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L'intervento

Taranto e l’università che vogliamo

Una riflessione per aprire un dibattito sul futuro dell’offerta formativa in un contesto nel quale gli atenei sono in competizione per accaparrarsi il maggior numero di studenti

Piero Bitetti

Piero Bitetti

Di università si parla spesso ma non sempre con piena cognizione di causa. In più di un’occasione, specialmente con l’approssimarsi degli appuntamenti elettorali, a prevalere è soprattutto un sentimento di rivalsa nei confronti di chi si presume abbia fatto di tutto affinché l’area ionica rimanesse priva di una sua vera e autonoma università.

È probabile ci sia del vero, in questo approccio rivendicativo. E tuttavia, senza una riflessione complessiva ispirata al principio di realtà, difficilmente faremo dei passi in avanti nel processo che dovrebbe portare, come tutti ci auguriamo, alla istituzione dell’università di Taranto. In tal senso, l’iniziativa organizzata dall’associazione Unire, tenutasi qualche giorno fa, ha fornito un contributo di conoscenza apprezzabilissimo per l’autorevolezza dei relatori e la qualità del dibattito che ne è scaturito. Taranto – è stato unanimemente sottolineato – potrà giocare un ruolo di primo piano nel panorama accademico quanto meno regionale solo e soltanto se sarà capace di attrarre studenti da altre province e regioni e, perché no, da altre nazioni. Una serie di fenomeni concomitanti come il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione e l’inarrestabile fuga di molti giovani verso altri e più interessanti lidi, limitano oggettivamente il nostro raggio d’azione.

Non possiamo, detto in altri termini, sperare di avere un ateneo indipendente solo per consentire ai futuri studenti universitari residenti nella provincia ionica di avere dipartimenti e corsi a portata di mano. Premesso che ci sarà sempre chi sceglierà legittimamente di formarsi al nord oppure all’estero, nel medio periodo una scelta del genere –limitarsi a soddisfare il pur legittimo diritto dei nostri ragazzi ad accedere all’università - si rivelerebbe fallimentare perché finanziariamente insostenibile e culturalmente demotivante. Non solo, gli addetti ai lavori ci hanno spiegato che ormai tutti gli atenei sono in competizione per accaparrarsi il maggior numero di matricole. Ed è ovvio che in uno scenario come questo a fare la voce grossa sono le accademie che vantano maggiore prestigio e consolidata autorevolezza sia in campo nazionale che internazionale.

Ciò detto, Taranto non è all’anno zero perché molti risultati positivi sono stati raggiunti grazie anche al sostegno della Regione Puglia, degli enti locali come la Provincia e il Comune di Taranto, e ad un’interlocuzione con l’università di Bari che nel bene e nel male ha caratterizzato almeno gli ultimi due decenni. Ciò riconosciuto, se Taranto vuole diventare una sede universitaria realmente attrattiva tutto ciò che è stato fatto sinora non basta e non basterà. Occorre per esempio valorizzare al meglio, anche organizzando specifiche campagne di comunicazione, le eccellenze che pure non mancano in riva allo Ionio: quanti sanno, per esempio, che il 97% dei laureati al Politecnico, sede di Taranto, trovano subito un impiego gratificante stipulando un contratto di lavoro a tempo indeterminato? Questi sono i numeri che possono fare la differenza.

Per altro verso, si rende necessario qualificare l’offerta attivando corsi di laurea o di specializzazione post laurea ben definiti e di chiaro interesse, anche al fine di costruire nel tempo un’identità ben precisa del mondo accademico ionico, evitando, per quanto possibile, di replicare percorsi di studio che altre istituzioni accademiche sono già in grado di erogare, pensiamo a Bari, Foggia e Lecce. Quindi la domanda da porsi non è se vogliamo l’università, perché tutti la vogliamo. Il quesito, a mio avviso, va riformulato nel modo seguente: quale università vogliamo? Credo si tratti di una questione di capitale importanza per il futuro di Taranto e della Terra Ionica. Sarebbe interessante se in città e in provincia si avviasse una discussione di merito. Senza pregiudizi di sorta ma solo animati dal desiderio di fare il bene della nostra comunità.

Piero Bitetti
Presidente del Consiglio Comunale

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