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Una società traumatizzata

GAZA: UNA CITTA’ FANTASMA

GAZA: UNA CITTA’ FANTASMA

Sembra un paesaggio lunare. Gaza è diventata un posto spaventoso, pieno di ricordi di morte e distruzione.

Quando la guerra sarà finita resterà inabitabile.

L’azione militare israeliana ha cancellato interi quartieri: case, scuole, ospedali, colpiti da aerei e carri armati. Gli edifici sono gusci malconci. Sotto le macerie giacciono i morti. Quanti… Un milione di palestinesi sono fuggiti dal nord e l’esercito israeliano intima di non tornare finché la distruzione non sarà completata. Quando sarà finita, le famiglie palestinesi sfollate, faranno i conti con il loro incerto futuro. Dove vivranno? Chi governerà Gaza, raccogliendone le macerie?

L’uso di potenti esplosivi in aree residenziali fitte, che Israele descrive come inevitabile, ha ucciso oltre 13.000 palestinesi e portato a una distruzione sconcertante. Il bombardamento di Israele è diventato una delle campagne aeree più intense dalla Seconda Guerra Mondiale. Nelle settimane successive all’attacco di Hamas del 7 ottobre, si è consumata una reazione che l’ONU descrive come la campagna urbana più mortale dalla Seconda Guerra Mondiale. Il nord di Gaza è stato trasformato in una grande città fantasma: in tutta l’enclave, oltre 41.000 case, il 45% del patrimonio abitativo di Gaza, sono state distrutte. La guerra ha messo fuori servizio 27 dei 35 ospedali di Gaza. La distruzione di altre infrastrutture critiche avrà conseguenze per gli anni a venire. Sono stati distrutti panifici, mulini per cereali, strutture agricole, idriche e igienico-sanitarie. Servono più di quattro mura e un soffitto, affinché un luogo sia abitabile. 1,7 milioni di palestinesi una casa non ce l’hanno più. Si finirà per avere sfollati che vivranno nelle tende per molto tempo. Il resto quasi certamente sarà compiuto dalle epidemie causate da una situazione igienica e sanitarie estrema.

Quattro giorni, per quanto rappresentino un risultato diplomatico importante, non sono sufficienti.

Benyamin Netanyahu ha detto che la guerra continuerà fino alla distruzione di Hamas, ma il rischio, forse calcolato, è che in questa nakba Hamas si radichi ulteriormente. Come del resto è avvenuto nel recente passato. La guerra tra Israele e Hamas del 2014 rase al suolo Shijaiyah, trasformando il quartiere in campi di inerti, grigie macerie. Lo sforzo di ricostruzione da 5 miliardi di dollari lì e in tutta Gaza è  rimasto incompiuto.

Questa volta la portata della distruzione è esponenzialmente più alta. Non è ancora chiaro chi si assumerà la responsabilità di tale compito. Al recente vertice sulla sicurezza in Bahrein, il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha promesso che gli stati arabi non “verranno a sistemare il caos dopo Israele”. I funzionari americani sostengono lo scenario apparentemente improbabile che l’Autorità Palestinese, con sede in Cisgiordania, prenda il controllo della Striscia. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas, considerato debole da molti palestinesi, ha respinto questa idea in assenza di sforzi israeliani verso una soluzione a due Stati. Ma i palestinesi sostengono che non sono solo le infrastrutture distrutte ad aver bisogno di essere ricostruite, ma anche una società traumatizzata.

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