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Il commercialista
11 Ottobre 2023 - 06:58
Un lido balneare
È ancora e nuovamente scontro con l’Unione Europea sul tema delle concessioni balneari, che a dire il vero tiene sotto scacco il nostro Paese dai tempi del Governo Conte II e dalla introduzione della proposta del PNRR a sostegno dei Paesi UE del dopo COVID.
Tanto per chiarirsi immediatamente la questione si sintetizza in questi termini; il sistema di funzionamento normativo che investe il rapporto tra Unione Europea e Paesi aderenti non ha quasi mai termini di obbligatorietà. Questo significa prioritariamente che quando l’Unione Europea detta delle condizioni normative e regolamentari, queste poi devono essere recepite dagli Stati membri secondo una procedura di armonizzazione. L’Italia, ma non solo, su questo tema ha spesso presentato aspetti di vulnerabilità e lentezza perché il suo sistema di funzionamento non sempre coincide automaticamente con quello comunitario, in particolare con riferimento a questioni legate alla concorrenza. Per accelerare l’armonizzazione tra Stati di regolamenti messi in campo da molti anni ma mai completamente attuati, la Commissione Europea e i Paesi Membri hanno sottolineato che l’accesso ai fondi del PNRR sarebbe stato vincolato allo sblocco di questioni normative rimaste appunto in sospeso per molti anni e senza soluzione. Tra queste questioni c’è in Italia il tema delle concessioni balneari e quello della liberalizzazione delle licenze per il trasporto di persone attraverso i taxi.
Sono due dei tanti temi sul campo e sono anche quelli di maggiore discussione pubblica. Il Governo Meloni, a valle di questo iter iniziato alcuni anni fa, ha convocato un tavolo tecnico lo scorso mese di maggio con la finalità di gestire il difficile rapporto tra le tensioni sollevate dagli operatori e quelle generate dalla Commissione Europea. Nel mezzo c’è la famosa direttiva Bolkestein che esiste dagli anni ’90 ormai e che chiede una più ampia liberalizzazione dei servizi economici in tutta l’Europa. Il tavolo tecnico convocato dal Governo arriva a queste conclusioni di massima: se è vero che solo il 33% delle zone balneari italiane è affidato in concessione, contro un restante 67% libero alla fruizione pubblica, non ci sarebbero elementi tali da certificare scarsità nella disponibilità di aree e concessioni e quindi la normativa Bolkenstein non andrebbe applicata. Il dato con cui si conclude il lavoro del tavolo tecnico a Palazzo Chigi è per le associazioni balneari la conferma che la risorsa naturale disponibile non è scarsa, e quindi non si applica a questo settore la direttiva Bolkestein. Questo è il risultato del lavoro della commissione di studio. Restano tuttavia in campo le regole Ue che costringono a nuove gare, dal 2024 secondo le ultime decisioni del Consiglio di Stato, o dopo il 2024 secondo il rinvio previsto dal decreto Milleproroghe. La questione resta perciò tutta ancora da discutere ma sembrerebbe che il Governo voglia partire da questo punto di osservazione per avviare una discussione con la Unione Europea.
Intanto sono le stesse associazioni dei balneari a chiedere la prosecuzione del tavolo per la mappatura delle coste e dei laghi e fiumi. Il lavoro del tavolo di approfondimento è già previsto dal decreto Milleproroghe e continuerà fino al 31 dicembre 2024. La strategia sarà dunque la seguente: verificare la quantità di spiagge già occupate e di quelle che ancora possono essere date in concessione. Il 67% delle spiagge può essere teoricamente oggetto di nuove concessioni, a fronte di un 33% che è già oggetto di titoli o di domande in corso. E questi sono i numeri chiave che saranno giocati a Bruxelles come carta estrema per evitare di mettere a gara tutte le concessioni, limitando le procedure solo ai tratti di costa liberi. A quel punto le concessioni già in essere, secondo i parlamentari della maggioranza che sostengono le posizioni dei balneari, potrebbero essere prorogate. È una tesi ardita alla luce dei precedenti della direttiva Bolkestein e non c’è piena condivisione nel governo.
I lavori sono partiti dall’acquisizione dei dati relativi ai rapporti concessori in essere e alla quantità e qualità delle risorse demaniali marittime, lacuali e fluviali disponibili. Successivamente, si è passati alla definizione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale sia di quello disaggregato a livello regionale e della rilevanza economica transfrontaliera. Restano ancora da discutere le posizioni della Corte di Giustizia UE che nella causa C-348/22 sul tema delle concessioni balneari ha chiarito che le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. I giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse.
Francesco Andrea Falcone
Dottore Commercialista - Revisore Legale
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