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Mediterraneo e Futurismo nella ricerca dello storico dell’arte Massimo Bignardi

Da sinistra: Annalisa Adamo, Massimo Bignardi, Anna D’Elia e Giulio De Mitri

Da sinistra: Annalisa Adamo, Massimo Bignardi, Anna D’Elia e Giulio De Mitri

Presentato al Crac Puglia “Futurvesuvio. Futurismo e Futuristi in Campania (1910-1924)”, il saggio dello storico dell’arte salernitano edito da Francesco D’Amato L’identità meridionale, che affonda le sue radici nel Mediterraneo, e l’influenza della cultura campana nel Futurismo, costituiscono il fulcro tematico della ricerca intrapresa da Massimo Bignardi (Salerno, 1953) nel saggio “Futurvesuvio. Futurismo e Futuristi in Campania (1910-1924)”, pubblicato a settembre 2022 da Francesco D’Amato editore. Lo storico dell’arte e critico, già professore di Storia dell’Arte contemporanea e di Arte ambientale e Architettura del paesaggio all’Università di Siena, ha presentato il libro lo scorso 23 novembre al Crac Puglia, Centro di Ricerca dell’Arte Contemporanea, nel corso di un talk con Giulio De Mitri, artista e presidente del comitato scientifico del Crac, Anna D’Elia, storica e critica d’arte e Annalisa Adamo, presidente dell’associazione Ante Litteram. Durante l’incontro, Massimo Bignardi ha illustrato la genesi dell’opera, ricostruendo in chiave storico-critica le tappe cruciali del Futurismo campano nell’arco temporale che spazia dal 1910 al 1924. Fondamentali, nel suo percorso formativo, sono stati l’incontro con il giornalista Ugo Fruscione, zio della sua futura moglie Elisa e l’esperienza acquisita con il critico e storico dell’arte Enrico Crispolti (Roma, 1938 – Roma 2018), autore della prefazione del volume, che per Bignardi “era un amico, un padre, un maestro, un gran signore che amava la Storia dell’arte e soprattutto i suoi studenti”. «Ho fatto una grande scuola», ha spiegato lo storico dell’arte campano. Concepita in un’ottica diacronica, e corredata da una consistente antologia di testi e documenti, l’opera di Bignardi è stata realizzata sulla base di fonti giornalistiche, scandagliando i giornali e le riviste futuriste dell’epoca, tra le quali “Lacerba” di Papini e “Vela Latina”, diretta da Ferdinando Russo. In realtà nel 1992 Bignardi aveva già pubblicato una versione di “Futurvesuvio” che Crispolti, nel 2008, aveva suggerito di riprendere e, in parte, trasformare. Come ha precisato lo stesso Bignardi “questa lezione ricalca lo schema del libro che con Enrico Crispolti progettammo nel 2009 per il centenario della pubblicazione del Manifesto Futurista”. Lo storico dell’arte avvia la sua indagine sul Futurismo campano partendo dalla comune connotazione dell’identità meridionale: il rapporto con il Mediterraneo. «È un libro sul Mediterraneo – ha raccontato Bignardi alla platea partecipe del Crac – che è un mare diverso dagli altri: è una questione di chimica». Nel suo lavoro complessivo Bignardi ha sempre rivendicato la compartecipazione e l’apporto della cultura meridionale nella storia, sottolineandone la pari dignità rispetto alla cultura dell’Italia settentrionale. «Noi meridionali – ha spiegato Bignardi – viviamo un teatro permanente, siamo culturalmente legati ai Greci, a questa meravigliosa natura che ci aiuta e che ci fa vivere all’esterno». «Questa forza vitale, questa verve – ha chiarito lo storico dell’arte - riempirà il Futurismo di colore: buona parte di quello che avremo dal ’15 in poi, nel Secondo Futurismo - la manualità del Futurismo - la dobbiamo all’incontro con la ceramica meridionale, alle esperienze napoletane, come quella di Capri». E, dal Secondo Futurismo, che si diversificava dal primo Futurismo analitico anche per forme più geometrizzanti - come ha sottolineato Anna D’Elia - deriva tutto il design italiano, i mobili componibili, la moda. A proposito della prima delle tante “storiche serate” futuriste, quella del 10 aprile 1910 al Teatro Mercadante, in cui “l’onda futurista” inizia a travolgere Napoli con gli interventi di Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo, solo per citarne alcuni, Bignardi ha ricordato una figura chiave del futurismo campano: Francesco Cangiullo, che, nell’opera “Le serate futuriste” descriveva così il pubblico che lanciava ortaggi ai futuristi: “Il teatro beccheggiava in una libecciata di folla folle”. I futuristi erano osteggiati dalla stampa dell’epoca e, in quell’occasione, furono difesi solo dallo scultore Vincenzo Gemito che definirà Marinetti “promotore d’un nuovo ideale d’arte in Italia”. Una delle tappe più importanti del futurismo campano è la “Prima esposizione di Pittura futurista” organizzata da Cangiullo a Napoli il 14 maggio del 1914 alla galleria di Giuseppe Sprovieri in via dei Mille, con la nota performance di Cangiullo - già realizzata nella sede di Roma della stessa galleria - in cui il “parolibero” scolpisce a suon di schiaffoni la “testa di Croce” in argilla e, con l’aiuto di Marinetti, inserisce dei bengala rossi al suo interno. In nome del “dinamismo plastico”. «Un’esplosione di fatto – ha affermato Bignardi – che portò il Futurismo ad uno scatto teatrale enorme». «Con il Futurismo – ha aggiunto lo storico dell’arte - la poesia si arricchisce di un effetto visivo, sonoro ma anche emotivo, e il sistema futurista si ricollega alla cultura goliardica campana e meridionale in generale: il teatro di sorpresa è infatti derivato dal teatro popolare napoletano e prima ancora dal teatro dell’arte. E, il più grande interprete dell’arte futurista nella storia è Totò». Bignardi ha sottolineato poi l’importanza dell’opera di Boccioni, autore del “Manifesto futurista di Boccioni ai pittori meridionali” del 1916, critico nei confronti della loro pittura di genere ma profondamente colpito dallo spirito di sopravvivenza che contraddistingue i meridionali e dalla loro “identità perenne” simboleggiata dal Vesuvio. Il dipinto “Sotto la pergola di Napoli” di Boccioni è, secondo lo storico dell’arte, un’immagine ripresa da più pittori, in primis da Picasso che la ritrasse nel “Sipario per Parade” del 1917. Dopo lo scoppio della Grande Guerra, lo scenario muterà anche per i Futuristi. In seguito alla pubblicazione del “Manifesto della ricostruzione futurista dell’Universo” nel 1915, che reca la firma di Depero e Balla, partirà la nuova stagione futurista, il Secondo Futurismo, così definito da Crispolti. Bignardi ha tracciato poi un quadro del florido panorama culturale di Capri, dove il Futurismo ottiene un riconoscimento a livello internazionale attraverso l’opera di Depero, influenzato a sua volta dalla cultura popolare. “Futurvesuvio” si conclude, infine, con la ricostruzione storica della breve esperienza futurista salernitana che annovera, tra gli elementi più significativi, la “serata futurista” del 23 settembre del 1922 al Cinema Teatro Elisa, organizzata accanto alla mostra di Prampolini allestita nel foyer, e l’esperienza artistica e giornalistica di Mario Hyerace. Successivamente il Futurismo si trasformerà in Partito Futurista che, dopo le elezioni del 1919, diverrà partito mussoliniano registrando le dissociazioni di artisti ed intellettuali.
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