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L'intervista
26 Ottobre 2024 - 07:00
Luca Lazzàro
Ilmercato italiano di qualità ha oggi grandi difficoltà a far fronte all’aumento dei costi e a prezzare il prodotto. In questa situazione viene favorito il prodotto di fascia bassa».
Quella di Luca Lazzaro, presidente regionale di Confagricoltura, è la sintesi delle difficoltà nelle quali è sprofondata l’agricoltura pugliese.
Presidente, è un problema che riguarda quali produzioni, in particolare?
Sono in difficoltà le produzioni vinicole, l’ortofrutta, il latte, l’olio, il grano e la pasta. Insomma, il problema investe pressoché tutta tutti i settori produttivi. La Puglia è particolarmente colpita da questa congiuntura. All’aumento dei costi si tenta di far fronte con l’abbassamento dei prezzi pur di stare sul mercato, ma le conseguenze le paga l’agricoltore sul quale viene scaricato il peso di questa crisi.
I dati sulle esportazioni però sono incoraggianti. Uva da tavola e olio d’oliva hanno fatto registrare balzi notevoli.
Sì, certo. Ma il positivo andamento dell’export non compensa le perdite del mercato interno.
Cosa serve per strutturare il mercato delle produzioni agroalimentari?
Abbiamo necessità di attivare meccanismi virtuosi per conquistare nuovi mercati. Purtroppo le guerre in corso, in particolare quella in Ucraina, ha chiuso molti mercati dell’est. Anche quello che sta accadendo tra Israele e Palestina ha finito per penalizzare i mercati e quindi i nostri prodotti.
Si tratta quindi di chiedere interventi di portata internazionale?
Sì. Le politiche europee devono premiare chi produce, non chi abbandona le coltivazioni, come oggi purtroppo avviene. Bisogna produrre di più, non di meno.
Perché accade questo?
A causa di un green deal che è diventato un green dream. Non si riesce a reggere il costo della transizione verso la sostenibilità, nonostante gli investimenti in innovazione resi possibili grazie ai fondi del Pnrr.
La situazione della Puglia presenta caratteristiche peculiari?
Sì, perché qui da noi l’impatto sulle produzioni si avverte anche a causa della siccità e dei cambiamenti climatici. La produzione olivicola ha registrato perdite fino al 40%.
Anche in questo caso, cosa si può fare per reggere l’urto di questi elementi di crisi?
Con il presidente Emiliano sottoscrivemmo il contratto con gli agricoltori. In questo contratto c’era una necessità su tutte: garantire il fabbisogno d’acqua. Purtroppo dobbiamo registrare che ad oggi non è stato fatto nulla, né per quanto riguarda i depuratori né per il riciclo delle acque reflue. Il caso Taranto è emblematico.
Perché?
Prendiamo il depuratore Gennarini: quell’acqua potrebbe essere preziosa per Taranto, Talsano, per la zona orientale della città fino a San Giorgio. Su questi investimenti purtroppo stiamo arrivando in ritardo.
Colpa di politiche sbagliate?
Prendiamo quello che sta facendo la Regione con i consorzi di bonifica: si stanno attuando politiche che vanno contro le esigenze dell’agricoltura. L’obiettivo della Regione è quello di uscire dal commissariamento dei consorzi e di sfarsi dei problemi che in questo modo, tuttavia, finiscono per ricadere sugli agricoltori perché si esce dal commissariamento senza aver ristrutturato i consorzi. Emiliano ha emesso tutti i tributi pur di uscire dal commissariamento. Da qui la pioggia di cartelle esattoriali. Vengono chiesti tributi ingiusti agli agricoltori e a chiunque ricada nell’area dei consorzi. Nei consorzi confluiti in Centro Sud Puglia abbiamo una stima di circa 30 milioni di euro da pagare per nove anni di tributi.
Cosa dovrebbero fare i consorzi?
Hanno due obiettivi fondamentali: la manutenzione della rete scolante e l’irrigazione.
Obiettivi mancati?
I canali di scolo, di fatto, non esistono più per totale assenza di manutenzione. Questo genera situazioni di pericolo che stiamo imparando a conoscere con gli allagamenti delle città e delle campagne. In Puglia abbiamo una situazione simile a quella dell’Emilia Romagna.
Per quanto riguarda l’irrigazione, invece?
Abbiamo una rete colabrodo. A Taranto, secondo i dati della stessa Regione, le condotte registrano perdite di acqua del 60%. Stiamo parlando di una rete di irrigazione che risale ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno. In queste condizioni, senza infrastrutture, non si può lavorare. Quindi, il contratto con gli agricoltori stipulato in campagna elettorale con il presidente Emiliano non è stato rispettato. Ma a Taranto abbiamo un altro problema che aggrava ancora di più la situazione.
Quale?
Quello dei collegamenti. Taranto è isolata e questo influisce sull’economia del territorio. Non abbiamo collegamenti con l’aeroporto di Bari, ad esempio. Servirebbe un raccordo nel nodo ferroviario di Bari per collegare i treni direttamente da Taranto con l’aeroporto. Una buona notizia è arrivata dal ministro Fitto, che ha incluso nelle opere da realizzare il prolungamento della A14 fino a Taranto. Sono tutte situazioni che in un modo o nell’altro influiscono sullo sviluppo del territorio.
Passiamo ad un altro argomento cruciale. Da tempo, ormai le cronache registrano la grave emergenza dell’invasione dei cinghiali: un pericolo per l’agricoltura ma anche per l’incolumità delle persone, visti gli incidenti stradali, anche mortali, che hanno già provocato.
L’esigenza in Puglia è quella di abbatterne cinquecento a settimana, ma per farlo ci stiamo affidando al volontariato dei cacciatori. Non è così che si affronta il problema, occorrono risposte serie e strutturate, considerato che un altro aspetto è di tipo sanitario, visto che i cinghiali sono portatori di peste suina.
Quindi cosa propone?
L’emergenza è grave: bisogna impegnare l’esercito per garantire la sicurezza sanitaria, stradale e delle coltivazioni, come già annunciato dal commissario straordinario per la peste suina.
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