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Il commento

Il caso Bari, l'etica e lo specchio tarantino

Al collasso un sistema fondato su appartenenze prive di confini politico-culturali

Ha ragione il presidente di Kyma Ambiente-Amiu, Giampiero Mancarelli, ad invocare un ritorno al rigore morale del Partito Democratico. Perché il Pd è politicamente corresponsabile della deflagrazione di un sistema che ha rotto gli argini delle appartenenze a valori politico-culturali per tracimare in una indistinta melassa dove ogni scelta di campo è ammessa a prescindere, a patto che sia funzionale al mantenimento del potere fine a sé stesso.

I fatti di Bari rischiano far calare il sipario su vent’anni di regno ininterrotto: è l’impero che collassa, vittima della propria spregiudicatezza politica che, da quel che emerge dalle inchieste in corso, ha prodotto fenomeni che travalicano l’ambito politico per sfociare in quello giudiziario.

Siamo di fronte a questioni che hanno come proprio fondamento culturale la caduta di etica e persino di pudore, il disprezzo per il valore civico della politica. Ma la risposta a questo andazzo non può certo essere il quadro che da un po’ di tempo va emergendo anche a Taranto. In proporzione minuscola, Taranto dal canto suo è lo specchio del metodo trasformistico che è stato il collante di un certo sistema di potere che si è radicalizzato in Puglia particolarmente negli ultimi anni. Essersi sganciati dal Pd o esserne stati cacciati, non è quindi una nota di merito ma esattamente la conferma del tentativo di governare facendo a meno di precisi confini politico-culturali. L’amministrazione guidata dal sindaco Rinaldo Melucci oggi si regge su sconcertanti dimostrazioni di trasformismo.

L’assessore Cosimo Ciraci, il consigliere comunale Adriano Tribbia e, ultimo arrivato in ordine di tempo, Luigi Abbate, provengono dall’esperienza di At6, il movimento politico di Giancarlo Cito. Certo, Abbate oggi rappresenta un caso a sé per il suo acrobatico passaggio nelle fila della maggioranza, ma le altre presenze provenienti dalla destra citiana erano state abbracciate da quello stesso Pd del quale, almeno a quei tempi, Mancarelli si sentiva orgogliosamente parte. Senza dire che della precedente e della attuale maggioranza facevano e, ora in misura minore, fanno ancora parte consiglieri che in passato erano seduti tra i banchi dello schieramento che sosteneva Rossana Di Bello, il sindaco demonizzato dalla sinistra per le vicende del dissesto. Nè si contano più, oltretutto, i continui riposizionamenti calcolati solo in funzione delle proprie rendite politiche personali senza mai offrire agli elettori alcuna motivazione, per cui non resta che concludere che l’unica spinta autentica dei riposizionamenti sia stata quella di garantirsi sopravvivenza e strapuntini. C’è un’etica di fondo ad essere assente e nessuno può sentirsi assolto solo perché oggi ci si ritrova al di fuori del Pd e dall’orbita di Michele Emiliano.

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