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L'analisi
05 Dicembre 2023 - 10:32
Per Giulia, per le rivoluzionarie dell'Iran, per tutte le donne del mondo
La straordinaria manifestazione delle donne che ha riempito tutte le piazze d’Italia, parla di un risveglio della coscienza femminile da più di trent’anni in sonno.
Un brusco risveglio per le più giovani, convinte di aver ormai da tempo acquisito piena cittadinanza e diritti inalienabili grazie alle lotte che avevano impegnato nonne e madri negli anni Settanta. All’epoca era stata una rivoluzione, l’unica vera rivoluzione – come viene riconosciuto dagli storici di tutto il mondo - frutto della generale mobilitazione percorsa da anacronistici richiami rivoluzionari, iniziata negli anni Sessanta, culminata nel ’68 e proseguita per tutto il decennio successivo. Una rivoluzione democratica che aveva fatto avanzare l’intera società italiana, liberandola da mentalità e codici fascisti, ancora in vigore dopo più di trent’anni dalla fine del fascismo. Si era però dimenticato che la democrazia è un bene prezioso, da coltivare, da far crescere e soprattutto da non dare mai per scontato.
Il movimento femminista di quel periodo era stato però solo una tappa nel lungo percorso per la liberazione delle donne, a oggi ancora lontano da un traguardo finale, se mai ci sarà; perché a questo traguardo si può arrivare solo se tutte le donne del mondo saranno pienamente coscienti della propria identità, di quali e quanti diritti e le libertà sono loro negati, di quanto oppressivo sia ovunque il patriarcato, di quante umiliazioni, discriminazioni e ferite l’universo dei maschi infligge, senza nessuna consapevolezza o con piena consapevolezza di assolvere un ruolo e un dovere divino. Per non parlare, poi, degli oltraggi, delle violenze fisiche e psicologiche, di quell’ormai quotidiano femminicidio culminato qualche giorno fa nell’assassinio di Giulia Cecchettin, neppure l’ultimo della lunga serie di omicidi. La morte di Giulia ha fatto da detonatore all’esplosione di una rabbia per la vita distrutta di tante donne che non si era ancora manifestata con questa forza, anche se in ritardo.
Avremmo voluto che questa mobilitazione di migliaia e migliaia di donne in onore di Giulia, fosse dedicata anche alla rivoluzione femminista in atto in Iran dove da un anno il regime teocratico compie una strage quotidiana contro chi osa ribellarsi ai dictat del corano, secondo l’interpretazione degli yathollah. Polizia e gli speciali corpi di guardie islamiche del buon costume hanno ferito e ucciso migliaia e migliaia di donne sulle piazze e nelle carceri dove subiscono violenze e stupri. Tale è la portata del massacro e tale la determinazione delle donne, decise nonostante tutto a continuare la loro lotta, da guadagnarsi finalmente il rispetto e l’ammirazione degli uomini, alla fine accorsi al loro fianco. Sono loro a mostrare agli uomini che la democrazia è l’unica strada per garantirsi la vita e la dignità di esseri umani liberi; sono loro la punta di diamante per far crescere la democrazia in un mondo dove gli Stati democratici sono una minoranza.
È indispensabile far arrivare alle iraniane e ai loro compagni in rivolta tutta la solidarietà possibile delle donne che hanno il privilegio di vivere in democrazia. Per quanto esposte alla violenza dei maschi, in teoria le leggi degli Stati democratici le proteggono colpendo gli assassini, gli stupratori, i molestatori, anche se non bastano a impedire i delitti e a cambiare mentalità e comportamenti padronali.
Proprio questo privilegio deve spingerle a guardare oltre i nostri confini, tanto più che in questo mondo messo a ferro e a fuoco dai conflitti tra le potenze, sappiamo bene che ovunque e in ogni epoca storica, le vittime principali sono proprio le donne, trofei di guerra da stuprare quale ricompensa del vincitore o, magari, da ingravidare per umiliare il nemico negli scontri etnici o religiosi.
Lo sanno bene proprio oggi le donne palestinesi e israeliane, così come patiscono di nuovo sotto il dominio dei mujaheddin le donne afghane che si erano illuse di aver trovato un po’ di libertà e diritti. Né possiamo dimenticare a quali violenze e mutilazioni sono sottoposte le donne là dove prevalgono ancora costumi tribali. Tutte loro hanno bisogno della solidarietà femminista; tutte loro sono Giulia Cecchettin.
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