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Corte d'Appello
14 Dicembre 2023 - 07:09
Il processo Ambiente Svenduto
Comincerà il 19 aprile 2024 l’appello del maxi processo sul disastro ambientale doloso del quale sono accusati i vertici dell’Ilva gestione Riva.
Le udienze si terranno davanti alla Corte d’assise d’appello di Taranto (Sezione distaccata di Lecce) presieduta dal giudice Antonio Del Coco nell’aula bunker della vecchia sede della Corte d’appello, al quartiere Paolo VI. Si tratta della stessa aula che ha ospitato il dibattimento ad eccezione della requisitoria dei pubblici ministeri e della lettura del dispositivo della sentenza. Sono 42 gli imputati, di cui 39 persone fisiche e tre società. Sono usciti di scena alcuni imputati assolti come l’ex prefetto e presidente del cda Ilva per tre settimane prima del sequestro Bruno Ferrante e l’ex sindaco di Taranto Ezio Stefàno. Ad impugnare la sentenza sono stati coloro che hanno avuto una sentenza sfavorevole e i responsabili civili, ma anche gli imputati che pur non avendo riportato condanne penali per via della prescrizione hanno presentato ricorso contro la condanna al pagamento delle spese processuali.
Le accuse più pesanti sono quelle di disastro ambientale doloso e di avvelenamento di sostanze alimentari delle quali rispondono i fratelli Fabio e Nicola Riva, il direttore dell’epoca dello stabilimento Luigi Capogrosso, l’addetto alle relazioni esterne Girolamo Archinà. A loro sono state inflitte anche le condanne più severe, a Fabio Riva 22 anni di reclusione, (28 anni la richiesta della pubblica accusa), al fratello Nicola Riva 20 anni (25 anni la richiesta), all’addetto alle relazioni esterne Girolamo Archinà 21 anni e mezzo (la richiesta era di 28 anni) e al direttore Luigi Capogrosso 21 anni (anche per lui il pm aveva chiesto 28 anni). Altre condanne sono state inflitte anche ai livelli intermedi della fabbrica e ai cosiddetti fiduciari dei Riva, i consulenti che affiancavano le figure apicali. A difendersi, nel tentativo di ribaltare il verdetto di primo grado, ci saranno anche diversi esponenti politici e istituzionali di spicco dell’epoca scaraventati nel calderone con l’accusa di concussione. Un’ipotesi di reato basata sulla trascrizione di intercettazioni che alla prova dell’aula si è rivelata alterata da “atti additivi” come alcuni difensori hanno definito le parole presenti nel testo ma inesistenti nell’audio. Fra loro ci saranno l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola condannato a 3 anni e 6 mesi, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido che si è visto infliggere 3 anni e l’ex assessore della Provincia Michele Conserva, anche lui uscito dal primo grado con 3 anni.
Coinvolti anche funzionari della Regione e l’ex direttore generale dell’Arpa professor Giorgio Assennato, il quale ha rinunciato alla prescrizione e si è visto comminare 2 anni a fronte di una richiesta del pm di un anno. In ballo non ci saranno solo le sorti di 39 persone fisiche e tre società ma anche quelle del Siderurgico. Il 31 maggio 2021 la Corte d’Assise d’appello di Taranto, infatti, ha disposto anche la confisca dell’area a caldo, il cuore pulsante dello stabilimento siderurgico, confermando, quindi, il sequestro del 26 luglio 2012.
A rappresentare la pubblica accusa ci saranno gli stessi pm del processo di primo grado, Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. I magistrati sono stati “applicati” al fascicolo. Dunque “Ambiente svenduto” torna in aula a distanza di circa tre anni dalla lettura del dispositivo della sentenza, il 31 maggio 2021 e ad un anno e mezzo dal deposito delle motivazioni da parte della Corte d’assise, una mole imponente di 3800 pagine. Il dibattimento è durato ben 5 anni con 330 udienze tenute a ritmo serrato, anche tre a settimana. Una sequenza interrotta per alcuni mesi dalla fase critica dell’emergenza Covid. Rimanendo ai numeri, alle date in particolare, per rintracciare gli inizi di questo caso giudiziario bisogna risalire al lontano 2008, quando l’associazione Peacelink fece analizzare un campione di formaggi prodotto da ovini di allevamenti vicini allo stabilimento. Dalle analisi emerse la presenza di tracce di diossina ritenuta dell’Ilva.
Al filone ambientale la Procura ne aggiunse uno politico e a fine 2013 venne fuori un’inchiesta con numerosi indagati alcuni dei quali scagionati dal giudice delle udienze preliminari a luglio 2015. La vicenda arrivò a dibattimento il 1° dicembre dello stesso anno ma per un problema di verbale dell’udienza preliminare tornò indietro per poi approdare nuovamente davanti alla Corte d’assise a maggio 2016 e terminare a maggio 2021. Fra il primo e il secondo grado trascorreranno sostanzialmente altri tre anni. E mentre il processo su fatti datati tornerà in aula fra quattro mesi, all’esterno continua il declino dell’acciaieria un tempo più grande d’Europa, che assicurava esportazioni importanti tanto da incidere positivamente sulla bilancia commerciale dell’Italia e sull’economia della terra jonica. Comunque finirà questo processo ha già segnato la vita del Siderurgico e soprattutto di coloro che sono ancora coinvolti.
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