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Il focus

Separazione delle carriere, una riforma necessaria

Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri per l’introduzione di nuove norme in materia giurisdizionale

Avvocati in aula

Avvocati in aula

Il Consiglio dei ministri del 29 maggio 2024 ha approvato un disegno di legge costituzionale per l’introduzione di norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare.

Le nuove norme distinguono, all’interno della magistratura, che “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, la carriera dei magistrati giudicanti e quella dei magistrati requirenti, adeguando l’ordinamento costituzionale a tale separazione. Il decreto prevede, altresì, l’istituzione del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. Di tali Consigli fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono estratti a sorte tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio, magistrati giudicanti e i magistrati requirenti Con le nuove norme, la giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, è attribuita alla neo-istituita “Alta Corte disciplinare” composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento in seduta comune; nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte , con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie. Il testo prevede, infine, che le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare siano adeguate alle nuove disposizioni entro un anno dall’entrata in vigore della legge di riforma costituzionale.

La novità più rilevante, preveduta in questo disegno di legge costituzionale, è la separazione delle carriere tra la magistratura giudicante e quella requirente. In effetti, se l’art. 102 Cost. si limita oggi a stabilire che la “funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”, l’art. 2 di questo progetto di legge costituzionale prevede che dopo le parole «ordinamento giudiziario» siano aggiunte le seguenti: «, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti»”.

La riforma proposta, quindi, è chiara sul punto: l’ordinamento giudiziario deve disciplinare le carriere di questi magistrati in modo distinto e, dunque, separato. Quindi, nel confermare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, sia giudicante che requirente, nei confronti di ogni altro potere dello Stato, si prevede però, a differenza di quanto adesso preveduto dalla nostra Carta Costituzionale, che la magistratura si componga di magistrati, con carriere distinte. quali quella giudicante e quella requirente. Della separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri si discute nel nostro Paese ormai da decenni.

Nel tempo, infatti, i ragionamenti messi in campo e tante volte ripetuti in favore e contro la scelta “separatista”, hanno acquisito la rigidità dei luoghi comuni, divenendo schemi argomentativi insensibili ai mutamenti della realtà nel frattempo intervenuti Sull’argomento è appena il caso di evidenziare che già un magistrato come Giovanni Falcone, per citarne uno su tutti, sosteneva, la necessità di questa riforma, riferendo nel corso di una intervista, che “[…] avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm [sono], in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’esecutivo.

È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte.” Nelle ultime legislature si sono susseguite proposte di legge per una modifica dell’attuale assetto della giustizia italiana. Spesso però si è trattato di proposte del tutto strumentali a veicolare un messaggio politico utile a screditare l’operato di alcuni Pm che stavano indagando su soggetti politici di primissimo piano. Anche a causa di questo intrinseco significato politico, impropriamente attribuito, non è stata possibile, nel corso degli anni, una riflessione seria e nel merito su questo argomento che non dovrebbe avere a che fare con la politica dei partiti. E’ questa, infatti, una riforma trasversale perché, riguarda le “regole del gioco”, la definizione del perimetro all’interno del quale i cittadini devono muoversi, non già questioni legate ad una parte politica piuttosto che un’altra. Il problema, che il legislatore odierno vuole risolvere, è stato sempre quello che, oltre a condividere le modalità di accesso, giudici e Pm, sono ruoli considerati dall’ordinamento in un certo senso “intercambiabili”. Nel corso della carriera in magistratura è infatti possibile passare, con dei limiti posti da alcune riforme, anche più volte, da una funzione all’altra e assumere quindi, anche se in tempi e luoghi diversi, tanto il ruolo di soggetto terzo e imparziale (il giudice) quanto quello di accusatore– e quindi parte – nel processo penale.

Ed è questo il problema di fondo. Come può un giudice, che magari ha svolto per lungo tempo il ruolo del Pm e che ha quindi la “mentalità dell’accusatore”, essere davvero imparziale? E anche quando riuscisse a non lasciarsi condizionare dalla sua esperienza pregressa, come apparirebbe agli occhi del cittadino che deve essere giudicato? Se è vero che il giudice deve essere imparziale, è altrettanto vero che deve anche apparire tale. È proprio sulla percezione dell’imparzialità del giudice che si fonda la credibilità del sistema giudiziario. Il giudice deve porsi necessariamente come organo super partes, in nessun modo legato alle parti poste davanti a lui. È del tutto evidente come l’appartenenza allo stesso corpo generi una vicinanza, magari anche involontaria, tra giudice e Pm.nLe due funzioni, inoltre, sono strutturalmente diverse. Un conto è svolgere le indagini e sostenere l’accusa in giudizio, un altro è valutare due punti di vista diversi sulla stessa vicenda, garantire la regolarità del processo e il rispetto dei diritti fondamentali ed infine prendere una decisione.

A ruoli diversi devono corrispondere, anche attitudini e personalità diverse. Insomma, la separazione delle carriere appare come un corollario quasi scontato dell’impostazione accusatoria del processo penale italiano e del giusto processo così come descritto dalla nostra Carta Fondamentale. In definitiva, si tratta di una riforma che va sicuramente nel verso giusto in quanto mira ad attuare pienamente i principi costituzionali del giusto processo. Non sarà forse una riforma perfetta, ammesso che una riforma perfetta possa esistere È pertanto auspicabile che tutte le forze politiche, inizino una seria discussione sulla proposta liberi da pregiudizi al fine di giungere alle necessarie limature del testo e compiere un altro passo verso la piena attuazione della Costituzione. Ciò nell’interesse del Popolo Italiano, nel cui nome la Giustizia viene amministrata.

Egidio Albanese

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