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Bari

Infortuni in agricoltura in calo in Puglia, ma la sicurezza resta un'emergenza silenziosa

Coldiretti lancia l’allarme nella Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro: “Non bastano le tecnologie, serve una cultura condivisa del rischio”

Agricoltura, lavoro nei campi

Agricoltura, lavoro nei campi

BARI - Il numero degli infortuni in agricoltura in Puglia registra una diminuzione del 2,2%, segnale positivo attribuito allo sforzo costante delle imprese. Ma il calo delle denunce non basta a tranquillizzare: la sicurezza nei campi resta una delle sfide più delicate e urgenti. È Coldiretti Puglia a lanciare l’allarme in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, celebrata ogni anno il 28 aprile.

“Parlare di sicurezza non significa solo citare l’intelligenza artificiale o strumenti all’avanguardia. Prima di tutto, serve cambiare mentalità”, dichiara Romano Magrini, responsabile lavoro di Coldiretti. Secondo l'organizzazione, la vera prevenzione si costruisce partendo dalla consapevolezza del rischio, una coscienza collettiva che deve nascere nelle scuole, radicarsi nei luoghi di lavoro e coinvolgere l’intera società.

Il settore agricolo presenta caratteristiche particolarmente complesse. Macchinari obsoleti, operatori avanti con l’età, terreni impervi e isolamento gestionale sono solo alcune delle condizioni che aumentano il pericolo, soprattutto per chi lavora in autonomia. La cronaca, ricorda Coldiretti, è piena di episodi drammatici: trattori ribaltati su pendii, guasti improvvisi, cadute da scale instabili, spesso durante attività svolte in solitudine.

“Negli ultimi anni abbiamo investito molto nella formazione, e i risultati cominciano a vedersi”, sottolinea Magrini. I dati lo confermano: nel 1995 le denunce di infortunio superavano 123.000, mentre nel 2023 sono scese a 24.000, quasi 100.000 casi in meno. Tuttavia, l’incidenza resta alta tra i lavoratori autonomi, che registrano un tasso del 2,68%, più del doppio rispetto agli occupati con contratto dipendente (1,24%).

I più esposti sono i titolari over 60, spesso alla guida di mezzi non aggiornati e in contesti lavorativi isolati. Anche tra i lavoratori a tempo determinato e stranieri il rischio è maggiore, principalmente a causa della scarsa accessibilità a percorsi formativi, spesso incompatibili con la breve durata dei contratti.

Per Coldiretti, la soluzione passa da una formazione concreta, continua e accessibile, non solo come adempimento normativo, ma come strumento di tutela reale della vita e della salute. In questa direzione, l’organizzazione è da anni in prima linea con corsi per RSPP, formazione aziendale sull’uso sicuro dei mezzi agricoli, consulenze per la valutazione dei rischi e campagne di informazione su tutto il territorio.

“Ma da soli non possiamo bastare”, precisa Magrini. “Serve un’azione collettiva. Pubbliche amministrazioni, associazioni di categoria, sindacati, enti bilaterali: tutti devono fare la propria parte”. I bandi INAIL per il rinnovo dei mezzi agricoli, ad esempio, devono diventare più fruibili. Le risorse messe in campo da EBAN per la formazione e da molte EBAT per i DPI e gli RLST sono fondamentali, ma insufficienti a coprire tutti i bisogni.

Particolare attenzione va riservata alle imprese agricole a conduzione diretta, dove le criticità sono più marcate. Coldiretti chiede l’eliminazione di vincoli come il “de minimis”, che limita l’uso dei fondi interprofessionali per la formazione obbligatoria in agricoltura. E rilancia la proposta di piani di comunicazione permanenti, che vadano oltre la logica emergenziale.

“Se vogliamo davvero salvare vite, dobbiamo mettere la sicurezza al centro di un nuovo patto educativo, economico e sociale”, conclude Magrini. “Servono umiltà, determinazione e la volontà di formare e informare ogni giorno, senza sosta”.

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