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L'intervento
15 Dicembre 2025 - 08:25
Giovanni Assi, delegato Confapi Puglia per Lavoro e Welfare - foto di Massimo Cangelli
TRANI - Il Decreto Milleproroghe torna a incidere sulle politiche del lavoro, prorogando strumenti che hanno un impatto diretto sulle scelte occupazionali delle imprese. A intervenire sul tema è il dott. Giovanni Assi, delegato Confapi Puglia per Lavoro e Welfare ed esperto di relazioni industriali, che valuta positivamente il differimento al 31 dicembre 2026 degli incentivi destinati all’occupazione giovanile e femminile, ritenuti fondamentali per garantire continuità a misure che favoriscono la creazione e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro.
Secondo Assi, tali agevolazioni assumono un peso ancora maggiore nei territori caratterizzati da una maggiore fragilità economica, come il Mezzogiorno, dove il sostegno al costo del lavoro rappresenta uno strumento essenziale per rendere sostenibili le politiche occupazionali e supportare le imprese nei percorsi di crescita.
Pur riconoscendo l’utilità delle proroghe, il consulente evidenzia però una criticità di metodo. Il ricorso sistematico a differimenti decisi a ridosso delle scadenze normative, osserva, non consente alle aziende di pianificare in modo efficace investimenti, assunzioni e politiche del personale. La programmazione industriale, sottolinea, richiede tempi certi e regole stabili, condizioni che non possono essere affidate a interventi emergenziali di fine anno.
Da qui l’appello a una scelta politica più strutturata. Per Assi è ormai indispensabile superare la logica delle proroghe successive e adottare una programmazione pluriennale delle politiche del lavoro, fondata su strumenti chiari e duraturi. Solo in questo modo, le misure pubbliche a sostegno dell’occupazione possono trasformarsi da risposte contingenti in leve reali di sviluppo, rafforzando la fiducia tra imprese e istituzioni.
Nel suo intervento, il consulente esprime inoltre rammarico per l’ultima decisione che riguarda le aziende che hanno investito nelle aree della ZES Unica, così come definito dal provvedimento del 12 dicembre 2025. Il ridimensionamento del credito d’imposta ZES Unica 2025 al 60,38% viene giudicato negativamente, perché intervenuto dopo la presentazione delle domande e quindi penalizzante per le imprese che avevano pianificato gli investimenti confidando in un quadro incentivante pieno.
Una scelta che, secondo Assi, rischia di compromettere la credibilità dello strumento e di snaturare la finalità originaria della ZES, pensata per attrarre capitali e garantire stabilità alle decisioni industriali nel Sud. In assenza di certezze sulle risorse e di una pianificazione ex ante più realistica, conclude, il rischio concreto è che una leva di sviluppo si trasformi in un ulteriore fattore di incertezza per il sistema produttivo.
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