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L'intervento

Violenza senza fine. Parola d’ordine: prevenzione

La vicenda di Giulia Cecchettin riapre il dibattito sulle modalità con cui fronteggiare l'inarrestabile spirale di violenza contro le donne

Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin, picchiata e uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta

Dall’avvocato Mimmo Lardiello riceviamo e pubblichiamo:

La vicenda Cecchettin, oltre che raccogliere l’intera nazione attorno ad un sentimento di cordoglio e sgomento, riapre uno squarcio indefettibile nel dibattito sulle modalità con cui fronteggiare l’enorme, preoccupante, inarrestabile spirale di violenza nei confronti delle donne. Il dibattito politico, a mio parere, deve astenersi dalle facili strumentalizzazioni. Non è questo il tempo per rivendicare questo o quel disegno di Legge o per cercare convergenze al fine di rivendicare i risultati. Qui occorre sbrigarsi, perché occorre salvare vite. Ed un intervento serio, costruttivo, immediato, potrebbe tra qualche mese metterci davanti a risultati che, concretamente, significherebbe avere tante donne oggi in pericolo, salvate dai loro aguzzini. E allora, che fare? Le Leggi già esistono, i fatti dimostrano che non bastano.

E non servirà acuire le pene o spingere verso derive forcaiole, in un sistema come il nostro, orgogliosamente garantista, che tale deve restare, per risolvere il problema. Certo, i delitti efferati, come quello di Giulia, vanno puniti con punizioni esemplari e le relative condanne eseguite fino all’ultimo giorno. Ma per salvare vite la parola d’ordine è prevenzione. E qui occorrono interventi straordinari, un vero e proprio piano strategico su larga scala. Occorre organizzare presidi, presso tutti i posti di polizia, specie quelli periferici. Non è un caso che tante di queste storie terribili, provengono da periferie e province dove la presenza delle forze dell’ordine è, gioco forza, meno imponente e più dislocata. Occorre che presso tutti questi presidi ci siano professionisti, che siano in grado di ascoltare, anche in forma anonima, e che siano in grado di riconoscere le situazioni di pericolo.

Occorre formazione, nel comparto giustizia, sia della magistratura giudicante che di quella requirente, ma anche per gli avvocati, che devono saper ben consigliare le assistite che, davanti a fatti apparentemente trascurabili nelle fasi iniziali, siano messe in condizioni di conoscere gli strumenti a loro disposizione e spingere verso interventi a loro tutela. Alle donne, a tutte le donne che sospettano oggi di poter essere vittime di fatti di violenza, consumati o “visibili” attraverso condotte non ancora consumate, dico di denunciare. Denunciate, per salvarvi voi e, paradossalmente, per salvare questi individui dalle loro stesse azioni, da derive comportamentali patologiche che, se gestite in tempo, forse possono assumere contorni meno tragici. E il sistema sanitario, e con questo concludo, smetta di considerare le patologie da disturbo comportamentale e psichiatrico come fatti secondari, dotando gli apparati di personale e risorse in grado di raccogliere dati, esaminare soggetti potenzialmente pericolosi, ricercare i sintomi e i segnali che potranno evitare nel corso degli anni lacrime e tragedie future.

Avv. Mimmo Lardiello

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