Notizie
Cerca
L'allarme
07 Marzo 2024 - 07:09
Una veduta aerea di Taranto
Taranto è il fanalino di coda in Puglia. È il primo paradosso: il territorio più industrializzato della regione è oggi la provincia ultima nel rapporto tra aperture e chiusure di imprese artigiane. «I numeri sono preoccupanti», spiega al nostro giornale Stefano Castronuovo, coordinatore regionale di Casartigiani e segretario provinciale per Taranto della stessa associazione. «Dal 2011 ad oggi i dati sono in pericolosa discesa.
Qui è ormai difficile fare impresa». I dati raccolti da Movimprese sono chiari: Si tratta dei dati che riguardano l’analisi statistica trimestrale della nascita e della mortalità delle aziende, condotta da InfoCamere e per conto dell’Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di Commercio italiane. La differenza registrata tra il numero di iscrizioni e di cessazioni, nel 2023, è minima. Nello specifico su 43.374 aziende, sono state 2.521 le attività ad iscriversi al Registro delle Imprese, contro le 2.120 che hanno chiuso i battenti. Il saldo è di appena 401. A Taranto e provincia le imprese artigiane - dati al dicembre 2023- sono circa 7.494; di queste 1.400 circa nella sola città capoluogo.
Nel 2023 le società nuove iscritte nel Registro delle imprese sono state 458, mentre 454 sono state quelle che hanno cessato la propria attività. Rispetto l’anno precedente, nella provincia ionica, c’è stato un aumento di iscrizioni del 6,11%: nel 2022 sono state 423, mentre nel 2021 erano state ben 483. Il picco delle chiusure è avvenuto nel 2019, con 534 imprese artigiane tarantine che hanno abbassato la saracinesca. «Si tratta - osserva Castronuovo - di dati poco confortanti e che al tempo stesso rispecchiano l’attuale situazione travagliata in cui versa la provincia ionica. Numeri che non ripongono a favore del futuro, le cui prospettive appaiono poco chiare e incerte. Secondo Casartigiani Taranto una delle soluzioni, a sostegno delle imprese, potrebbe essere la creazione di un tavolo permanente che promuova il dialogo costante tra le istituzioni, i sindacati e le associazioni di categoria. Interlocuzioni e confronti costanti per monitorare il percorso dei progetti, evitandone la sospensione». L’analisi del coordinatore di Casartigiani, è più generale: «Il problema di fondo è che non esiste un progetto di rilancio della città, non ci sono alternative all’ex Ilva.
Nei prossimi mesi rischiamo la chiusura di altre imprese. Prendiamo il caso degli autotrasportatori dell’indotto siderurgico: con la crisi dello stabilimento rischiano di chiudere e possono trascinare con loro le ditte di tutto il comparto delle autoriparazioni». Non è esente dall’analisi il tentativo di allargare ulteriormente la città: «Pensiamo al Comparto 32: l’espansione non comporta crescita. Anzi, si rischia il contrario. Piuttosto bisognerebbe recuperare zone della città dove potrebbe essere possibile insediare nuove attività produttive, come Porta Napoli e Città Vecchia. Ma qui nasce un altro problema: nelle zone Asi intorno al porto e alla stazione ferroviaria è praticamente impossibile fare impresa perché si tratta di aree che ricadono nella zona Sin, quindi sottoposta a particolari vincoli». E questo è il secondo paradosso: nella città che cerca alternative all’acciaieria è complicatissimo mettere in piedi nuove attività. «Un esempio concreto - dice sempre Castronuovo - è quello di una start up di riciclaggio di pezzami (stracci, tessuti, abbigliamento, per intenderci, ndr) che per avviare l’attività ha bisogno dell’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia: un certificazione che però non si riesce ad ottenere perché servirebbe una fideiussione che nessuno è disposto a garantire. Purtroppo le normative che si sono sviluppate intorno al caso Ilva di fatto hanno determinato un blocco dello sviluppo del territorio».
Persino le attività che dovrebbero essere le più caratteristiche in una ipotesi di sviluppo turistico incontrano percorsi irti di ostacoli. È lo stesso Castronuovo a spiegarlo: «Aprire un ristorante in Città Vecchia è difficile, perché gli edifici non sono strutturalmente adeguati a realizzare i servizi che le normative richiedono. I bagni, ad esempio: devono essere differenziati e con l’antibagno, ma i locali della Città Vecchia, per la loro struttura, non sempre permettono di adempiere a queste disposizioni. In altre località turistiche, invece, si è riusciti ad andare in deroga e individuare altre soluzioni. Ecco, per creare sviluppo bisognerebbe facilitare e semplificare l’apertura di nuove imprese». L’appello: «È ora di fare i conti con la realtà: l’imprenditoria locale è un settore che fa fatica a risalire la china. Le nuove imprese stentano a crescere, perché man mano rischiano di perdersi lungo il tragitto. Ben vengano le politiche di incentivazione, ma, fine a sé stesse, non bastano: vanno promosse assieme a percorsi strutturati, che rientrino in una programmazione ben precisa e attenta a ogni sfaccettatura del sistema imprenditoriale. Siamo molto preoccupati per l’assenza della stabilità economica e sociale, specialmente nel capoluogo. I recenti avvenimenti sono la dimostrazione che senza organizzazione non c’è futuro».
I più letti
Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
Registrazione: n.7/2012 Tribunale di Taranto
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Piazza Giovanni XXIII 13 | 74123 | Taranto
Telefono: (+39)0996960416
Email: redazione.taranto@buonasera24.it
Pubblicità : pubblicita@buonasera24.it
Editore: SPARTA Società Cooperativa
Via Parini 51 | 74023 | Grottaglie (TA)
Iva: 03024870739
Presidente CdA Sparta: CLAUDIO SIGNORILE
Direttore responsabile: FRANCESCO ROSSI
Presidente Comitato Editoriale: DIEGO RANA