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L'intervento

Violenza sulle donne, perché il problema è il patriarcato

Il dibattito dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin, picchiata e uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta

Mi è stata posta la domanda se l’ennesimo efferato femminicidio di Giulia Cecchettin fosse un problema del  patriarcato o semplicemente di educazione sentimentale affinché le relazioni umane non si basino più sul possesso. Qual è la relazione tra femminicidi e patriarcato, quale la realizzazione di una società matriarcale e femminista? Anzitutto il femminismo non è una questione legata al genere, esistono donne e uomini femministi, tantomeno riferibile all’orientamento sessuale.

Purtroppo diffusamente nel mondo le società sono strutturate dalla legge, mai velata, del più forte. Forza economica, fisica, militare hanno permeato la storia del mondo così come lo conosciamo oggi, diffondendo l’idea che tutto è possibile. È  possibile sopprimere una discordanza di pensiero, persino ridurre a sé, con il denaro o con la violenza, ed è per questo che  oggi è tollerabile uccidere. Il mondo, mentre scrivo, tiene a conto se ci sono più morti palestinesi o israeliani e la cosa mi inorridisce, se la donna si è fidata troppo del suo assassino e la cosa mi lascia sgomenta. Domande che mostrano l’aberrazione di qualsiasi senso dell’umanità.

La legge del più forte è autoescludente, non accetta nulla al di fuori di sé, non accetta l’alterità, uccide ogni aspirazione di libertà. Quotidianamente ogni persona è bombardata da questo tipo di messaggi di omologazione distruttiva. È un sistema che si autoalimenta con una profusione di immagini, pubblicità, modelli, schemi. La forza è l’unico strumento utile che consente di essere vittoriosi, determina l’unica strada possibile per raggiungere i propri desideri e obiettivi, la forza come unico metodo di relazione e di contrattazione. Chi rifiuta questo modello, chi crede nella solidarietà e nel potere delle relazioni basate sul rispetto della diversità dell’altro viene automaticamente classificato come debole e fragile. 

Si insinua l’affascinante idea, ovviamente falsa, di espansione del proprio io che porta alla piena soddisfazione esistenziale attraverso l’esercizio del potere sull’altro, sugli altri, addirittura talvolta su interi popoli. E questa idea è la scappatoia più semplice per costruirsi un’identità, sicuramente priva di contenuti, una collocazione sociale, finchè dura, perché sei riconosciuto nell’apparenza, perché appartenente alla famiglia dei possessori. E l’illusione di potersi realizzare attraverso questo metodo diventa sistematicamente l’ennesima prigione della frustrazione, sentendosi sempre insoddisfatti.

Ecco perché il problema è la società patriarcale, perché utilizza il possesso.

Le prime vittime sono le donne perché spesso valutate pericolose per il pensiero divergente e creativo, per la potenza generatrice materna, per l’estenuante battaglia per un processo di autodeterminazione e libertà dopo secoli di subalternità. Secoli di persecuzioni, lotte fatte di silenzi, di sfruttamento, di vessazioni, di violenze. Ma le donne restano pericolose perché non si arrendono mai, non si lasciano intimorire. Le donne sono resistenti, sono disposte persino a morire per un mondo di pace basato sulla condivisione, sull’uguaglianza, sul rispetto dell’altro. Nel messaggio che arriva dall’Iran credo ci sia molto di piu’ di un semplice slogan, “donna vita libertà” è potente quanto “libertà, uguaglianza, fraternità”. Pertanto non ce ne facciamo nulla di donne  e uomini che viceversa utilizzano e si impossessano del modello patriarcale. Sono complici, si confondono, sono pedine al servizio. 

Sono convinta che bisogna riappropriarsi del senso del limite, e capire che la propria identità non si qualifica dalla soppressione dell’altro ma esattamente dall’opposto, dal suo riconoscimento e tanto più saremo capaci di fare questo tanto più saremo potenti, donne e uomini in ugual misura. Perché oggi la vera potenza è ribellarsi al modello imposto.

Quindi com’è una società matriarcale? È una società in cui tutte e tutti hanno il diritto di esistere nelle proprie diversità, è il diritto alla pace. Costruire un nuovo mondo, più giusto per tutte tutti, è  processo culturale lungo e che porterà ancora dolore, ma occorre farlo. È il tempo della cura e della pace.

Francesca Irpinia

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