Cerca

Cerca

Il caso

Pestato nel carcere di Taranto un 56enne accusato di femminicidio a Lecce

L'aggressione nella sua cella al suo arrivo nel penitenziario. I legali: “Violenza inaudita, chiediamo chiarezza”

Una cella di un carcere - archivio

Una cella di un carcere - archivio

LECCE - Violenza dietro le sbarre nel carcere di Taranto, dove Albano Galati, 56 anni, detenuto per l’omicidio della moglie Aneta Danelczy, è stato aggredito da un gruppo di detenuti appena arrivato nella struttura. L’uomo, originario di Taurisano (Lecce), si trovava in carcere dal 16 marzo 2024 e, in vista dell’udienza preliminare fissata per il 23 gennaio, era stato trasferito da Foggia a Taranto per agevolare la comunicazione con i suoi avvocati.

L’ingresso nel penitenziario tarantino, però, si è trasformato in un incubo. Secondo le prime ricostruzioni, il 56enne sarebbe stato picchiato all’interno della sua cella, dopo aver subito minacce esplicite da parte di altri detenuti. “Qui non ti vogliamo”, “Non sei gradito, vattene”: parole che hanno preceduto un attacco brutale, nel quale sarebbero stati coinvolti almeno dieci carcerati. L’aggressione, secondo quanto riferito, avrebbe seguito un codice non scritto diffuso negli istituti penitenziari, secondo cui chi commette reati contro donne o minori è considerato un bersaglio.

L’errore nella collocazione del detenuto

A rendere ancora più delicata la vicenda è la modalità con cui Galati è stato assegnato a una sezione non adeguata al suo profilo di detenuto. Secondo quanto riferito dai familiari del detenuto, anziché essere collocato in un reparto protetto, riservato a chi rischia ritorsioni, l’uomo è stato inserito tra i detenuti comuni, esponendolo così al rischio di un attacco immediato.

I suoi familiari e i legali, Luca Puce e Davide Micaletto, vogliono ora fare chiarezza sulle ragioni di questa decisione e chiedono risposte ufficiali al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap). L’episodio potrebbe presto finire anche all’attenzione del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Condizioni critiche dopo il pestaggio

A distanza di una settimana dall’aggressione, le conseguenze fisiche su Galati sono ancora evidenti. L’uomo appare provato, respira con difficoltà e fatica a camminare. Secondo i legali, l’attacco subito avrebbe potuto essere evitato con una gestione più attenta della sua assegnazione.

Indagini interne e richieste di approfondimento

Oltre alle verifiche per identificare gli autori del pestaggio, i legali intendono sollecitare un’inchiesta interna per far luce sulle responsabilità amministrative della vicenda. “Un episodio di questa gravità non può passare inosservato”, sottolineano i difensori. “Al di là della colpevolezza o meno del nostro assistito, che sarà accertata in tribunale, resta il fatto che in carcere devono essere garantite condizioni di sicurezza anche per chi è in attesa di giudizio”.

Già nei prossimi giorni sarà presentata una richiesta ufficiale affinché il Dap e il Ministero della Giustizia approfondiscano l’accaduto. “La gestione dei detenuti non può essere lasciata al caso, soprattutto in situazioni così delicate. È una questione di diritti e di sicurezza”, concludono i legali.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori