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L’omicidio di Giogiò
20 Marzo 2024 - 17:32
Lo “strumento”, uno difficile, l’altro facile. Il corno che Giovanbattista Cutolo aveva imparato a suonare per dare un senso alla sua vita, la pistola calibro 6,35 che rendeva spavaldo chi ha posto fine alla sua vita.
La notte del 31 agosto dell’anno scorso, per festeggiare un compleanno, il musicista dell’orchestra Scarlatti Young, con alcuni amici aveva raggiunto un pub di piazza Municipio. All’alba rimase coinvolto in un litigio con alcuni giovanissimi. Giogiò era intervenuto in difesa dell’amico che avevano preso di mira. Fu colpito da tre colpi di pistola. L’assassino, al momento del litigio, si trovava in disparte. Poi improvvisamente si è avvicinato tirando fuori una pistola: nelle immagini riprese dalle telecamere si vede che spara i primi due colpi e poi, da più vicino, il terzo, quello mortale, alla schiena.
Giogiò con il suo corno è l’emblema dei ragazzi che hanno studiato, che lavorano per mantenersi, che hanno sogni, che non hanno famiglie ricche alle spalle, ma che hanno saputo educarli alla dignità e non alla cultura del sopruso e della violenza. Per i napoletani il corno è un amuleto di bonaria tradizione, da quella notte è lo strumento musicale che tesse in orchestra le armonie e da solista affascina con la sua voce, come certe persone che poco si notano ma se le hai ascoltate, vorresti risentirle.
A quello strumento molto complesso, meno popolare della chitarra, del pianoforte o della batteria, aveva dedicato gran parte dei suoi ventiquattro anni che gli ha concesso il balordo che lo ha ucciso
Suonava nella Nuova Scarlatti e lo chiamavano dall’orchestra sinfonica di Sanremo. Quello strumento che scelgono in pochi gli restituiva soddisfazioni. Pensava che gli offrisse più opportunità professionali del pianoforte, una carriera brillante era già cominciata, ma lo strumento facile di un balordo ha voluto fermarla…
La 6,35 è una pistola occultabile nei jeans. Sul mercato clandestino costa pochissimo. Per poterla maneggiare bastano pochi minuti. Ad un balordo non servono le tecniche del conflitto a fuoco. Se usa l’arma a pochi metri dal bersaglio non può mancarlo, non è necessaria nessuna abilità: impugni, spari e ammazzi.
Il Tribunale lo ha condannato a 20 anni di reclusione accogliendo le richieste del Pubblico Ministero.
Daniela Di Maggio, madre di Giovanbattista Cutolo, considera la sentenza “un segnale potente per tutta la società civile”, che scrive “una pagina di storia” e deve rappresentare “la rivoluzione di Giogiò, se aiuterà gli altri. Deve rappresentare una Napoli giusta, una Napoli della legalità, una Napoli aristocratica che credo incarniamo io e mio figlio”.
Dentro questa storia emerge il disagio economico e sociale, la cultura delinquenziale radicata, la povertà educativa, la mancanza di empatia, d’incapacità di gestione delle relazioni umane, anche per la diffusione del virtuale e dei social, fattori che alimentano violenza e prevaricazione.
La sentenza non ripaga il dolore, ma il ricordo di Gigiò deve restare per sempre viva nelle generazioni future come esempio di moralità e rettitudine e per ispirare ai valori della non violenza, del rispetto della persona umana, della convivenza civile e dell’educazione alla legalità. Gaetano Manfredi gli vorrebbe intotolare "La Casa della socialità" del Vomero. Un segnale importante che servirà a ricordarlo, ma dovrebbe servire anche a chi, se non si riabilita, dopo aver scontato la pena, tornerà a delinquere, a uccidere di nuovo...
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Testata: Buonasera
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