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La ricorrenza
01 Novembre 2024 - 09:00
Una veduta del cimitero "San Brunone", al quartiere Tamburi
Torna, nelle giornate dell’1 e 2 novembre, il tradizionale pellegrinaggio dei tarantini al cimitero San Brunone per l’omaggio ai propri cari defunti. Intensi sono stati in questi giorni, da parte del Comune, gli interventi di pulizia al luogo sacro per presentarlo nel migliore dei modi ai visitatori (“polverino” del vicino siderurgico permettendo). Qualche inconveniente si continua a registrare per non poche vecchie cappelle abbandonate, spesso con i portoncini spalancate, oggetto di razzie da parte dei ladri di portafiori e portalampade, in verità sempre all’opera in tutta l’area cimiteriale.
Venerdì 2 alle ore 10 nella cappella monumentale l’arcivescovo mons. Ciro Miniero celebrerà la santa messa solenne in suffragio dei defunti; successivamente egli si recherà con le autorità civili e militari al famedio della Marina Militare per la deposizione di una corona di alloro. Nella stessa mattinata il complesso bandistico “Giovanni Paisiello” di Taranto diretto dal maestro Vincenzo Simonetti , su incarico dell’amministrazione comunale, accompagnerà lungo il viale principale del “San Brunone” il corteo delle autorità diretto in chiesa e successivamente suonerà per i vialetti del cimitero. Per conto di privati, altre bande musicali eseguiranno le tradizionali marce funebri nello stesso luogo sacro alla memoria dei tarantini.
Molti approfitteranno della circostanza per visitare le ultime sepolture (alcune delle vere e proprie opere d’arte) degli uomini più illustri nella storia cittadina, quali, per esempio, quelle di: Emanuele Basile (il capitano dei carabinieri ucciso dalla mafia il 3 maggio del 1980 a Monreale), Anna Fougez, Mario Costa, Domenico Bastia, Egidio Giusti, Giovan Battista Acanfora, i canonici tumulati nella cappella del Capitolo Metropolitano, i sindaci della città, i fratelli Raffo (vittime di un incidente sul lavoro all’inizio del 1900), la giovane Paola Adamo, per la quale è in corso la causa di canonizzazione. La giornata costituirà occasione per ricordare, davanti alle rispettive sepolture, la tragedia dell’equipaggio germanico del sommergibile “Uc12”, affondato il 16 marzo del 1916 all’imbocco del Golfo di Taranto, e di quello del “Leonardo da Vinci”, inabissatosi il 22 maggio del ’43 (vi trovarono la morte il comandante Gazzana Priaroggia, 7 altri ufficiali e 54 fra sottufficiali e marinai). Si potrà visitare, inoltre, il Famedio della Marina Militare il cimitero inglese, soffermandosi davanti alla croce monumentale in ricordo dei caduti della guerra di Spagna.
I tarantini non mancheranno di rivolgere un pensiero e una preghiera davanti alla tomba della popolare Ginetta Quaratino, deceduta nel ’46. La storia della giovane viene tramandata oralmente di padre in figlio; ne esistono altre versione, ma questa è la più accreditata. Si racconta che la donna (di rara bellezza) morì di parto nel ’46 e che il marito, aviatore, ne fece realizzare una statua a grandezza naturale posta sull’ultima dimora, così da lanciarvi una rosa ogni volta che in aereo sorvolava il “San Brunone”.
Infine ci si potrà soffermare, al di là del cancello chiuso da anni (muro di cinta lato Massafra) per ammirare un’antica e poco conosciuta testimonianza della storia della nostra città, nucleo originario del cimitero: l’ex Certosa di San Bruno, in notevole abbandono, costruita nel 1700 e già laboratorio di un marmista. Attualmente vi sono accatastate lapidi di un certo pregio artistico, appartenenti a cappelle cimiteriali dismesse, che potrebbero essere esposte in un cenotafio comunale.
La tradizione tarantina legata alla vigilia della ricorrenza di Ognissanti (1 novembre) è legata alle tavolate che venivano imbandite e lasciate per tutta la notte a disposizione… dei defunti: “Le taulate de l’aneme d’u priatorie”. Era credenza che in questa notte le anime del Purgatorio avessero il permesso di scendere sulla terra per visitare le case delle proprie famiglie, che in loro onore preparavano un pasto frugale. Le tavole venivano imbandite con semplici portate quali minestra di ceci (legume soprannominato “la carne dei poveri”, in un tempo in cui quest’ultima era un lusso), fave, lupini, castagne, una pagnotta e un boccale colmo d’acqua. Che poi i furbetti di casa ne facessero piazza pulita prima del risveglio della famiglia, è un altro discorso.
E il giorno appresso, il pellegrinaggio dei tarantini al “San Brunone”. “Pace a nuje e paradìse a vujie” (Pace a noi e paradiso a voi), si mormorava, dopo essersi devotamente segnati, prima di deporre fiori e lumini davanti alle tombe dei propri cari.
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