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La vertenza
09 Gennaio 2024 - 16:58
Adolfo Urso
Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, riferirà al Senato l'11 gennaio alle 10 sulle recenti vicende dell'ex Ilva. È quanto deciso al termine della conferenza dei capigruppo che si è svolta a Palazzo Madama. Si tratterà di un'informativa richiesta dal gruppo di Fratelli d'Italia. Come è noto, nell'incontro di lunedì 8 gennaio a Palazzo Chigi si è consumata una clamorosa rottura tra Governo e Arcelor Mittal. Il socio privato di Accierie d'Italia ha infatti rigettato le proposte del governo mirate a portare Invitalia, cioè il socio pubblico, al 66% della maggioranza e a cambiare la governance della società, della quale attualmente Am detiene il 68%.
Intanto si susseguono le reazioni sindacali dopo lo scontro che si è registrato tra Governo e Mittal e sul rischio di amministrazione straordinaria.
«Gravissima la posizione assunta dalla multinazionale nell’essersi sottratta alla sottoscrizione del capitale per ulteriori 320 milioni. Gravissima, ma, del tutto prevedibile sull’analisi attenta dei fatti. Non ci sarebbe stato certo da sorprendersi sul reale intento di ArcelorMittal rispetto al rilancio della siderurgia a Taranto e in Europa. Annunci e promesse mai mantenute, dinanzi a scuse e negazione della realtà. Ieri è stata la dimostrazione reale di che, e cosa ArcelorMittal vorrebbe da Taranto. Tutto e il contrario di tutto che sta ridicolizzando l’Italia dinanzi al resto del mondo sull’incapacità di spezzare il ricatto che da oltre sei anni va avanti». Così il coordinatore della UIL di Taranto Pietro Pallini sull’incontro svoltosi nella giornata di eri tra governo e i vertici di ArcelorMittal.
«Dopo il pasticcio dei Patti parasociali del 2020, - incalza Pallini - dove gli esponenti dei precedenti governi farebbero bene solo a tacere nel disastro perfetto che hanno prodotto; dopo i fantomatici piani di rilancio e la cassa integrazione a fiumi che la UIL non ha mai condiviso perché inconcludenti; dopo il memorandum di intenti del Ministro Raffaele Fitto che a nulla è servito, insomma, dopo tutto ciò, chiediamo al Governo coraggio. Serve tutta l’autorevolezza possibile, a partire da quella istituzionale, per assumere in queste ore l’unica decisione da prendere, estromettere ArcelorMittal dalla gestione del colosso industriale e passare immediatamente in maggioranza societaria, senza sé e senza ma. Va evitato lo spettro di un’amministrazione straordinaria che sarebbe il colpo di grazia, perché tempo non ce n’è più e perché dopo ieri cos’altro aspettarsi se non la chiusura definitiva degli impianti?»
«Il Governo Meloni – continua il segretario della Uil - non perda tempo ad addossare responsabilità delle gestioni fallimentari della politica del passato che hanno condotto fin qui. La verità è sotto gli occhi di tutti. Utilizzi adesso il tempo che intercorre da qui alla convocazione con le parti sociali di giorno 11 gennaio prossimo per mettere in salvo gli oltre 20mila posti di lavoro chiudendo definitivamente la partita con ArcelorMittal. Siamo, a nostro giudizio e non solo, di fronte all’inadempienza al contratto del 2017, e, così come fecero i Commissari straordinari nel 2020 contestualmente alla retrocessione dei rami d’azienda da parte della multinazionale e l’annuncio di spegnimento degli impianti, mettere in fila l’una dopo l’altra le varie questioni, cosa oggi è il reale valore di quegli impianti e cosa è il prezzo che i lavoratori e un’intera comunità continuano a pagare».
«ArcelorMittal il 24 luglio del 2018 – ricorda Pallini - diramò una nota stampa con la quale enunciava testualmente: "ArcelorMittal è desiderosa di mettere in atto il suo di turnaround nel più breve tempo possibile in modo da assicurare un futuro sostenibile per l’Ilva, i suoi lavoratori, i suoi fornitori, i suoi clienti industriali e, nello stesso tempo la tutela dell’ambiente e il benessere delle comunità locali”. Com’è andata a finire è sotto gli occhi di chiunque».
«Lo riportiamo integralmente - conclude Pallini - perché, riletto, aiuta a ripercorrere i fatti del passato e ciò che nella riunione di ieri era più che prevedibile succedesse. Perché a quasi sei anni da quegli intenti, non uno dei proclami è stato rispettato. Va riletto nella consapevolezza che il Governo trovi in queste ore la necessaria determinazione e il coraggio per chiudere definitivamente un capitolo penoso, riaprendone un altro di riscatto per questa comunità martoriata, verso un viaggio per un futuro che con ArcelorMittal non è mai iniziato».
Capone (Ugl): Investire su politiche industriali per affrontare crisi della globalizzazione
«L’indisponibilità di ArcelorMittal a sottoscrivere l’aumento di capitale proposto dal Governo rischia di avere ripercussioni drammatiche per i lavoratori pugliesi e per il futuro della siderurgia nel nostro Paese. È fondamentale raggiungere un compromesso che punti a salvaguardare i livelli occupazionali, supportare il rilancio dell’intera filiera e garantire la sostenibilità ambientale. La vertenza dell’Ex Ilva è figlia di un fenomeno sempre più evidente, ovvero la crisi di un modello economico fondato sulla globalizzazione dei mercati a discapito dei diritti dei lavoratori. È prioritario contrastare il dumping fiscale e le delocalizzazioni tutelando le produzioni nazionali e implementando gli investimenti nelle aziende strategiche. In tal senso, occorre mettere in campo delle politiche industriali e infrastrutturali a medio e lungo termine in grado di sostenere la crescita, la competitività delle imprese e la creazione di nuovi posti di lavoro. I processi di transizione energetica e digitale in corso e il fenomeno della deglobalizzazione, ovvero il progressivo rientro della produzione e l’incentivo dei mercati locali, impongono di individuare nuove strategie di sviluppo nella prospettiva di favorire un risorgimento industriale». Lo ha dichiarato Paolo Capone, Segretario Generale dell’UGL, in merito alla vertenza Ex Ilva.
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