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Il Siderurgico
14 Giugno 2023 - 11:30
Ex Ilva
«È paradossale che, dopo quasi cinque anni dalla firma dell’accordo del 6 settembre 2018 con cui è stato definito un preciso piano ambientale ed industriale con garanzia occupazionale, si continui a parlare di soli ammortizzatori sociali senza un briciolo di prospettiva e una gestione aziendale che fa acqua da tutte le parti. Quella sulla cassa integrazione è una discussione a cui avremmo voluto sottrarci ma nell’interesse dei lavoratori siamo stati oggi presenti nel ribadire, come abbiamo fatto da soli il 29 marzo scorso, la mancanza di presupposti per la concessione». A parlare sono Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale Uilm e segretario responsabile Uilm Taranto, a margine dell’incontro per l’esame congiunto, tenutosi presso la sede del ministero del Lavoro, per la richiesta di proroga della cassa integrazione da parte di Acciaierie d’Italia per 2.500 lavoratori dello stabilimento di Taranto.
«Dopo l’aggiornamento del tavolo del Ministero del Lavoro di oggi, il Governo rompa gli indugi e assuma l’unica decisione possibile: far rientrare a lavoro i 2.500 lavoratori» avvertono Gambardella e Sperti. «Per quanto ci riguarda l’incertezza più grande è quella sulla visione di lungo periodo – sottolineano – Se rimarranno le attuali condizioni di governance, il futuro dell’acciaieria di Taranto e di tutto il gruppo ex Ilva è segnato».
«Siamo ancora in tempo se la Presidenza del Consiglio dei Ministri assumerà, in tempi ristrettissimi, la regia per determinare il cambio di passo, in caso di diversità di vedute fra i ministeri competenti» aggiungono. «Purtroppo da tempo denunciamo inascoltati che i 680 milioni di euro concessi senza il vincolo della realizzazione di investimenti sarebbero stati sperperati, oltre a decine di milioni di euro sprecati per gli ammortizzatori sociali concessi fino ad oggi senza il recupero occupazionale, a partire dai lavoratori in Ilva AS e quelli dell’indotto» continuano. «Ad oggi continua a non esserci nessuna certezza su volumi produttivi, sui livelli occupazionali, sugli assetti produttivi, sulla ripartenza dell’AFO 5, sulla realizzazione di forni elettrici e impianto DRI» evidenziano. «Ma, ancora più grave – concludono – ci chiediamo cosa intenda fare il Governo nei confronti di un’azienda strategica, controllata dallo Stato ma sottomessa da un socio privato i cui obiettivi divergono da quelli dell’interesse nazionale. Per questi motivi continueremo a non essere complici di questo disastro sociale ed industriale”.
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