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Il processo

Ambiente Svenduto, a settembre la decisione sul trasferimento a Potenza

Nuova udienza in appello

Il processo Ambiente Svenduto

Il processo Ambiente Svenduto

Si conoscerà a settembre la decisione della Corte d'assise d'appello di Taranto (sezione distaccata di Lecce) sulla richiesta della difesa di trasferire a Potenza il processo sul presunto disastro ambientale dell'ex Ilva. Quella tenutasi venerdì 28 giugno nell'aula bunker della vecchia sede della Corte d'appello è stata l'ultima udienza prima della pausa estiva in quanto la prossima in calendario non ci sarà per lo sciopero degli avvocati penalisti. Dopo l'intervento di alcuni difensori delle parti civili, il presidente Antonio Del Coco (a latere il giudice togato Ugo Bassi e sei giudici popolari) ha aggiornato il processo a venerdì 13 settembre.

I legali della famiglia Riva e di altri imputati hanno riproposto l’eccezione di incompetenza funzionale e quindi l'istanza di trasferimento del processo a Potenza, sede giudiziaria competente per le decisioni riguardanti i magistrati del distretto della Corte d'appello di Lecce, fra i quali anche quelli di Taranto.

L'istanza è basata sul presupposto secondo il quale i giudici tarantini non avrebbero la serenità necessaria in quanto potenziali parti lese in relazione al danno ambientale e sanitario attribuito al Siderurgico. La Procura generale ha chiesto il rigetto.

Su questa eccezione come su tutte le altre presentate dall'agguerrito collegio difensivo la decisione della Corte prevista il 12 luglio è rinviata a settembre.

Il maxi processo ruota intorno ai reati ambientali dell'Ilva gestione Riva a partire dal 1995 (inizio della privatizzazione) fino al 2012, anno del sequestro dell'area a caldo dello stabilimento. Quaranta gli imputati dei quali 37 persone fisiche dopo i recenti decessi di due imputati. Diversi imputati compaiono nel processo, pur essendo prescritto il reato a loro contestato, in quanto hanno impugnato le provvisionali di 5.000 euro in favore delle oltre 1500 parti civili concesse dal verdetto di primo grado. La Corte, nella seconda udienza, ha sospeso l'esecutività del pagamento.

Il processo, in cui sono coinvolti complessivamente 42 imputati, dei quali 39 persone fisiche e tre società, ruota intorno al presunto disastro ambientale doloso provocato dall'Ilva gestione Riva.

Le ipotesi accusatorie più pesanti, disastro ambientale doloso e avvelenamento di sostanze alimentari, gravano sui fratelli Fabio e Nicola Riva condannati in primo grado rispettivamente a 22 e a 20 anni di reclusione. Altre condanne pesanti sono state inflitte ai massimi dirigenti fra i quali gli ex direttori generali Luigi Capogrosso e Salvatore De Felice. Sotto accusa sono finiti anche esponenti di primo piano del mondo politico pugliese fra i quali l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e l’ex presidente della Provincia Gianni Florido. I rispettivi difensori hanno impugnato la sentenza di primo grado nel tentativo di ribaltarla.

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