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Videogiochi e minori, l’allarme sui rischi dei dark pattern

Il Coordinamento nazionale docenti Diritti umani chiede un ruolo attivo della scuola nella prevenzione delle dipendenze digitali

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BARI - L’esposizione crescente di bambini e adolescenti a meccanismi di design persuasivo nei videogiochi digitali solleva una questione di rilievo giuridico, educativo e sociale. A richiamare l’attenzione delle istituzioni e del sistema scolastico è il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, che segnala i rischi legati ai cosiddetti dark pattern, pratiche capaci di orientare in modo occulto i comportamenti degli utenti più giovani, con effetti potenzialmente assimilabili alla ludopatia.

I dati descrivono una diffusione molto ampia del videogioco tra i minori. L’84 per cento dei ragazzi tra 11 e 13 anni scarica videogiochi, mentre nella fascia 14–16 anni la percentuale di chi continua a giocare con regolarità è pari all’81 per cento, con valori solo leggermente inferiori tra le coetanee. A preoccupare è soprattutto l’emersione di indicatori di rischio di dipendenza che riguardano il 30,9 per cento degli undicenni, il 28,9 per cento dei tredicenni e il 22,1 per cento dei quindicenni, numeri che impongono una riflessione alla luce del principio del superiore interesse del minore sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

Il Coordinamento chiarisce che il problema non risiede nel videogioco in sé, ma nell’uso sistematico di architetture di scelta progettate per influenzare il comportamento, sfruttando bias cognitivi e fragilità emotive tipiche dell’età evolutiva. Meccanismi che entrano in tensione con i principi di correttezza e trasparenza previsti dal Regolamento UE 2016/679 e dalla normativa europea sulle pratiche commerciali sleali recepita nel Codice del Consumo.

Secondo il documento, elementi come loot box, modelli Pay to Win e Pay to Progress, la paura di restare esclusi e la pressione sociale nei giochi di squadra contribuiscono a normalizzare la spesa compulsiva e a incentivare una permanenza prolungata nel gioco. Dinamiche che incidono sul diritto al tempo libero e a uno sviluppo equilibrato della personalità, tutelati sia dalla Convenzione ONU sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In questo contesto viene richiamato anche il voto del Parlamento europeo del 26 novembre 2025, che ha vietato le loot box nei giochi accessibili ai minori.

Alla luce di questo scenario, il Coordinamento nazionale rivolge un appello al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, chiedendo che la scuola assuma un ruolo strutturato nella prevenzione. L’obiettivo è affiancare all’educazione civica e digitale tradizionale percorsi capaci di incidere concretamente sui comportamenti, come laboratori di reverse game design, in cui gli studenti possano analizzare videogiochi reali, comprenderne i sistemi di ricompensa e riprogettarli secondo criteri etici.

Viene inoltre proposta l’introduzione di simulazioni economiche e cognitive per rendere comprensibile l’impatto delle microtransazioni, traducendo valute virtuali e crediti di gioco in euro, tempo e lavoro necessari per ottenerli. In questo percorso formativo, la scuola potrebbe rilasciare patenti digitali di consapevolezza, al termine di percorsi certificati sui dark pattern, rafforzando il senso di autodeterminazione degli studenti.

Il documento suggerisce anche la creazione di osservatori scolastici permanenti sul benessere digitale, composti da docenti, studenti, psicologi ed esperti di diritto, con il coinvolgimento diretto delle famiglie attraverso momenti di confronto e linee guida condivise. Una strategia che mira a trasformare la prevenzione in una vera alleanza educativa.

Per il Coordinamento, vietare i videogiochi sarebbe una risposta superata e inefficace. Educare, invece, rappresenta un dovere giuridico e costituzionale. In coerenza con il Digital Services Act, la scuola è chiamata a fornire agli studenti strumenti critici per riconoscere la manipolazione digitale, esercitare scelte consapevoli e tutelare i propri diritti alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione nell’ambiente online.

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