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Bari
24 Ottobre 2025 - 06:32
Aula scolastica - archivio
BARI - Un dolore che diventa denuncia, una lettera di madre che si trasforma in atto d’accusa contro un sistema incapace di proteggere. È da questa voce spezzata che nasce l’appello del Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), che chiede di rompere il silenzio sulla vicenda di Raffaele, il giovane morto dopo anni di sofferenze legate a episodi di bullismo.
Il Coordinamento, guidato dal presidente Romano Pesavento, parla di una società che ha smesso di vigilare e di una scuola che, troppo spesso, ha perso la sua funzione umana per ridursi a burocrazia senz’anima. Nelle parole della madre di Raffaele si avverte, sottolinea il Cnddu, “il dolore di una donna che piange un figlio, ma anche l’accusa a una comunità distratta, che ha smesso di ascoltare e di vedere”.
Il caso, spiegano i docenti, mette in luce una barbarie quotidiana che si ripete tra i banchi e fuori dalle aule: il bullismo, un fenomeno che sopravvive “nascosto dietro il conformismo e l’indifferenza degli adulti”. La scuola, chiamata a essere “laboratorio di umanità”, troppo spesso diventa un luogo neutro dove il dolore dei ragazzi non trova spazio e la fragilità viene scambiata per debolezza.
“È urgente restituire alla scuola – scrive Pesavento – la sua natura etica e relazionale, non solo formativa”. Gli insegnanti, prosegue, devono essere capaci di riconoscere i segnali del disagio, leggere i silenzi, capire le paure, perché “la scuola non educa solo con i programmi ma con la presenza, con lo sguardo e con la qualità morale dei rapporti che vi si respirano”.
Per il Cnddu, la risposta deve partire dal rafforzamento del sostegno psicologico nelle scuole. L’organizzazione chiede che ogni istituto disponga di figure professionali qualificate per l’ascolto, capaci di intercettare il malessere prima che diventi tragedia. “Servono garanti silenziosi della dignità degli studenti”, si legge nella nota, “perché il disagio non degeneri in destino”.
L’appello si rivolge anche agli adulti: genitori e docenti devono tornare a essere una comunità educante, non schieramenti contrapposti. Solo da questa alleanza, sostiene il Coordinamento, può nascere la fiducia necessaria per un vero processo educativo.
“La storia di Raffaele – conclude Pesavento – non è un’eccezione ma un segnale d’allarme. Racconta la distanza tra il linguaggio della scuola e quello dell’anima. Fino a quando la parola non tornerà a essere ponte e non arma, continueremo a contare vittime del silenzio”.
Il Cnddu invita quindi a trasformare la memoria di Raffaele in un impegno collettivo: una scuola che torni a essere spazio di vita interiore, di cittadinanza e di cura, dove educare significhi innanzitutto ascoltare.
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