono ancora di connessioni lente o instabili, soprattutto nei piccoli comuni, rendendo difficile la trasmissione di dati complessi come immagini ad alta risoluzione.
La Regione ha previsto investimenti per migliorare la banda larga sanitaria e per dotare i medici di famiglia di strumenti idonei, dai tablet certificati ai sistemi per la refertazione a distanza. Ma l’attuazione concreta di questi interventi sarà il vero banco di prova.
Se ben implementata, la telemedicina può diventare un potente strumento di equità sanitaria. In Puglia, dove le differenze tra aree urbane e interne sono marcate, portare il consulto specialistico a domicilio significa ridurre i divari di accesso alle cure. Per gli anziani soli, per le persone con disabilità o per chi vive lontano dai grandi ospedali, un teleconsulto tempestivo può sostituire viaggi lunghi e costosi e garantire diagnosi e terapie più rapide.
La Puglia si trova dunque davanti a una scelta: mantenere la telemedicina come una somma di progetti locali o trasformarla in un servizio strutturale del Servizio sanitario regionale. La direzione intrapresa negli ultimi mesi va verso la seconda ipotesi, con la definizione di linee guida unitarie e la creazione di un portale regionale per l’accesso dei cittadini.
Il confronto con altre Regioni più avanzate mostra che il modello funziona se è integrato con i percorsi clinici, se prevede incentivi per gli operatori e se viene valutato con indicatori chiari: riduzione degli accessi impropri, diminuzione dei tempi di risposta, soddisfazione dei pazienti.
La telemedicina in Puglia non è più una promessa lontana, ma una realtà in costruzione che può cambiare il volto della sanità regionale. Ridurre la pressione sugli ospedali, garantire assistenza qualificata nelle emergenze e seguire i pazienti cronici a domicilio sono obiettivi ambiziosi ma concreti.
Per riuscirci, serve una visione di lungo periodo.
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