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Il caso

A testa in giù

I social e la scomparsa dell'etica istituzionale

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Il presidente di una importante istituzione museale che pubblica su un proprio profilo social l’immagine del Presidente del Consiglio a testa in giù, in linea con quella sinistra iconografia che evoca Piazzale Loreto, meriterebbe di essere rimosso per la propria sventatezza prima ancora che per il fatto in sé. È del tutto evidente che in un gesto così superficiale e inutilmente violento siano assenti l’etica istituzionale e la consapevolezza della responsabilità del ruolo ricoperto, a tutto vantaggio di un malato e deleterio protagonismo “social”. Purtroppo, da sinistra a destra, questo fenomeno è tragicamente trasversale e non è più un patrimonio esclusivo delle legioni di imbecilli a cui faceva riferimento Umberto Eco. Ormai si tratta di un virus che ha infettato anche la classe dirigente di questo Paese.

A livelli decisamente più bassi lo abbiamo sperimentato pure a Taranto nelle scorse settimane con i post ingiuriosi di un assessore e di un consigliere comunale. Comportamenti, questi, che avrebbero meritato una censura pubblica da parte del sindaco. Sarebbe stato un apprezzabile atto di civiltà, ma è stato sperare troppo.

Anche da questi episodi si misura l’autorevolezza o, al contrario, l’inadeguatezza a ricoprire ruoli istituzionali. Del resto, basta sfogliare un po’ i social per verificare come anche chi ha un ruolo nelle istituzioni si tuffi o si lasci risucchiare nelle zuffe imbarazzanti che si sprigionano nelle piazze virtuali (ma il discorso può essere esteso agevolmente anche al di là di questi confini). Si è così completamente smarrita quell’aura di autorevolezza che un tempo ammantava le istituzioni e per le quali si finiva per nutrire un naturale senso di rispetto. 

Oggi, dalla politica alla scuola, questa autorevolezza non esiste più e anche chi dovrebbe essere un faro educativo e riferimento culturale finisce per annientarsi in questa indifferenziata discarica di sguaiatezze. O forse dovremmo arrenderci all’idea che proprio da quelle “legioni di imbecilli” sia affiorata una buona parte della nuova classe dirigente.                  

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