Ho letto il bel libro di Angelo Caputo su Franco Scherma edit@ editore. È un libro che si inscrive nel genere biografie ma non è un libro agiografico anche se racconta un uomo di scuola particolare che, come appunto recita il sottotitolo del volume è “un uomo fuori dal comune”. Angelo Caputo è una delle eccellenze giornalistiche della nostra città, un professionista serio, preparato, con una lunga carriera da giornalista professionista alle spalle. Angelo è figlio d’arte cresciuto a pane e giornalismo nella famiglia borghese di un giornalista. Il padre infatti è quel Nicola Caputo giornalista del Corriere del Giorno, giornale storico della nostra città, scrittore ed autore di numerosi e importanti studi sulla Settimana Santa e sulle tradizioni popolari tarantine, letture obbligate per chi vuole conoscere i riti, le tradizioni e la storia della nostra città. Io che ho avuto l’onore e il privilegio di aver conosciuto Nicola Caputo e di essere stato annoverato tra i suoi amici e che conosco il figlio devo dire che Angelo “è tutto suo padre”: stessa intelligenza della notizia, stessa cultura, stessa discrezione e garbo, stesso stile sciolto, accessibile, leggibile, stesso gusto per il racconto delle “cose tarantine”. Angelo è l’erede in tutto di suo padre. Come il padre è stato per anni uno dei giornalisti più importanti della storica emittente televisiva Videolevante, così Angelo e stato uno dei giornalisti di punta del TG di Studio 100. Memorabili le dirette televisive della processione del Venerdi Santo di Nicola su Videolevante con il suo preziosissimo, colto e documentato racconto dei riti della Settimana Santa, memorabili quelle di Angelo sulla stessa processione mandate in onda su Studio 100. Angelo ripropone in questo libro su Franco Scherma lo stile del padre, la sua cultura, la sua capacità di narrare. In questo libro ci aggiunge il suo intuito nel raccontare un personaggio non facile raccogliendo una documentazione talmente minuziosa ed esaustiva da far assomigliare questo testo più ad un libro di storia che ad una biografia giornalistica. Il libro racconta la vita di un importante personaggio della scuola tarantina seguendo le sue tracce dal suo luogo di nascita Addis Abeba, passando per Torino la città dei suoi anni universitari fino al suo definitivo approdo a Taranto come preside dell’Istituto industriale Pacinotti. E questo lo fa non attraverso un racconto anodino parente della fantasia sia pur fertile del giornalista, ma con il piglio e il tocco dello storico. La biografia che Caputo fornisce di Franco Scherma è infatti corredata da documenti, date, dati, racconti, testimonianze, foto e soprattutto è una biografia perfettamente inserita nel quadro storico delle diverse età che la lunga vita di Scherma ha attraversato. Quindi c’è l’Etiopia dell’era coloniale italiana, c’è la ricostruzione, c’è la Torino degli anni del boom economico e c’è la Taranto della crisi siderurgica degli anni ’70 e ’80 quando Scherma arriva a Taranto per aver vinto il concorso a preside negli istituti industriali primo in Italia e diventa “il preside del Pacinotti”. Con lui al Pacinotti si incomincia a respirare già da subito aria nuova. Appena arrivato propone attraverso la sua scuola soluzioni concrete e praticabili a problemi che la presenza della grande industria poneva alla città come disoccupazione, cassa integrazione, prepensionamenti, inquinamento, università necessità di nuove competenze e innovazione. Mentre la città è impegnata in uno sforzo titanico per uscire dalla sua crisi, lui dalla sua postazione lavora per la sua scuola e per la città con tenacia e determinazione alla ricerca di soluzioni concrete e praticabili. E sono idee, sperimentazioni, progetti, corsi post diploma per la creazione di nuove figure professionali: periti ambientali, tecnologi d’impresa, periti chimici fino ai progetti di valenza europea che fanno del Pacinotti una delle scuole di punta del Paese. Scherma già negli anni ’70 e ’80 parla di scuola nuova, di visione di una scuola che deve spalancare le proprie porte e aprirsi all’esterno, di tecnologia, di informatica, di telematica, una scuola che cambi registro per aprirsi al mondo esterno e del lavoro in particolare, capace di fornire agli allievi la preparazione adeguata ad affrontare concretamente le sfide del mercato del lavoro reso più difficile dalla globalizzazione, una scuola capace di fornire preparazione tecnica, conoscenza di nuove tecnologie, di nuovi sistemi informatici, di economia e di finanza. Una visione che allora era avanti rispetto alla normalità che vedeva presidi sempre con le circolari ministeriali in mano attenti solo ad eseguire ordini dal ministro e incapaci di innovare e guardare avanti. In quel momento Scherma costruisce una scuola di avanguardia e fa del Pacinotti un istituto di eccellenza. Scherma è il manager dell’”azienda” Pacinotti che in quegli anni rappresenta un’eccellenza nel panorama non solo della scuola tarantina, ma di tutta Italia come dimostrano le testimonianze e i numerosi attestati conseguiti dal Pacinotti a livello nazionale ed internazionale. Ma c’è un dopo nella vita di Scherma e Caputo sa coglierlo e lo racconta da par suo. C’è lo Scherma pensionato al quale la vita di pensionato sta stretta e si inventa nuove strade e nuovi interessi. Da preside diventa fotografo e si impadronisce della tecnica della fotografia trasformandola in vera e propria arte. Con un clik della sua piccola Nikon, Scherma è capace di fermare in un fotogramma il momento magico di un tramonto, di un’atmosfera, di un mare in burrasca o di un gabbiano in volo. I tramonti raccontati dalla macchina fotografica di Scherma non sono delle semplici fotografie, ma dei dipinti da appendere come quadri nei saloni e negli studi delle case. Ma il Nostro non si ferma qui e, complice l’età che avanza, che lo spinge alla meditazione sull’aldi là ma che soprattutto gli impedisce di inerpicarsi per scogli, alberi e palazzi, smette di fare foto e si dedica a qualcosa di meno fisicamente impegnativo, la meditazione filosofica sull’esistenza, sull’al di là, sulla morte e si inventa la teofisica cioè la via per trovare Dio attraverso la scienza. E da un fisico non ci si poteva aspettare che questo. Questo libro di Angelo Caputo quindi è certamente una biografia perché ci racconta un protagonista, ma esso è anche un tuffo nella storia passata e recente della nostra città rivissuta in controluce attraverso l’esperienza di vita di un uomo. E questo Caputo lo fa bene perché riesce a cogliere e a raccontare con grande maestria, intuito e intelligenza i vari aspetti di una vita, quella di Scherma, disegnando a tutto tondo l’immagine di un uomo diverso, particolare, poliedrico e di multiforme ingegno, un uomo appunto “fuori dal comune”.
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