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“tradizione” estiva

Lucifero, Caronte, Nerone e gli altri

Guida ai nomi delle ondate di caldo che, ogni anno, sono i tormentoni dell’estate e sembrano usciti da un kolossal

Il giornale dell'estate

A introdurre questa abitudine, ormai consolidata, sono stati alcuni operatori privati e portali web del settore meteo

Sembra la locandina di un film epico con effetti speciali di bassa lega: “Lucifero contro Caronte - L’estate infernale”. Ma sono solo (si fa per dire) le ondate di caldo che ogni anno ci trasformano in ghiaccioli sciolti sulle panchine roventi delle nostre città, con l’asfalto che emana un miraggio degno del deserto del Sahara. Chi sceglie questi nomi da tragedia greca per un fenomeno meteorologico? Perché ogni estate pare una guerra tra divinità mitologiche e gironi danteschi, un kolossal di cui siamo protagonisti involontari? E soprattutto: esiste una via di salvezza da questo copione che si ripete?

I nomi non piovono dal cielo. Anzi, ci bruciano

La prima, fondamentale verità da sapere è che i nomi delle ondate di caldo non arrivano da enti meteorologici ufficiali e accreditati. Nessun climatologo del CNR, nessun colonnello dell’Aeronautica Militare, né tantomeno un esperto di istituti europei come l’ECMWF, si è mai riunito in una stanza per deliberare: “Sì, chiamiamolo Nerone, così fa più scena e la gente capisce che non si scherza”.

Questa pratica non ha alcuna validità scientifica ufficiale.

A introdurre questa abitudine, ormai consolidata, sono stati alcuni operatori privati e portali web del settore meteo.

Nel tempo hanno creato una vera e propria “tradizione” estiva, un appuntamento fisso per il pubblico: battezzare ogni ondata di calore con un nome evocativo, spesso e volentieri pescato a piene mani dall’Inferno dantesco o dalla mitologia classica.

Ma perché proprio Lucifero, Caronte, Minosse?

La risposta è semplice e affonda le radici nelle strategie di comunicazione: per comunicare con forza e immediatezza un evento che, altrimenti, rischierebbe di passare inosservato nella sua reale gravità. Un bollettino che parla di “aumento della geopotenziale a 500 hPa” non attira l’attenzione quanto un titolo che urla “Arriva Lucifero!”. Il primo è scientificamente corretto, il secondo è una notizia.

Lucifero evoca il fuoco eterno, Caronte ci traghetta negli inferi e Nerone è storicamente associato a un certo gusto per l’incendio. La scelta di questi nomi ha un intento narrativo: creare un immaginario estivo forte, una saga con “cattivi” ricorrenti, in grado di catturare l’attenzione del pubblico e generare click e condivisioni.

Non mancano nomi più recenti e meno minacciosi ma ugualmente d’effetto, come Pluto, scelto per indicare l’anticiclone africano che ha portato uno dei primi veri picchi di caldo.

In Puglia, tra metà e fine giugno, Pluto ha fatto registrare punte fino a 42 gradi, portando con sé non solo un carico di afa insopportabile e bollini rossi del Ministero della Salute, ma anche un’infinità di meme social, quasi a esorcizzare il disagio collettivo.

Chi dà davvero i nomi? E chi no?

È fondamentale fare una distinzione netta. Nel caso di tempeste, uragani e cicloni, la nomina segue criteri precisi, stabiliti e condivisi a livello internazionale (come fa il National Hurricane Center negli USA) o europeo (il gruppo EUMETNET). Ogni stagione viene stilato un elenco di nomi, alternando maschili e femminili in ordine alfabetico. Le ondate di caldo, invece, non rientrano in queste casistiche: sono fenomeni diversi, più lenti, estesi e con confini meno netti, per cui non esiste un protocollo ufficiale per il loro battesimo.

Proprio per questo vuoto normativo, alcuni canali di comunicazione meteo decidono di assegnare nomi in autonomia, con il chiaro scopo di rendere più accessibile e immediata la narrazione meteorologica, trasformando un dato tecnico in una storia.

Caldo vero o suggestione amplificata?

Qui sta il punto cruciale. Dietro a un nome evocativo può nascondersi tanto un reale pericolo per la salute pubblica quanto una percezione amplificata, quasi un’isteria mediatica. Alcune ondate di caldo sono realmente estreme e pericolose, ma non sempre un nome drammatico corrisponde a un evento oggettivamente più intenso di altri. Il rischio è quello della sovraesposizione comunicativa, o “effetto al lupo al lupo”: se ogni ondata è “infernale”, si rischia di perdere la misura e abbassare la guardia di fronte a quelle davvero eccezionali, o magari più silenziose ma insidiose per la loro durata.

E allora, come sopravvivere all’apocalisse annunciata?

Senza pretendere di combattere Lucifero con una granita al limone, qualche consiglio pratico, basato sul buon senso, c’è:

1. Non fidarti solo del nome. Controlla i dati reali: temperature massime e minime, tasso di umidità, durata del fenomeno. Il sensazionalismo non aiuta a proteggersi.

2. Evita le ore centrali del giorno. Non è un consiglio da nonna, è pura scienza della sopravvivenza. Tra le 11 e le 18, il sole picchia e l’asfaltocuoce.

3. Bevi tantissimo, anche senza sete. Quando senti lo stimolo della sete, sei già leggermente disidratato. No, la birra ghiacciata non vale come idratazione, anzi, l’alcol disidrata. Acqua, acqua e ancora acqua.

4. Cerca luoghi freschi o ombreggiati. Non tutti possono permettersi l’aria condizionata, ma un ventilatore, panni bagnati su polsi e fronte o una visita a un centro commerciale o una biblioteca possono fare ladifferenza.

5. Segui fonti affidabili. Un bollettino della Protezione Civile o dell’Arpa della tua regione vale più di mille nomi altisonanti. Forniscono dati, non storytelling.

Bonus track: i prossimi nomi? Li suggeriamo noi

In attesa della prossima ondata, ecco qualche nome che potremmo proporre per rendere l’idea:

• Titanic: Per quel senso di ineluttabilità mentre ci sciogliamolentamente.

• Drago: Perché almeno ha un che di fantasy e sputa fuoco.

• Scirokkko con tre k: Per quelli che vogliono solo il vento caldo e Instagrammabile.

• Fritto Misto: Perché rende perfettamente l’idea della sensazione sulla pelle.

Nel dubbio, che si chiami Lucifero, Pluto o Fritto Misto, l’estate va affrontata con ironia, tanto buon senso e un litro d’acqua sempre a portata di mano.

SAPEVI CHE...

La “temperatura percepita” non è solo una sensazione ma una misura scientifica che spiega perché a volte il caldo ci sembra insopportabile.  

Tiene conto di fattori cruciali come umidità e vento, che modificano il modo in cui il nostro corpo gestisce il calore. 

Il nostro principale sistema di raffreddamento è la sudorazione: quando l’aria è carica di alta umidità, il sudore non evapora e intrappola il calore e noi percepiamo una temperatura di 38 gradi anche se il termometro ne segna “solo” 33.

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