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L'analisi

Vertenza ex-Ilva paralizzata: il vuoto di potere frena ogni soluzione

L’assenza di un imprenditore alla guida dello stabilimento di Taranto alimenta lo scontro tra Governo e attori locali, rallenta ogni decisione e lascia aperta una crisi che rischia di esplodere a settembre

Una veduta dell'ex Ilva

Una veduta dell'ex Ilva

TARANTO - La mancanza di un gestore privato d'impresa è la chiave per comprendere nell'attualità e a fondo il dramma o la tragedia dell'ex-Ilva di Taranto. Questa assenza non solo non semplifica la situazione, ma la rende ancora più intricata. È proprio questo vuoto che esaspera le dinamiche locali e rende più evidente lo scontro con il Governo.

Il punto è che i quattro attori locali (istituzioni, associazioni, sindacati e indotto) non si confrontano con un'entità unica e definita, ma con l'incertezza e con uno Stato che, di volta in volta, assume ruoli differenti come gestore, proprietario e mediatore.

L'assenza di un gestore privato solido non fa altro che prolungare i tempi di attesa per tutti. Le associazioni, che chiedono un'azione immediata, si scontrano con inerzie e ritardi. I sindacati e l'indotto, che sperano in una transizione graduale e sicura, si ritrovano in una congiuntura che mette a rischio lavoro e crediti. Così, il vuoto decisionale amplifica le frustrazioni di ogni singola parte interessata.

Senza un gestore privato assegnatario, è lo Stato a doversi occupare della operatività e della produzione, ma lo fa senza un piano industriale a breve o a lungo termine. Le richieste di riduzione del tonnellaggio per motivi di salute (avanzate soprattutto da associazioni e istituzioni) si scontrano direttamente con la necessità del Governo di mantenere in vita lo stabilimento, per evitare una crisi occupazionale immediata. Di conseguenza, il tonnellaggio rimane un argomento di conflitto, gestito come una crisi momentanea anziché come parte di una visione strategica nella sua interezza.

Con un gestore privato, la questione della titolarità sarebbe risolta. Purtroppo, in carenza, il dibattito si sposta su chi debba essere il proprietario e quali garanzie debba offrire. I sindacati e le istituzioni locali chiedono un ruolo forte e rassicurante dello Stato, proprio perché non si fidano di un privato qualsiasi che potrebbe privilegiare il profitto rispetto alla salute e al lavoro. L'indotto, dal canto suo, si concentra sulla stabilità finanziaria, indipendentemente dal fatto che sia pubblica o privata. Il problema è che lo Stato, nel ruolo di "proprietario senza un vero piano industriale", fatica a fornire a sua volta queste garanzie.

Insomma, manca l'attore protagonista, l'imprenditore che potrebbe catalizzare o polarizzare le posizioni. Adesso, invece, ogni soggetto in campo si ritrova a dover combattere su più fronti e con un interlocutore invisibile. La vertenza è bloccata. Almeno fino a settembre, quando dovremmo avere l'esito della gara per la conduzione della fabbrica. Intanto si aspetta il privato, ma anche senza di esso lo scontro si autoalimenta a causa delle posizioni interne, comunque divergenti, che rendono impossibile ogni verosimile scenario futuro.

Raffaele Bagnardi
Sociologo del Lavoro

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