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Poesia

Una tarantina in finale al prestigioso Premio Zingarelli

Maria Rosaria Intermite con "Forse, Domani"

Una tarantina al Premio Zingarelli

Una tarantina al Premio Zingarelli

L’autorevole Giuria del Premio Letterario “Nicola Zingarelli”, presieduta dall’Accademica della Crusca prof.ssa Gabriella Alfieri ha reso nota la decina finale della Sezione Poesia inedita. E tra i nomi si impone all’attenzione la scrittrice tarantina Maria Rosaria Intermite, con la sua lirica ‘Forse, domani’, di 106 versi. In essa il racconto delle relazioni umane, del loro infrangersi tra i flutti della cattiveria, della frustrazione e della disillusione verso il futuro.

Maria Rosaria Intermite

Un racconto che inizia, nella notte antecedente il Santo Natale, tra le vie del Borgo e in un locale di Porta Napoli a Taranto. Un evento rock, una degustazione di prodotti tipici e una sbiadita luce a neon che augura un ‘Buon Natale’. E sbiaditi sono anche gli sguardi che si incontrano, si incrociano sino ad intrecciarsi senza mai accogliersi. Magari si infiammano di rabbia e di rancore. Solo l’alcool e l’egoismo sono i compagni di viaggio della serata dei protagonisti, tutti ‘figli del lavoro/ e di una società che genera, dimentica/ e abbruttisce. Tutti uguali, tutti muniti /di identici diritti. Eppure privati /della umana dignità’ [ estratto dalla poesia]. Il lavoro mal pagato, lo sfruttamento della persona, la perdita della dignità e di ogni senso di umanità sono le tematiche che sottendono la lirica, nella ricerca di una risposta che va al di là della fredda concretezza. La risposta è nella festa del Natale, nella immanenza corporale assunta da una Entità trascendente eppure piccola e umile. Una umiltà che si abbraccia con l’essenziale del racconto quotidiano e la forza di un incontro. Lo sguardo della poetessa incontra quello di un’altra anima, di un’altra storia, di una intesa che nasce improvvisa e inattesa. Raccolti i pensieri e rifugiatisi in un angolo, il soliloquio diventa un dialogo, un incontro tra sentimenti, parole e anime, ‘come fossimo foglie sfuggite all’autunno,/ ancora tenaci al richiamo della vita,/accaniti a restare nel grembo/ della Madre Terra,/ del suo virgineo amore’ [estratto dalla poesia]. La piccolezza delle cose davvero importanti e la fragilità degli attimi spingono lei ad avvicinarsi ad uno slancio d’amore e di stupore che riaccende la voglia di credere ancora. Di credere nella capacità umana di ritrovarsi, di riprendere in mano il filo sottile che sostiene il mondo, di ritornare alla solidarietà. Perché ognuno di noi è soltanto ‘un piccolo alito del Grande Respiro della Terra, /un fragile frammento di un Universo instabile/ che non può reggere né sopravvivere/ senza alcun legame solidale ’ [estratto dai versi]. E se è vero che nessuno si salva da solo, la poetessa ritrova se stessa nello sguardo curativo di quel giovane uomo. Entrambi si rendono conto di essere ‘respiri di una stessa anima,/ piccoli incastri di un mondo imperfetto. Timidi sorrisi/ della notte capaci di ancora di amarsi/ cui basta sapere che ci siamo/ l’uno accanto all’altra, ancora una volta. …tra i flutti di uno stupore ritornato ’ [estratto]. E allora sì che per essi ( almeno per essi ) è davvero Natale.

Cosa si prova ad essere tra i 10 finalisti? «Il ritrovarsi tra i dieci finalisti è già un grande onore. Sapere che, tra migliaia di versi pervenuti alla Segreteria del Premio, i miei sono chiamati a rappresentare Taranto e tutta la Puglia toglie davvero il fiato. Se qualche anno fa mi avessero raccontato tutto questo non lo avrei ritenuto possibile», dice la poetessa.  Solo sorpresa, dunque? «Anche il senso di responsabilità che la scrittura porta con sé. Ogni scrittore è una porta sull’orizzonte della società, il megafono attraverso cui devono passare le problematiche, le istanze e la voce di tanti. Di chi è indifeso, fragile o oppresso. E sempre più spesso è la voce di giovanissimi senza lavoro o troppo sfruttati, di madri che vedono i loro piccoli soffocati da un futuro che non può esistere, perché cancellato da una malattia che non perdona. E ciò che non perdona è il voler continuare a sorridere tra le caotiche vie di questo mondo».  Il suo pensiero si sposta così su un giovanissimo poeta, Lorenzo Bastelli morto a soli 13 anni, lasciando un grande insegnamento nei versi ‘Rinascita’, che mostrano una fede e una speranza oltre il buio incontrastato che a volte il mondo sa soltanto donare. Proprio alla voce più sommessa della città, alle ombre che la tacitano e alle sconfitte dell’umano rispetto alle prepotenze Maria Rosaria Intermite aveva dedicato la Silloge “I mille volti delle ombre” che appena un anno fa le era valso il titolo di Alfiere dell’Arte e della Pesia, da parte della Accademia dei Bronzi, un riconoscimento riservato agli artisti e ai poeti che quotidianamente diffondono la cultura italiana nel mondo. Una silloge che può finalmente raggiunge un pubblico più ampio di lettori, grazie alla distribuzione in libreria di un nuovo ampio numero di copie. L’attenzione alla Bellezza ricorda qualcos’altro... «La ricerca della bellezza era stato il leitmotiv del mio romanzo, molto apprezzato dalla critica, “Cuore di Pellicano”», risponde sorridendo. Ancora una volta era la città di Taranto lo sfondo della Narrazione. Una Taranto però storica, quella del 1860, in cui si muove la protagonista Donna Caterina.

Qual è la differenza tra scrivere in prosa e scrivere in poesia? «La scrittura di un romanzo rispetto a quella di una silloge non è molto diversa», precisa. «Entrambe richiedono uno studio di preparazione. Sicuramente con maggiore attenzione alle fonti d’archivio e bibliografiche per quanto riguarda un romanzo storico. Ma anche una poesia quando racconta i meccanismi perversi del vivere sociale richiede uno sforzo di raccolta delle informazioni. In entrambe, le vene passionali e sentimentali devono venire fuori. Non si può sfuggire ai baratri dell’animo o ai fantasmi che governano il cuore. Semplicemente in un romanzo lo scrittore si nasconde dietro il filtro dei personaggi. Ciò che lui percepisce è resa al pubblico come percezione di un altro, il personaggio. La poesia invece è sempre personale. Il frastuono che provoca nel cuore la potenza del mettersi a nudo sino in fondo in una poesia non è facile da spiegare. È un costante confronto con sé stessi, un guardarsi e mettersi sotto giudizio in ogni momento. Da un lato ciò permette di conoscersi in profondità, dall’altro genera una inquietudine costante che spinge verso orizzonti sconosciuti». Cosa è allora la scrittura per Maria Rosaria Intermite? «La scrittura è proprio una urgenza della inquietudine. E’ una raffinata esigenza del vivere di un essere che mai si percepisce come finito, che continua a ricercare dentro e fuori di sé, interrogandosi incessantemente. A volte si spoglia di sé per vivere altro e altrove, sino a ferirsi e provare brividi che chi è accanto non può sempre comprendere. L’inquietudine ha infatti due figlie, la complicatezza e l’empatia. Ma la complicatezza è solo apparente. Molto del vissuto di chi scrive non è immediatamente comprensibile. Tutto, ma proprio tutto, costituisce materia viva del mondo romanzato o poetico che si crea». Tra gli altri progetti di Intermite,  la seconda edizione del Romanzo Storico “Cuore di Pellicano” ed una sorta di Poesia Narrativa che insegue una forma di apoteosi costante dei sentimenti: il Romanzo Poetico “Ti cerco oltre” da pochi giorni finalmente disponibile nelle librerie fisiche e nelle librerie online. Ognuno di questi lavori avrà un ampio risalto in città con una serie di eventi che saranno annunciati a breve. A ottobre sono previsti firmacopie e letture pubbliche al Dima Book Festival di Roma sotto la direzione artistica di Cinzia Baldazzi e Andrea Lepone.   

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