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Bari

Chiesto il riconoscimento del “tempo divisa” come orario di lavoro per gli agenti di Polizia

Il sindacato nazionale Snap ha presentato al Ministero dell’Interno un’istanza ufficiale per includere i minuti dedicati alla vestizione e svestizione tra le ore retribuite, richiamando recenti sentenze della Cassazione che riconoscono il diritto per le categorie in divisa

Un posto di blocco della Polizia di Stato

Un posto di blocco della Polizia di Stato

BARI - Il Sindacato Nazionale Appartenenti Polizia di Stato (S.N.A.P.) ha formalmente chiesto al Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza di riconoscere il “tempo divisa”, cioè i minuti impiegati dagli agenti per indossare e togliere l’uniforme, come tempo di lavoro effettivo e retribuito. L’istanza, datata 6 ottobre 2025, è stata trasmessa a tutela dell’intera categoria, con il supporto legale dello Studio Parenti di Roma.

Secondo quanto esposto dal sindacato, gli appartenenti alla Polizia di Stato non possono indossare la divisa al di fuori dei locali di servizio per ragioni di sicurezza, decoro e riconoscibilità della funzione pubblica. Ciò comporta che le operazioni di vestizione e svestizione, della durata media di 15 minuti prima e 15 minuti dopo il turno, siano attività obbligatorie e funzionali all’espletamento delle mansioni istituzionali.

“Il tempo impiegato per indossare la divisa non può essere considerato una scelta personale, ma una parte integrante del servizio – ha dichiarato Paolo Simone Cesario, segretario generale del S.N.A.P. –. Si tratta di un’attività imposta dall’Amministrazione e svolta nell’interesse della collettività, che deve essere riconosciuta come lavoro vero e proprio.”

A sostegno della richiesta, il sindacato richiama le più recenti pronunce della Corte di Cassazione, tra cui la sentenza n. 18612/2024 e l’ordinanza n. 25034/2025, che estendono il principio del cosiddetto “tempo tuta” anche ai lavoratori pubblici in divisa. La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che il diritto alla retribuzione sorge nel momento in cui l’obbligo di indossare determinati indumenti è imposto dal datore di lavoro e non rappresenta una libera scelta.

Il S.N.A.P. sottolinea inoltre che la giurisprudenza riconosce la vestizione come attività eterodiretta, poiché avviene in un luogo e in tempi stabiliti dall’Amministrazione. Questo rende il “tempo divisa” parte dell’orario lavorativo, come già accade in altri settori pubblici, tra cui quello sanitario.

“Non si tratta di una rivendicazione economica – ha aggiunto Cesario – ma di un atto di giustizia e di rispetto nei confronti di chi ogni giorno serve lo Stato con disciplina e dedizione. Riconoscere quei minuti significa riconoscere la dignità del lavoro svolto in uniforme.”

Con la sua iniziativa, il sindacato chiede dunque che il Ministero dell’Interno formalizzi il riconoscimento del tempo di vestizione e svestizione come parte dell’orario di lavoro e che esso sia remunerato, al pari di quanto già avviene in altri comparti pubblici e privati. Una richiesta che mira a colmare un vuoto normativo storico e a riaffermare la piena tutela dei diritti dei poliziotti italiani.

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