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Incontri culturali
27 Dicembre 2024 - 16:51
Marcello Veneziani
di Josè Minervini
Il prossimo 29 dicembre Marcello Veneziani, scrittore, giornalista e filosofo, presenterà il suo ultimo libro, Senza eredi (ed. Marsilio), nella Biblioteca Acclavio di Taranto, nell’ambito degli incontri culturali promossi dal professor Mario Guadagnolo. A dialogare con Veneziani sarà il magistrato Antonio Morelli.
Nato a Bisceglie nel 1955, Marcello Veneziani è una delle firme più autorevoli nel panorama culturale italiano. Inesauribile la sua creatività letteraria: scrive articoli a tamburo battente, miriadi di articoli che scaturiscono da un sistema di pensiero “forte” e che si diramano a delta attraverso il medium di giornali e periodici a tiratura nazionale. Agli articoli, di stile brillante ma sapienti nei contenuti, si aggiungono ben quarantacinque saggi e cinque libri di romanzi e racconti, pubblicati con le maggiori case editrici italiane. Non credo che esista uno scrittore più prolifico di lui; prolifico e originale, perché controcorrente e anticonformista, ma sempre coerente e sempre onesto con se stesso e con il lettore.
La filosofia di Marcello Veneziani ha dei contrafforti precisi che sono rocce, argini, dighe contro il marasma senile della nostra società liquida, a voler citare Bauman, e banale, o, come scrive lui, contro “l’infinito presente globale” e il pensiero debole che caratterizza, purtroppo, il nostro tempo. Il primo contrafforte è la Tradizione con nostalgia annessa e connessa.
La Tradizione e la Nostalgia
Che cos’è la Tradizione? Un pensiero, un Principio – ha scritto Veneziani il 12 giugno scorso su “La Verità”- ma anche una costellazione di riferimenti e figure, di riti e di miti, di liturgie, di ricordi e di consuetudini. Perché la Tradizione è un principio ma s’incarna nella storia, nella vita, nella realtà del mondo; grandeggia nelle civiltà ma si fa piccola nel piccolo, domestica e familiare, entra in casa e nella vita di ogni giorno”. Tradizione è civiltà classica e cristiana. I miti: il mito dell’infanzia, della civiltà contadina, del sacro, contro la potenza della materia e della macchina. Il mito come liturgia dell’eterno e come archetipo dell’inconscio collettivo. Parlare di tradizione significa vivere nella condizione della nostalgia, “nostos alghìa”, dolore ( ma anche dolcezza) del ritorno: ritorno ai padri (Di padre in figlio. Elogio della tradizione, Laterza, 2001), ritorno ai valori, ritorno all’infanzia personale e all’infanzia dell’umanità, all’età dei miti e delle favole antiche. Ritorno al passato “tout court” e alla sua forza. Vivere vuol dire ritornare alle fonti in una perfetta, eterna circolarità. Vivere è inquietudine e nostalgia e ogni uomo è Ulisse. Con questa sensibilità Veneziani ha scritto Itaca o del Ritorno (Il Cerchio, 1994), Alla luce del mito (Marsilio, 2017), una rielaborazione critica del mito, Nostalgia degli dèi (Marsilio, 2019), e ha riletto l’opera di Cesare Pavese di cui ha curato, qualche anno fa, un’antologia edita da Bompiani.
Giambattista Vico. L’amor fati di Nietszche
E’ evidente in Veneziani l’ascendenza di Giambattista Vico, il filosofo dei corsi e ricorsi storici, del “pensiero tornante”, della storia “che procede a spirale tra analogie e ripetizioni che non sono mai ripetizioni del passato” . La biografia di Vico pubblicata nel 2023, Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano (Rizzoli), l’unica biografia, ch’io sappia, di questo grandissimo filosofo, “pensatore non confutato, ma rifiutato”, all’origine dello storicismo, del Romanticismo e della poetica di Manzoni per ciò che riguarda la Provvidenza, è fra i libri più straordinari e originali pubblicati finora: la vita e il pensiero del filosofo, che fu critico verso il razionalismo francese del suo tempo e ostile alla “boria de’ dotti”, gli intellettuali suoi contemporanei, è un romanzo popolare raccontato da uno scrittore-filosofo sotto le mentite spoglie di un cantastorie. Vico è un filosofo attualissimo, perché spiega le origini e le forme della civiltà e quindi “la barbarie rinnovata” dei nostri giorni (Contro i barbari. La civiltà e i suoi nemici, interni ed esterni, Mondadori, 2006); perché insegna, se letto con lenti ben graduate, a non vivere solo nel presente; perché insegna l’importanza del passato , del favoloso e del metafisico per nutrire la nostra umanità che altrimenti rischia di isterilirsi e meccanizzarsi. Soprattutto Vico, ma non solo Vico. Lungo la strada filosofica mentale del ritorno, Veneziani ritrova Platone e Plotino (il ritorno all’Uno) e Nietzsche. Nietszche e “l’amor fati”, l’amore per il destino. Con questa espressione latina Nietszche definì l’atteggiamento dell’Übermensch, l’Oltreuomo (generalmente tradotto, sbagliando, con Superuomo), che accetta e ama il destino, cioè il corso degli eventi, di per sé ineluttabile. “Amor fati” vuol dire accettare e amare la realtà. Ogni istante per il filosofo ha senso e valore; ogni istante deve essere vissuto intensamente e ogni istante ritorna eternamente. L’Oltreuomo non subisce, ma accetta l’eternità circolare del tempo, il che comporta il ritorno e la fedeltà alle tradizioni. Veneziani ne ha scritto in Amor fati. La vita tra caso e destino (Mondador,i 2010). A questo snodo del “pensiero tornante”, alla congiunzione proustiana di nostalgia e memoria, nasce spontanea la poesia. Gli articoli sul tempo perduto e ritrovato con la forza della memoria e dei sentimenti, gli articoli sui ricordi d’infanzia nella Puglia mitica (Ritorno al Sud, Oscar Mondadori, 2014), sono poesia in prosa a venti carati. Il filosofo, dunque, sotto il segno di Vico, si esprime spesso con il linguaggio della poesia. Acuto nelle sue analisi politiche e negli articoli di costume talvolta velati da un’ironia salace, Veneziani è anche poeta specie quando ricorda il passato e i suoi miti: il mito del Padre nella “matria” Puglia, il mito di Dante, padre della patria: Dante, nostro padre, il pensatore visionario che fondò l’Italia, s’intitola un suo libro pubblicato da Vallecchi nel 2020. E poi tutti gli amati classici: gli Imperdonabili (Marsilio, 2017), come li chiamò anche Cristina Campo, sono gli scrittori irregolari del pensiero, gli anticonformisti, quindi gli originali, che criticarono, a ragion veduta, polemicamente il tempo in cui vissero e lo contraddissero, proponendo nuove prospettive di pensiero ricavate da tradizioni antiche. Nel catalogo di Veneziani figurano “cento ritratti di maestri sconvenienti” fra i quali Machiavelli, Heidegger, Wilde, Arendt, Pirandello, Fallaci, Eco, Benjamin, Mishima.
La cancel culture, la rivoluzione conservatrice e il progresso.
Va da sé che la “cancel culture”, è un’aberrazione mentale, un’autocastrazione occidentale. Veneziani ha “processato” l’Occidente insieme al suo male, forse il peggiore: il conformismo, (Processo all’Occidente. La società globale e i suoi nemici, SugarCo, 1990; Contro i barbari. La civiltà e i suoi nemici, interni ed esterni, Mondadori, 2006).
La sconfitta delle idee (Laterza, 2003) può essere letale , se comporta la perdita della memoria e quindi dell’identità. Da leggere I vinti e i perdenti della globalizzazione e loro elogio finale (Mondadori, 2004)”. Da tutto ciò, dall’analisi disincantata e dalla critica del tempo in cui viviamo, scaturisce una disperazione (Dispera bene. Manuale di consolazione e resistenza al decadimento, Marsilio, 2020), (punto di partenza, ) un malessere, una scontentezza raccontata nel libro Gli scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo e ne La Cappa. Per una critica del presente, pubblicati entrambi da Marsilio nel 2022. La scontentezza come disagio del vivere. Non ci piace il conformismo, il pensiero “omologato”, direbbe Pasolini, l’esondanza dell’ “homo economicus”, anzi dell’ “homo globalis”, cui si aggiungono il potere tecnologico, l’intelligenza artificiale e il dominio del woke. Il mondo, oggi, si dilata eppure l’intelligenza si restringe; il web si espande e il pensare, già deprivato dalla cultura umanistica e incanalato in meccanismi automatici, si riduce drammaticamente. (“La Verità”, 13 settembre 2024). “La risposta non è tornare alle caverne… ma selezionare, distinguere, guardare con occhio critico, cercare altre fonti, comparare, trovare alternative” (“La Verità, 13 settembre 2024). Oggi, dunque, più che conservare occorre recuperare, cioè ritornare ai valori culturali e morali corrosi dalla società dei consumi, globalizzata, individualista, narcisista, egoista e nichilista cui contrapporre, in antitesi, l’affermazione del bene comune e della comunità con le sue tradizioni culturali e religiose. E’ una rivoluzione da fare, ma conservatrice. La rivoluzione conservatrice in Italia (SugarCo, 1987): un ossimoro efficace, questo, su cui riflettere a lungo. E il progresso allora? “Il punto di confluenza tra l’idea di tradizione e l’idea di progresso è nella convinzione ripresa dalla famosa massima di Bernard des Chartres, siamo nani sulle spalle di giganti; dunque riusciamo a vedere più lontano di chi ci ha preceduto, come sostiene chi riconosce il progresso; ma ci è possibile farlo in quanto siamo sulle loro spalle, come sottolinea chi riconosce la tradizione. Se scendessimo dalle loro alte spalle saremmo solo nani, incapaci di vedere lontano e schiacciati dalla loro imponenza…Tradizione è il contrario di Dissoluzione o cupio dissolvi” (“La Verità”- 11 giugno 2024).
Anima e corpo. L’amore necessario. Un umanesimo integrale si delinea già nel libro pubblicato dieci anni fa con il titolo Anima e corpo. Viaggio nel cuore della vita (Mondadori): il segreto di un’armonia fra anima e corpo, scissi dalla società materialistica di oggi, un recupero dell’anima incarnata e ritrovata nel cuore dell’esistenza. Infine è nell’amore la sintesi di anima e corpo e l’eros è la guida. Ed ecco L’amore necessario. La forza che muove il mondo (Marsilio 2024). “Dopo la critica radicale del presente nelle sue tre letture precedenti (“Dispera bene, “La Cappa”, “Gli Scontenti” ndr), il cammino approda a un orizzonte propositivo, punto di partenza per un viaggio di pensiero e di vita all’insegna della nascita e della rinascita, della scoperta, della fondazione e della fecondazione. Qui sorge l’idea dell’amore necessario, fondamento della vita” (pag.21), proprio oggi, in un periodo di disamore globale e disumanità. L’amore è “la schiavitù che rende liberi”, è legame e destino.
L’ultimo (per ora) libro di Marcello Veneziani è stato pubblicato da Marsilio pochi mesi fa e s’intitola Senza eredi. Ritratti di maestri veri, presunti e controversi in un’epoca che li cancella. Se ne parlerà il prossimo 29 dicembre nella Biblioteca Acclavio, alle ore 17.30
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Testata: Buonasera
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